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L’Italia sempre più vecchia

By Marina Landolfi on 10 Giugno 2021
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L’Italia sempre più vecchia

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L’Istat ha recentemente pubblicato un Report sugli indicatori demografici del 2020 (https://www.istat.it/it/files/2021/05/REPORT_INDICATORI-DEMOGRAFICI-2020.pdf) che ha confermato il calo demografico e l’invecchiamento del Paese.

I residenti sono 59 milioni 258 mila, 383 mila in meno rispetto a un anno prima, dato dovuto soprattutto al divario tra nascite e decessi:  ogni 100 decessi vi sono state 54 nascite. Il rapporto tra la popolazione dai 65 anni e più e gli under 15 è cresciuto, passando dal 33,5% del 1951 a quasi il 184% all’inizio del 2021. La speranza di vita alla nascita scende a 82 anni, l’età media degli italiani è di 46 anni e il numero medio di figli per donna è 1,24, il più basso dal 2003. La popolazione è in calo in quasi tutto il territorio nazionale: ad eccezione del Trentino-Alto Adige, dove si registra una variazione annuale della popolazione pari a +0,4 per mille, tutte le regioni sono colpite dal fenomeno soprattutto al Sud rispetto al centro-nord, con Molise e Basilicata le regioni più colpite. Un colpo forte al ricambio demografico lo ha dato la pandemia da Covid-19: non solo ha prodotto effetti sulla mortalità, ma anche sulla mobilità residenziale interna e con i Paesi esteri che ha avuto ripercussioni su comportamenti riproduttivi e nuziali. Il lockdown ha portato anche a inevitabili ripercussioni sui trasferimenti di residenza, -12% all’interno, con dati riferiti all’estero che hanno fatto toccare il valore più basso degli anni 2000. Per il Sistema di sorveglianza nazionale integrata dell’Istituto superiore di sanità, nel corso del 2020 sono stati registrati 75.891 decessi attribuibili in via diretta a Covid-19. Anche se l’incremento assoluto dei decessi per tutte le cause di morte sull’anno precedente è stato pari a +112 mila,  c’è da considerare, oltre alle morti legate al virus, anche decessi causati da altre patologie letali che non è stato possibile trattare con le modalità necessarie. La mortalità indotta direttamente/indirettamente da Covid-19 ammonta a 99mila decessi, un livello che può considerarsi come limite minimo. Nei primi due mesi del 2020 i decessi sono stati 6.877 in meno rispetto agli stessi mesi del 2019. Quindi si può ipotizzare che senza la pandemia i rischi di morte sarebbero stati inferiori. Il 2020 registra un’ulteriore riduzione delle nascite: dal 2008 si è passati dai 577mila nati agli attuali 404mila, ben il 30% in meno che porta verso un solo figlio a coppia. La fecondità si mantiene più alta al nord, 1,27 figli per donna, ma in calo rispetto a 1,31 del 2019; nel Mezzogiorno scende da 1,26 a 1,23 e a al Centro passa da 1,19 a 1,17. Un andamento, quello della natalità, influenzato da due fattori: uno strutturale e l’altro comportamentale. Il primo ha una forte componente inerziale che deriva dalla dimensione delle generazioni che transitano nell’arco delle età riproduttive, includendo anche i flussi migratori con popolazione giovane, se mettono al mondo figli; il secondo è collegato ai modelli riproduttivi, non solo legati agli incentivi per le coppie stabili e la fecondità degli autoctoni, ma anche al contributo degli immigrati. (Foto di Susanne Palmer da Pixabay).

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