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Mohamed Malih – Il divano non è un luogo comune

By Redazione on 9 Marzo 2015
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Mohamed Malih – Il divano non è un luogo comune

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Il tema principale del nuovo libro del blogger e giornalista Mohamed Malih, “Il divano non è un luogo comune”, è quello dell’integrazione degli immigrati: direttamente dal suo blog Stracomunitari, una selezione di post dall’ironia e dall’acutezza taglienti descrivono le contraddizioni di un’ Italia che si mostra ostile e incoerente di fronte ai fenomeni migratori e di un mondo migrante che con difficoltà riesce a reagire.

Copertina del libro

Copertina del libro

“Mi sono stufato di parlare dei nostri problemi solo fra di noi. La soluzione è condividere. E sta nel web. Bisogna aprirsi al mondo. Per questo ho deciso di aprire un blog, per far vedere ai lettori che cosa passa per la testa di un immigrato. E così che deve funzionare l’integrazione al giorno d’oggi. Non stare semplicemente a piangersi addosso nei phone center, nelle moschee e nelle associazioni” afferma Mohamed e continua dicendo “ voglio dare la possibilità agli italiani di vedere che cosa pensa davvero un immigrato comune. Senza maschere e dolcificanti. Senza compromessi. Così sentono anche l’altra campana e non solo la voce di quei tromboni degli intellettuali immigrati alla moda che cercano invece di compiacere gli italiani senza dignità, con dei pensierini orientaleggianti, esotici e puliti, e che si auto eleggono come nostri portavoce. Ma che nulla sanno, o se lo sono dimenticati, della nostra vita quotidiana.” Mohamed nel libro racconta la sua storia. Venuto in Italia con la speranza di una vita migliore si è invece ritrovato a dover fronteggiare delle problematiche che non aveva messo in conto e cioè l’essere accettato da quello che lui definisce l’homo urbanus.

Pur mettendocela tutta e seguendo le regole del galateo e del quieto vivere gli stracomunitari non riescono ad integrarsi come vorrebbero. In merito a questo dice, usando sempre molta ironia:  “Che cosa dovrebbe dunque frullare nella testa di un homo urbanus e di uno stracomunitario, secondo le regole del bon ton suggerite dai fautori della multiculturalità, quando incontrandosi dovessero salutarsi? Debbono scambiarsi, oltre ai consueti salamelecchi, anche un surplus di smancerie con una duplice funzione. Per l’oriundo sono la prova palesata della sua apertura mentale, un certificato di assoluta impermeabilità, garanzia inespugnabile contro infiltrazioni inopportune di sentimenti anche vagamente xenofobi, che lo abilita quindi ad accogliere ed “integrare” chiunque abbia messo in atto il biribizzo di fare dell’Italia la sua patria elettiva.

Per lo stracomunitario invece è la prova ostentata di essere, in ordine sparso: un buon immigrato, che ce la mette tutta per essere integrato, che pensa solo a lavorare, che è un musulmano, però moderato, che non è un molestatore, che non gli passa neanche per l’anticamera del cervello di farsi saltare in aria per una delle tante cause panislamiche, che manco ci pensa di farsi quattro mogli, perché una anzi è già troppo e che, per dirla tutta, forse è pure cornuto, che la pasta, manco a dirlo, la mangia solo se è “al dente” e che, ma questo gli duole moltissimo, purtroppo ancora non ce la fa a mandare a memoria per intero l’inno di Mameli. Questo unicamente, a sua parziale discolpa, in quanto il relativo cd è di difficile reperibilità nel mercato parallelo della discografia senegalese. E le poche occasioni che ha di fare pratica sono le partite della nazionale in euro o mondovisione (sotto questo aspetto l’impegno dei calciatori a favore dell’integrazione è davvero deludente)”…” Donde, per quanto mi riguarda continuerò, correndo il rischio di essere scambiato per kamikaze, o quello non meno infamante di passare per zoticone, con i soliti svagati cenni di saluto, sempre che non abbia la luna storta. Se poi mentre attraverso una siffatta congiunzione astrale per disgrazia mi capita d’incrociare un homo urbanus che ha “saturno contro”, eccoci allora nel bel mezzo di uno scontro di culture.”

Nel libro vengono trattati molti temi: dai Vucumprà, che in merito consiglia” delle tenute tipo Baywatch alle forze dell’ordine che saranno impiegate per la caccia al Vucumprà. Perché un conto è dirigere il traffico, un altro è correre sulla sabbia.” allo sfruttamento sempre con una sottile ironia che rende piacevole la lettura senza però perdere di vista la serietà dell’argomento.

Mohamed Malih

Mohamed Malih

Mohamed Malih nasce a Casablanca (Marocco) e vive da molti anni in Italia. Blogger (Stracomunitari), mediatore culturale a chiamata, migrante di lungo corso, articolista estemporaneo, saltuariamente poeta e giocatore di biliardo. Dopo diversi anni trascorsi a Padova ora vive a Senigallia. Segnalato ad alcuni concorsi letterari, i suoi scritti sono inseriti in diverse antologie.

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