Senza coda di Marco Missiroli

Senza coda è l’esordio letterario di Marco Missiroli uscito nel 2005 per la casa editrice Fanucci e ripubblicato da Feltrinelli nel 2017.

Un romanzo breve, poco più di 150 pagine, sufficienti per raccontare la fine dell’infanzia del piccolo Pietro costretto dal padre a compiere delle azioni che non vorrebbe fare.

«Fra tre giorni ci vai da Carmine, a papà?»

E Pietro non può fare altro che obbedire perché è quello il clima che si respira in famiglia, con un padre autoritario, una madre che ha spesso delle strane macchie gialle sulla pelle e degli uomini in divisa di guardia al cancello. Non può fare altro che obbedire e consegnare delle strane lettere bianche a quell’uomo tenebroso dalle reazioni imprevedibili.

 

 

Nel giardino di casa, in una Sicilia mai nominata ma riconoscibile e ben presente, condivide con il giardiniere Nino la sua grande passione di cacciatore di lucertole.

Adora catturare le lucertole per tagliar loro le code che colleziona in grandi barattoli colmi di alcool. È impressionato dall’incredibile strategia di questi animali di lasciare andare la coda quando sentono il pericolo, che è ciò che pian piano capisce di dover fare anche il piccolo Pietro.

Pietro inizia a intuire che non può più restare fermo senza agire, che anche lui, di fronte al pericolo, è costretto a lasciar andare la sua coda e affrontare la situazione.

«Io sono senza coda!» urla Pietro ridendo

Senza coda è un romanzo che lascia convivere tra le sue pagine una incredibile dolcezza e una brutale violenza; è l’incalzante quotidianità fatta di malaffare e di crudeltà, di obbedienza ma anche di consapevolezza.

Missiroli è bravissimo a narrare senza dire, a lasciare intendere senza dichiarare accompagnando il lettore verso il finale che, per quanto sperato, resta comunque inaspettato.

Senza coda si legge in poche ore ma resterà a lungo nella mente di chi legge.




LA PASTA ‘NCASCIATA

“UN MESE, UN PIATTO, UNA STORIA…”

GIUGNO

LA PASTA ‘NCASCIATA

 

Chi di noi non ha visto almeno una puntata della serie Montalbano, ispirata ai romanzi del celebre Camilleri? Se per un caso alquanto strano, così fosse, dovete sapere che, a cena, il famoso commissario godeva delle prelibatezze che gli preparava la sua donna delle pulizie Adelina. Un vero tripudio di sapori: dagli arancini, alle sarde, alla rinomata Pasta ‘ncasciata.

La sera, tornato dal lavoro, Montalbano non vedeva l’ora di aprire il forno o il frigorifero per scoprire il tesoro che gli aveva lasciato Adelina; dopodichè si apparecchiava in terrazza, si versava un bicchiere di vino e si accingeva a dar fondo al piatto con la speranza, a volte vana, che non squillasse il maledetto telefono.

Per questo nostro primo mese d’estate, vi propongo la ricetta, da me sperimentata più volte, della Pasta ‘ncasciata, un ricco e gustoso primo piatto che ricorda i sapori della nostra Trinacria. Le varianti del piatto sono molte, questa vi assicuro, è molto buona.

 

INGREDIENTI per 8 persone:

 

per il ragù:

 

500 gr. di carne macinata

700 gr. di salsa di pomodoro

olio evo, sedano, carota cipolla, sale e pepe

vino bianco.

 

 

per la pasta:

 

600 gr. di rigatoni

! melanzana grande nera

200 gr. caciocavallo stagionato

100 gr. di parmigiano grattugiato

olio per friggere

 

 

PROCEDIMENTO:

 

Preparate il ragù nel modo che più vi piace. Io faccio un soffritto con sedano, carota e cipolla; quando gli odori sono stufati, aggiungo il macinato, faccio rosolare, sfumo con vino bianco e, quando quest’ultimo è evaporato, aggiungo la salsa di pomodoro. Poi faccio cuocere lentamente per almeno 40 minuti, condisco con sale e un po’ di pepe, finendo con un giro di olio a crudo. Potete preparare il sugo anche il giorno prima.

Tagliate la melanzana a dadini e friggetela in abbondante olio di arachide, ponetela poi su della carta assorbente. Lessate i rigatoni lasciandoli molto al dente, e scolateli. Condite la pasta con il ragù. Mettete in una pirofila uno strato di pasta, aggiungete qualche fetta di caciocavallo e un po’ di melanzana. Poi fate un altro strato di pasta, con altro caciocavallo e i rimanenti tocchetti di melanzana. Ultimate spolverizzando con il parmigiano grattato. Infornate a 200° finchè si formi una crosticina dorata.

Questo è un piatto tipicamente estivo in quanto le melanzane d’inverno, proprio non si dovrebbero comperare.

Una volta cotta, la Pasta ‘ncasciata può essere conservata in frigorifero per un paio di giorni.

 

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Chianchieri, l’ultimo romanzo di Giankarim De Caro

Un romanzo storico ambientato in Sicilia tra la spedizione dei Mille e l’Unità d’Italia

 

Durante lo scorso fine settimana sono andata a visitare l’evento Insieme Festival affascinata dalle tantissime proposte letterarie di ben oltre 150 case editrici italiane.

Arrivata allo stand di Navarra Editore, una casa editrice indipendente specializzata nella saggistica di impegno civile e sociale e nella narrativa, mi sono fermata a parlare direttamente con l’autore di Chianchieri, Giankarim De Caro disponibilissimo a parlarmi dei propri lavori.

Sarà stato l’accento siciliano, la verve con la quale raccontava dei suoi romanzi, l’idea che Chianchieri non fosse ancora disponibile nelle librerie, sta di fatto che ho acquistato il romanzo senza esitazione e arrivata a casa non ho resistito iniziando subito a leggerlo.

Chianchieri è l’antico nome con il quale venivano chiamati i macellai e i due protagonisti, i gemelli Cola e Totò, sono figli di una famiglia di macellai, uomini forti e tenaci non solo nella tempra ma soprattutto nello spirito e la loro vita potrebbe proseguire normale se non entrasse a creare scompiglio la figura femminile di Olivia, la spedizione dei Mille con Garibaldi, il colera del 1866 e la successiva Unità d’Italia.

La scrittura di De Caro è avvolgente e coinvolgente. Si inizia a leggere e non ci si ferma più. Nella storia figurano diversi personaggi e risultano tutti bene caratterizzati e di spessore al punto che sembra di vivere in pieno “quel” quotidiano dimenticando di trovarsi, invece, indietro nel tempo, a metà dell’ottocento.

Sebbene i protagonisti principali siano maschili, ho ritrovato tutto il dramma della situazione delle donne in quel periodo storico. Dalla megera che sceglie di vivere in povertà nel luogo dove le hanno ucciso il figlio, a Lucrezia che subisce violenza a causa della sua bellezza e passerà il resto della vita reclusa nella sua stanza uscendo solo per svolgere i lavori di casa, alla violenza che subisce Olivia con la sorellina assistendo alla morte dei genitori. Donne che subiscono la violenza degli uomini, la miseria e il volto iniquo e inutile della guerra. Pagine intense e toccanti.

 

Aspre e dure, inoltre, risultano le pagine nelle quali si descrive il viaggio di Totò, prima sulle navi per l’Inghilterra e successivamente in America; salta subito all’occhio la similitudine con il presente,  con il flusso di migranti che da anni arrivano proprio sulle coste siciliane alla ricerca di un futuro in Europa, in cerca di una vita migliore per scappare dalla miseria, dalla guerra e dal destino.

De Caro, raccontando la storia dei due gemelli, in effetti mette in risalto la difficoltà non di vivere ma di sopravvivere di quegli uomini e donne che hanno avuto la sfortuna di nascere poveri arrancando nel quotidiano in cerca di un futuro o anche solo nella speranza di un futuro ed è inevitabile riflettere su ciò che giornali e televisione ci riportano ogni giorno.

Chianchieri è stata una sorpresa, una bella sorpresa. Non è una storia che passa inosservata e non è una lettura facile da dimenticare.

Se proprio devo trovare una nota negativa, forse è nel lavoro di correzione del testo. Alcuni errori che, ne sono certa, saranno risolti con la ristampa.

 

Il romanzo Chianchieri è disponibile in tutte le librerie dal 20 ottobre.

Oppure lo potete ordinare direttamente a Navarro Editore.

 




UN MESE, UN PIATTO, UNA STORIA: a Settembre involtini di pesce spada

 

Sono stata diverse volte in Sicilia in vacanza e sono una fan della serie “Il commissario Montalbano” di cui, oltre i personaggi, l’ambientazione e la storia, amo le ricette di Adelina. Credo fermamente che la cucina del pesce dell’antica Trinacria non abbia eguali. Hanno l’arte di esaltarne profumi e sapori in semplicità, e con l’aiuto di pochi ingredienti creano piatti meravigliosi.

Il pesce spada si presta ad innumerevoli preparazioni: antipasti, primi piatti e secondi cotti nella maniera che più ci è congeniale. Buonissimo anche crudo purché sia stato precedentemente abbattuto per azzerare il rischio di infezione da anisakis.

La ricetta di questo mese è veramente semplice, un’unica accortezza: assicuratevi che il pescivendolo sappia come ricavare delle fettine sottili ma non troppo.

Noterete come in questa ricetta non sono indicate in modo preciso le dosi, è questa una caratteristica che si ritrova spesso in uno dei pilastri della cucina italiana: Il talismano della felicità, di Ada Boni. Cucinare a sensazione ed ottenere un bel risultato dà grandi soddisfazioni, più che a seguire pedissequamente un elenco di grammi e indicazioni dettagliate.

 

 

INGREDIENTI:

 

Pesce spada a fettine  (consideratene almeno 3 a persona)

Aglio, prezzemolo, olive denocciolate, capperi (possibilmente piccoli)

Pangrattato

Pomodori pachino

Olio extravergine d’oliva, sale e pepe

 

 

PROCEDIMENTO:

 

Preparate un trito con il prezzemolo, l’aglio, le olive denocciolate e i capperi dissalati. Unite del pangrattato (né troppo, né troppo poco) e mescolate bene il tutto senza aggiungere sale.

Spalmate questo composto con le mani sulle fettine di pesce spada e arrotolatele delicatamente fino a formare degli involtini. È preferibile non togliere la pelle altrimenti si sfalderanno mentre li componete.

Appoggiateli in una taglia foderata di carta forno in modo che siano ben vicini uno all’altro, non serve che li leghiate con lo spago.

Tagliate i pomodori a tocchetti e spargeteli sopra gli involtini, se vi avanza del trito unite anche quello, ancora prezzemolo, un po’ di sale, pepe, e ultimate con olio extravergine di oliva.

Infornate a forno caldo, temperatura 200°, per pochi minuti perché il pesce spada non va cotto troppo, rischia di diventare stoppaccioso. Serviteli caldi, tiepidi o anche a temperatura ambiente, saranno buonissimi comunque.

Adelina faceva gli involtini anche con il tonno, provate ma attenzione: il tonno tende a sfaldarsi con estrema facilità.