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la corruzione elegante e gentile che non si vede

By Santo Fabiano on 28 Gennaio 2015
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la corruzione elegante e gentile che non si vede

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Il Papa lo ha scelto come tema nei suoi interventi, compreso quello di Natale. Pignatone, magistrato che ha avviato le indagini sulla mafia nella Capitale, ne ha spiegato l’evoluzione e le nuove manifestazioni. Cantone, presidente dell’autorità anticorruzione, lo rappresenta costantemente come un allarme sociale. E persino Napolitano, che molti non riconoscono come paladino di giustizia, nel suo ultimo discorso lo individua come un problema nazionale da cui liberarsi. Si tratta del fenomeno della corruzione.

Gli unici che non lo vedono e che liquidano come “allarmismo” ogni preoccupazione al riguardo sono proprio i corrotti e i corruttori, per i quali non c’è niente di così grave. E se proprio accade qualcosa, è solo un segnale dei tempi. Non c’è da allarmarsi.

Proprio in ragione di questa diversa percezione della realtà, possiamo affermare che si delinea un nuovo bipolarismo: da una parte chi avverte il rischio di una corruzione dilagante che dilania il tessuto sociale e ne compromette, sia il funzionamento, sia i riferimenti di valore; dall’altra chi vuole rappresentare la corruzione e la mafia come Babbo Natale o la Befana, argomenti di cui si può parlare, ma solo nei convegni e senza alcun riferimento nel quotidiano. Come se la corruzione e la mafia fossero trame di film o argomenti lontani..

Che il fenomeno correttivo fosse vicino a noi e nelle amministrazioni delle nostre città lo pensavamo già in molti e per questo siamo stati additati come allarmisti, gufi o altro. Ma dobbiamo proprio a Pignatone l’assimilazione dei “nuovi comportamenti” della politica alla mafia, rilevando che oggi il fenomeno “presenta caratteristiche proprie, solo in parte assimilabili a quelle delle mafie tradizionali e agli altri modelli di organizzazione di stampo mafioso fin qui richiamati”. Eppure “essa è da ricondursi al paradigma criminale dell’art.416bis del codice penale, in quanto si avvale del metodo mafioso, ovverosia della forza di intimidazione derivante dal vincolo di appartenenza, per il conseguimento dei propri scopi”. Non solo. Secondo il gip, “essa presenta, in misura più o meno marcata, taluni indici di mafiosità, ma non sono essi ad esprimere il proprium dell’organizzazione criminale, poiché la forza d’intimidazione del vincolo associativo, autonoma ed esteriorizzata, e le conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà che ne derivano, sono generate dal combinarsi di fattori criminali, istituzionali, storici e culturali che delineano un profilo affatto originale e originario“.

Si tratta di un sistema che non si presenta nel modo tradizionale, a che ha raffinato metodi e protagonisti. Non mostra i muscoli della prepotenza, semplicemente occupa posti di potere; non minaccia esplicitamente, semplicemente emargina chi non è consenziente; non combatte con la lupara, semplicemente calunnia e addita come responsabili di “allarmismi” o “diffamazioni” chi non si allinea o denuncia.

Ma i più importanti protagonisti (inconsapevoli) sono i cittadini che, di fronte a un fenomeno così sofisticato e sommerso, fanno fatica ad accorgersi e a credere che sia possibile o che persino esista, proprio nelle città in cui vivono,. Non sembra possibile che uno stimato professionista, dai modi eleganti, una volta diventato amministratore, possa essere il mandante di truffe e raggiri. O che persone che appaiono antifasciste, antimafiose e antirazziste, possano invece, scendere a patti con imprese e operatori economici in cambio di favori. O che tecnici comunali, approfittando del clima di confusione, possano condizionare gli appalti fino a concederli solo a chi assicura una tangente.

Ma non basta la denuncia. Se Papa Francesco ha deciso che il tema merita di essere rievocato in ogni circostanza, non è per denunciare il fenomeno, ma per richiedere a ciascuno di noi di svegliarci in una nuova consapevolezza. La società in cui viviamo ci riguarda e non possiamo affidarla passivamente all’amministrazione di chi se ne impossessa per perseguire interessi propri. La città in cui viviamo ci riguarda.

E’ per questa ragione che l’Autorità anticorruzione ha individuato la trasparenza come leva maggiore per il contenimento della corruzione. Ma la trasparenza, per funzionare, richiede che i cittadini comincino a utilizzarla, a interessarsi della vita cittadina e a incuriosirsi delle scelte amministrative.

Perché le città appartengono ai cittadini, non agli amministratori.

Blog di Santo Fabiano

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