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La gestione “chic” dell’immigrazione

By Santo Fabiano on 15 Settembre 2018
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La gestione “chic” dell’immigrazione

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Da un’indagine realizzata da IPSOS, per conto del Corriere della Sera, risulta che la maggioranza della popolazione italiana sostiene le decisioni di Salvini di respingere i migranti, di chiudere i porti, nonché la sua assoluta fermezza anche nel caso della nave Diciotti. La stessa indagine, inoltre, afferma che tra i sostenitori di questa linea vi sono anche elettori del PD.

La questione dovrebbe sorprendere. Ed è il segnale di un brutto sintomo. anzi, di diversi sintomi.

Il primo di questi risiede nel modo “italiano” di affrontare le questioni, caratterizzato da superficialità e ideologismo. Assistiamo a conversazioni nelle quali tutti parlano approfonditamente di tutto. E soprattutto, prima ancora di conoscere i fatti, conosciamo già gli schieramenti di ciascuno.

Ma nel caso dei migranti la questione è ancora più interessante. L’Italia è un Paese che ha sempre saputo esprimere sentimenti di solidarietà e accoglienza nei confronti di chiunque. Anche se si raccontano episodi di intolleranza o “razzismo”, si tratta di casi isolati, frutto delle derive che appartengono a qualsiasi contesto sociale. C’è invece un fenomeno più grave del razzismo, che fa danni maggiori, anzi lo alimenta: è l’ideologismo chic.

Si tratta di quel comportamento che, essendo noi un popolo civile, esprimiamo spontaneamente provando buoni sentimenti ed esprimere disponibilità verso l’accoglienza, l’integrazione, l’assistenza, ecc. Sono certo che ogni italiano è animato da questi sentimenti. Ho avuto il piacere di conoscere persone dichiaratamente “ostili all’immigrazione”, offrire opportunità di lavoro e alloggio a immigrati e legare con loro fino a sentirli come parte della famiglia.

La nostra tendenza, finché conserveremo un residuo di umanità, ci porta a questo. Ma tutto ciò non basta ad assicurare l’accoglienza, soprattutto se si tratta di doverla assicurare a decine di migliaia di persone bisognose che hanno bisogno di cure. In questo caso serve un “passaggio” importante: dal sentimento dell’accoglienza, bisogna passare alla “organizzazione” dell’accoglienza.

E’ proprio qui che, ciò che era “sentimento umano” è diventato tema di scontro.

Negli anni precedenti (nessuno me ne voglia) piuttosto che vedere nel fenomeno migratorio un fenomeno sociale da organizzare, si è preferito fare prevalere l’aspetto del “servizio da affidare”, snaturandolo degli aspetti, sia umani, sia sociali.

Chi sbarcava in Italia veniva accolto come si fa nelle migliori famiglie, con tutte le cure del caso, l’abbigliamento, le telecamere, i buoni sentimenti. Persino accrescendo l’illusione di quella povera gente che ritrovava speranza e sorriso convinta avere trovato il paradiso. Non sapevano, invece, di essere protagonisti di un reality. Una volta atterrati, ciascuno di loro (separando uomini e donne), veniva portato nei CIE, i centri finalizzati alla loro identificazione che, poiché non era facile risalire al Paese di appartenenza di ciascuno, diventavano luoghi di reclusione per più di un anno, da cui nessuno poteva uscire e all’interno dei quali era difficile assicurare un clima sereno.

Accadeva così che gli immigrati, quelli per i quali ci siamo commossi e indossate le magliette rosse, si trovavano reclusi, come se nemmeno un ladro d’auto, nel disinteresse generale. E tutto ciò che serviva a “purificare” le coscienze degli italiani era organizzato con l’affidamento del servizio a cooperative che, come affermava un noto personaggio romano “fruttava più dello spaccio di droga”.

Dopo la permanenza nei CIE, per chi non aveva la fortuna di essere riconosciuto come “profugo” c’era solo la scelta della libertà “in attesa” o della fuga prima del termine. Situazione entrambe tranquillamente tollerate, ma che hanno avuto solo l’effetto di trasferire il fenomeno altrove. Quell’altrove, che sembra lontano, ma non lo è, sono le campagne e i quartieri popolari dove personaggi “clandestini” possono nascondersi facilmente, ma la criminalità sa bene come organizzare la loro accoglienza, lontani dalle telecamere.

Questo è il modello di accoglienza che abbiamo adottato che, al netto dei casi di vero volontariato generoso e silenzioso, ha determinato clandestinità, emarginazione, caporalato, sfruttamento, violenze, di cui nessuno si è interessato, ma ha generato conflitto nei quartieri popolari e “disagio” negli altri dove la gente è solidale con tutte le iniziative promossa dalla televisione ed è disposta persino a fornire l’Euro con l’sms per sostenere campagne di solidarietà, ma se incontra un immigrato in difficoltà in prossimità di casa, entra nel panico e chiama le forze dell’ordine per chiedere protezione.

Ha funzionato così. Ma questo modo borghese e chic di intendere la povertà e l’immigrazione, mentre stiamo attenti all’andamento della borsa o dello spread, non può durare a lungo.

Nel frattempo i “benefattori” più sensibili spedivano offerte, medicinali e abiti, senza curarsi di sapere a chi siano destinati. Ciò che conta è che si sentano protagonisti della catena della solidarietà “a distanza”. Si apprende persino che i fondi destinati all’UNICEF sono stati sottratti in modo truffaldino da chi li raccoglieva. Ma, poiché l’autore di questo gesto deplorevole è parente di un leader politico, nessuna coscienza “democratica” si è ribellata, né si ribellerà.

In verità non ha funzionato affatto. Ed è riduttivo, oggi, dare tutte le colpe a Salvini che ha solo la furbizia di cavalcare il malcontento diffuso e persino giustificato. Peraltro, ciò che afferma Salvini è stato spudoratamente ripetuto anche da De Luca, governatore PD della Campania. Coerenza vorrebbe che questo personaggio fosse richiamato al buon senso o “sanzionato” alla maniera di Orban. Ma coì non è stato.

La gestione ideologica e borghese dell’immigrazione ha portato all’inasprimento dei sentimenti della gente. La risposta non può continuare a essere ideologica, perchè il problema esiste e necessita di risposte reali. Altrimenti si rischia di replicare l’esito della nave Diciotti: i migranti sono stati presi in carico dalla Chiesa, cioè, accolti in una struttura parrocchiale e poi regolarmente fuggiti, come gli altri, senza integrazione, né protezione.

Accogliere vuol dire “prendersi cura”. Ma come fa uno Stato a “prendersi cura” di migranti se non ha alcuna voglia di farlo verso i propri cittadini?

E’ questo il vero tema da cui partire: la solidarietà vera, senza ideologie e senza business, anche a costo di rinunciare a privilegi di Stato

Santo Fabiano

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