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Le Tre Sorelle di Čechov

By Claudia Donnini on 14 Novembre 2022
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Le Tre Sorelle di Čechov

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Anton Čechov nasce a Taganrog, in Russia, nel 1860.
Nonostante fosse un medico di professione, per tutta la sua vita Čechov ha coltivato l’amore per la letteratura.

Infatti, pubblica la sua prima raccolta di novelle intitolata “Le fiabe di Melpomene” nel 1884, lo stesso anno della sua laurea in Medicina.

Successivamente, dal 1887, inizia a pubblicare i romanzi più famosi – che tuttavia iniziano ad essere caratterizzati da una vena pessimistica – probabilmente in corrispondenza con i primi sintomi della tubercolosi.

Il suo romanzo più celebre è Il Gabbiano, scritto nel 1895, lo stesso anno in cui conosce Lev Tolstoj con cui instaura una profonda amicizia. Successivamente, nel 1901, sposa l’attrice Ol’ga Knipper, ma pochi anni più tardi, nel 1904, Čechov muore di tubercolosi.

Oltre a lavorare ai romanzi, Čechov scrive anche drammi teatrali, come Zio Vanja e Il giardino dei ciliegi, suo ultimo dramma prima della morte.

Le Tre sorelle è il suo penultimo dramma teatrale, scritto nel 1900 e diviso in quattro atti.

La struttura del dramma è più simile ad un monologo, dove gli atti sono slegati tra loro quasi a rappresentare dei flash che l’autore apre sugli stadi d’animo dei personaggi in scena.
Non c’è una vera e propria trama, non succede nulla di concreto.

Protagoniste di quest’opera sono tre sorelle: Ol’ga, Maša e Irina, le quali vivono una frustrata e inappagante vita in una città di provincia senza nome, sognando un giorno di poter andare via, a Mosca.

La città, Mosca, è un personaggio sempre presente ma non esistente. Rappresenta la metafora dell’agognata libertà a cui aspirano le tre sorelle, vittime dell’oblio e dell’insoddisfazione di una vita grigia.

Assieme a loro vive il fratello Andrej, uomo colto e istruito, ma che nella delusione di non aver ottenuto un posto come docente all’università sposa Nataša, una donna crudele e meschina.

Attorno alla casa delle tre sorelle gravita una brigata di militari: il barone Tusenbach, ikl colonnello Versinin, il medico Cebutinik.

Il primo atto, caratterizzato da una lentezza e da una monotonia rappresentatrici del vuoto esistenziale delle vite dei quattordici personaggi, esplora anche la loro psicologia. I lunghi tempi narrativi vanno di pari passo con i tempi oziosi che vivono i protagonisti del racconto.

Solamente durante la seconda metà del dramma esplodono un caos di emozioni: amori, delusioni, aspettative, angosce e morte.
In questo intreccio domestico, vediamo a poco a poco districarsi i fili intrecciati nella prima metà.

Ogni personaggio, infatti, trova il proprio posto: Irina decide di sposare il barone Tusenbach, che tuttavia, alla vigilia delle nozze, viene ucciso in un duello; Maša si innamorerà del colonnello Versinin struggendosi d’amore per esso, Ol’ga, invece, otterrà il posto da direttrice del ginnasio femminile che per nulla desidera.

Il quarto atto si conclude con la partenza della brigata militare e con il crollo di ogni illusione. Celebre, infatti, il grido con cui Irina sancisce l’impossibilità dell’uomo di cambiare la propria vita e la propria condizione di miseria: “ a Mosca, a Mosca!”

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