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Le espulsioni e il senso della base

By Santo Fabiano on 1 Marzo 2014
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Le espulsioni e il senso della base

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Ha fatto notizia l’espulsione di quattro senatori da parte del M5S, ma si è capito subito che si trattava di pruriti di posizione, piuttosto che di difesa della partecipazione democratica. Senza entrare nel merito delle espulsioni, che peraltro riguarderebbero persone giá dichiaratamente lontane dalle posizioni del movimento, l’argomento sarebbe interessante e attuale se non rappresentasse un fenomeno antico che però, fino ad oggi era considerato un tabù perché ha riguardato i due blocchi del potere PD e PDL, o quel che é diventato.

Quest’ultimo, in particolare é stato costretto a cambiare nome fino a ruotare su se stesso e tornare alla denominazione originaria di “forza italia” per legittimare scissioni e cambi di casacca. Nel PD, invece, la pratica ha origini antiche, ma adesso ha trovato furbesche soluzioni.

In quel partito, come é noto, ormai si raccoglie di tutto e non si applicano differenziazioni, non si rifiuta nessuno e si accetta chiunque, senza distinzione di ideologia o appartenenza sociale: banchieri, massoni, affaristi e aspiranti affaristi, che convivono insieme a increduli elettori in buona fede, alimentati da una speranza, come i cristiani nelle catacombe. E nel partito democratico (l’aggettivo é frutto di una definizione autologica), è ormai consuetudine assistere a espulsioni e ostracismi, tutti derivanti dalla “insopportabile” diversità di vedute con il vertice che, nei casi migliori ha generato arcipelaghi di partiti o persino la rimozione mentale di leader storici, in preda a conflitti permanenti, a correnti e sottocorrenti, a scissioni annunciate e altre consumate.

Si é capito allora che il problema risiede nella “base”:  i vertici si contrappongono, si scontrano, si confrontano, ma poi trovano l’accordo.  La base, invece, che é fatta di persone per bene, che votano PD perché hanno rispetto dei valori della democrazia, si commuovono ancora per una rivoluzione, leggono libri che parlano di valori o sentimenti e non di fredda economia, pagano le tasse e ancora ritengono l’evasione come una truffa, considerano la corruzione come un male e non un metodo di lavoro, non capisce! E allora la soluzione é sembrata naturale e il partito, stanco e provato dalle troppe lotte interne ed espulsioni, dalle accuse di incoerenza e intelligenza con il nemico, stretto tra una base di gente civile e un vertice di provata ingordigia, ha deciso di espellere la base.

É ha fatto bene, a guardare al successo in termini di potere. Poco importa se tra gli italiani d’Italia non é piu il primo partito (precisazione dovuta perché il PD tra i residenti in Italia non é il primo partito e ottiene l’agognato primato grazie a una manciata di voti di italiani all’estero) e se sono sempre piú numerosi i non votanti. É passato di moda anche il richiamo alla partecipazione al voto. Non servono piú le masse che si recano alle urne. Anzi, creano imbarazzo con i loro soliti problemi che riguardano la disoccupazione, o il costo della vita, o il peso delle tasse. É molto più divertente la gente dei salotti buoni che non si lamenta, ma negozia, o quella dei palazzi che non si scandalizza di nulla, anzi é disponibile ai traffici, senza alcuna riserva o remora di carattere etico.

La base é diventata un peso e a conti fatti non é necessaria. Puó parteggiare, prendere posizione, schierarsi, quando richiesto e mettersi in fila per la pantomima delle primarie, ma niente di piú.

Ecco perché fanno notizia le espulsioni. Sono un argomento da fornire alla base per mostrare che cosa si rischia a seguire i movimenti che si schierano contro il potere.

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