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Intervista a Alice Urciuolo, autrice di “Adorazione”

By Stefania Piumarta on 30 Novembre 2020
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Intervista a Alice Urciuolo, autrice di “Adorazione”

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Esordio letterario di un romanzo corale ambientato nell’Agro Pontino.

 

Ogni libro è un viaggio, su questo non ci sono dubbi. Nel caso di Adorazione, l’esordio letterario della venticinque Alice Urciuolo edito da 66thand2nd più che un viaggio nella cittadina di Pontinia, nell’Agro Pontino, è un viaggio corale nel misterioso mondo di un gruppo di liceali che si affaccia al mondo.

Il femminicidio di Elena fa da sfondo alle storie che si intrecciano in una calda estate, dalla fine dell’anno scolastico fino al primo anniversario della morte della loro amica.
I personaggi sono tanti, tutti ben delineati. Diana, Vera, Vanessa, Gianmarco, Christian, Giorgio e le loro rispettive famiglie, con genitori all’apparenza uniti in matrimonio ma che risultano tali solo di facciata perché, in realtà, ciascuno tradisce l’altro; padri fuggiti via per ricominciare una nuova vita altrove dimenticando i figli messi al mondo; madri fagocitate dalle apparenze oppure vittime del male oscuro.
Un incredibile alternarsi di dialoghi, di personaggi e di eventi che si rincorrono, si evidenziano, si scontrano per portare in luce una grande fame di comunicazione e una estenuante esigenza di un dialogo, di un abbraccio, di calore umano.

Come lettrice ho faticato a comprendere alcune dinamiche perché il gap generazionale tra la mie età e quella dei protagonisti mi impediva di comprendere il senso di quei dialoghi freddi e distaccati, rinchiusi nello spazio di un messaggio in Direct su Instagram, sulla necessità di seguire passo passo, gli spostamenti di una persona attraverso i social fino a rasentare lo stalking. Ma, superata la mia personale difficoltà, mi sono ritrovata catapultata in un universo generazionale molto ben descritto da
Alice Urciuolo.

In Adorazione emerge forte e dirompente la necessità di amore, di considerazione, di affermazione della propria identità e ho apprezzato moltissimo il personaggio della nonna Stella. Quel suo modo di accettazione della realtà senza obiezioni, mai invadente ma sempre presente. Quel suo combattere silenzioso, fino alla fine. Quel suo preferire i fiori di plastica a quelli veri perché sempre belli. Quella presenza non presenza che riporta profumi antichi, come il corredo che ha composto nel tempo per le due nipotine, fino alla tenera carezza sulla testa a Diana quasi a volerla spronare ad essere solo se stessa, ciò che lei, forse, non è mai riuscita a essere. Quasi un punto fermo di un passato al quale i ragazzi sembrano volersi attaccare mentre vivono in un presente senza punti di riferimento reali, dove tutto sembra già tracciato ma vuoto e dove la loro esigenza di emergere si scatena a gran voce attraverso rapporti sessuali occasionali e senza amore, risse, nottate a vagare, sigarette e alcool.

Ho apprezzato moltissimo il fatto che, sebbene Adorazione sia una storia ambientata in una zona ben definita tra Pontinia, Latina e Sabaudia, se togliamo i riferimenti al Duce e al fascismo tipici dell’Agro Pontino, l’autrice ci conduce nel quotidiano di ragazzi che possono abitare in una qualsiasi città di provincia italiana e questo, soprattutto, grazie al non-uso del dialetto o di un slang tipico giovanile.
Alice Urciuolo, infatti, descrive una generazione e non la contestualizza in un’area bensì in un’epoca, esattamente quella che siamo vivendo.

La sua notevole capacità di scrittura, l’abilità nei dialoghi e la tenuta della trama e delle sotto trame ha fatto in modo di evidenziare il forte grido di dolore di una generazione che arriva dritto al cuore di chi legge.
Quel grido l’ho percepito dirompente nelle scelte e non scelte dei protagonisti, nell’incapacità di parlare di un evento così drammatico come un femminicidio,  non solo tra i ragazzi stessi ma addirittura nell’intera comunità, nell’assenza totale di ascolto.
Adorazione si legge tutto d’un fiato e mi ha fatto riflettere su quanto, noi adulti, abbiamo mancato in qualcosa e di come averli lasciati vivere liberi e indipendenti, non li ha abbia resi migliori ma solo molto più soli.

 

Nel corso della lettura sono nate alcune domande alle quali l’autrice, Alice Urciuolo, ha gentilmente accettato di rispondere.

Inizio subito con il farle i complimenti per essere riuscita a trasportare nel romanzo Adorazione, il disagio di una generazione che, a mio avviso, abbiamo lasciato troppo libera di andare senza dar loro, in contrappeso, un luogo caldo dove tornare per trovare rifugio, conforto e sostegno. È solo una mia impressione o anche questa è una chiave di lettura di Adorazione?

Di sicuro i ragazzi di Adorazione sono spaesati e non riescono a trovare attorno a loro esempi adeguati, che possano dare loro le risposte che cercano. Gli adulti provano in tutti i modi e in totale buona fede ad essere all’altezza del loro ruolo di genitori, ma non sempre ci riescono, non sempre riescono a fornire ai propri figli un’adeguata educazione sentimentale e sessuale. Diletta, Manuela, Enza, Massimo e tutti gli altri spesso non hanno gli strumenti per comprendere i loro figli, per capire i loro bisogni e i loro desideri, né per leggere la realtà che li circonda, anche perché a loro volta non hanno ricevuto quegli strumenti dai loro genitori. E poi in provincia – ma non solo – è ancora molto difficile parlare del dolore e delle proprie emozioni, di maschilismo, di cultura patriarcale e della differenza tra amore e possesso, motivo per cui la morte di Elena è stata rimossa e viene nominata solo per giri di parole – “la brutta cosa che è successa”, come dice Diletta. Ma nel romanzo ci sono anche dei genitori che si rivelano del tutto all’altezza del loro ruolo, come ad esempio Walter, il padre di Vanessa.

 

Parliamo di Diana. Una figura femminile centrale nel libro, nata con una enorme voglia sulla gamba che rappresenta prima uno scudo dietro il quale nascondersi e poi un motivo per l’affermazione di sé.  Davvero una donna può trovare affermazione di sé stessa concedendosi sessualmente a chi, semplicemente, la desidera?

Penso che donne diverse possano riuscire ad affermare loro stesse nei modi più disparati, e che ciascuna di noi sia libera di scegliere. Per quanto riguarda il mio personaggio, Diana è una ragazza molto insicura, che non si piace e che non si conosce, e che non ha mai ricevuto approvazione da parte del suo contesto. A un certo punto, quindi, decide di andarsela a prendere fuori, l’approvazione di cui ha bisogno. Ma il suo non lo definirei un percorso di affermazione di sé stessa al 100%: da una parte Diana si emancipa, diventa più sicura e più consapevole, dall’altra si riscopre di nuovo in una posizione di sottomissione. Il suo percorso è molto complesso e conflittuale, e non finisce di certo con la fine del romanzo. Diana ha ancora molta strada da fare prima di potersi dire veramente libera.

 

 

Leggendo Adorazione l’idea e la necessità di movimento è ben evidenziata. Dai continui “viaggi” sul Cotral vero il liceo e verso la spiaggia, ai passaggi in macchine e motorino. Questa idea di andare, di raggiungere i luoghi, di tornare e ri-tornare che appare quasi come danza e, metaforicamente, rappresentare proprio l’esigenza di muoversi verso il futuro dei protagonisti stessi. È una scelta voluta?

Prima di tutto questi continui spostamenti sono la trasposizione fedele del modo di muoversi dei ragazzi che abitano in quella città, Pontinia, e che raggiungono Latina e Sabaudia in auto oppure destreggiandosi tra autobus e navette, ma adesso che leggo la sua riflessione credo che in quegli spostamenti si possa leggere, come dice lei, anche un’esigenza di andare verso il futuro. O in generale di aprire un’altra strada, di iniziare un nuovo percorso.

 

 

Lei è una delle autrici della serie televisiva di successo Skam Italia e volevo chiederle, quanto ha influenzato questa esperienza lavorativa nella stesura di un romanzo corale come Adorazione?

Dalla mia esperienza di sceneggiatrice mi sono sicuramente portata dietro degli strumenti. L’osservazione della realtà, la cura per i dialoghi, la volontà di raccontare i personaggi e i luoghi in maniera fedele e sincera. Ma scrivere un romanzo è stata un’esperienza nuova, che mi ha posto davanti a sfide diverse. E poi è stato come tornare a casa, dato che prima che una sceneggiatrice sono sempre stata, fin da piccola, una lettrice appassionata.

 

 

Nel ringraziarla per le risposte, un’ultima domanda: qual è il suon sogno nel cassetto?

Per adesso sicuramente pubblicare un secondo romanzo!

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