Arnolfo di Cambio

Sulla vita di Arnolfo di Cambio si hanno poche notizie, come d’ogni altro uomo medievale, d’altronde.

Sembra esser stato figlio di Messer Cambio, un notaio di Colle di Val d’Elsa, in provincia di Siena.

Arnolfo cominciò la sua formazione d’artista nella bottega di Nicola Pisano, già artista famosissimo e uno dei massimi esponenti della scultura gotica in Europa. Con lui lavorò all’Arca di San Domenico nell’omonima chiesa a Bologna e al pulpito del Duomo di Siena.

Poi, successivamente, Arnolfo lascia la bottega e intraprende la sua carriera di artista in autonomia, trasferendosi a Roma sotto Carlo I d’Angiò. Esegue per il re un ritratto, forse il primo ritratto realistico di un personaggio ancora in vita, e la sistemazione della Fontana Minore di Perugia.

Nel 1282 realizza il monumento funebre del cardinale De Braye nella chiesa di San Domenico a Orvieto e inaugura, attraverso questa nuova tipologia di sepolcro, un modello che sarà attivo per tutto il Rinascimento.

 

A Roma, Arnolfo lavora ai cibori della basilica di San Paolo fuori le mura e di Santa Cecilia in Trastevere, veri capolavori in cui si mescolano le tradizioni delle opere classiche romane e la maestria della lavorazione a intarsi dei marmi degli artisti cosmateschi.

Un’altra importantissima commissione romana fu quella per la statua bronza di San Pietro, che realizzò nel 1300 per la Basilica di San Pietro, assieme al monumento per Bonifacio VIII.

Inoltre, Arnolfo fu probabilmente il primo scultore a realizzare un Presepe. Nel 1291 egli realizzò otto statue che rappresentano la Vergine con il Bambino, Giuseppe, il bue e l’asinello insieme ai Re Magi.

Rimangono oggi alcune sculture superstiti che presentano una caratteristica peculiare dell’opera di Arnolfo: il retro delle sculture è lasciato nel suo stato grezzo. Questo perché Arnolfo di Cambio progettava le sue sculture in modo che lo spettatore potesse godere frontalmente dell’opera, ma ciò che era nascosto al suo occhio poteva tranquillamente essere tralasciato!

Quest’operazione necessita grande maestria, poiché alcune architetture si sviluppavano in orizzontale ed era importante calcolare bene l’angolazione del punto di vista dello spettatore per non lasciare parti grezze in vista.

Per concludere, con Arnolfo di Cambio si sviluppa un concetto di artista che gode di un’autonomia e di un riconoscimento sociale che nel primo medioevo non esisteva. Difatti, dal tardoantico, gli artisti erano considerati artigiani e non spiccava mai il nome dell’autore di un’opera.

Arnolfo di Cambio è, perciò, assieme al suo maestro Nicola Pisano e poi a venire di tantissimi altri artisti come anche lo stesso Giotto e Jacopo Torriti, uno dei primi a firmare le proprie sculture, a creare il concetto di “autorialità” dell’opera d’arte… insomma, uno dei primi artisti veri e propri.

 




L’espressione della passione e del movimento: Gianlorenzo Bernini

Gianlorenzo Bernini, figura preminente del barocco italiano, è celebre per le sue straordinarie opere scultoree che hanno segnato un’epoca e continuano a ispirare gli amanti dell’arte in tutto il mondo.

Tra le sue opere più iconiche spiccano “Apollo e Dafne”, “Il ratto di Proserpina” e “Il David”, ciascuna rappresentante del suo straordinario talento nel catturare l’essenza del movimento e delle emozioni umane.

Apollo e Dafne: Un Momento di Trasformazione Eterna

La scultura di “Apollo e Dafne” di Gianlorenzo Bernini, realizzata tra il 1622 e il 1625, cattura l’intenso momento di trasformazione mitologica tra Apollo e Dafne.

Nella mitologia greca, Apollo, dio della luce e delle arti, si innamora della ninfa Dafne, che per sfuggire al suo amore indesiderato si trasforma in un albero di alloro. Questa metamorfosi è magistralmente rappresentata da Bernini, che dà vita a questa storia attraverso il marmo.

La scena è dinamica e carica di energia, con Apollo insegue Dafne mentre lei si trasforma. Gli sguardi intensi, le pose fluide e le texture dettagliate creano un senso di movimento palpabile.

La pelle di Dafne si trasforma in corteccia, e le foglie spuntano dai suoi arti, un’illusione resa così realistica che si avverte quasi il profumo dell’alloro.

Il Ratto di Proserpina: Un Capolavoro di Emozione e Dettaglio Anatomico

L’opera “Il ratto di Proserpina” è un capolavoro intriso di drammaticità e maestria tecnica. Realizzata tra il 1621 e il 1622, questa scultura cattura il momento in cui Plutone, dio degli Inferi, rapisce Proserpina, figlia di Cerere, per farne la regina degli Inferi.
La scena è pervasa da un’intensa emozione, con Proserpina che esprime terrore e sorpresa mentre è trascinata via.

Bernini dimostra la sua abilità nel modellare la pietra, rendendo il marmo così vivido che sembra fluire come il tessuto.

L’attenzione ai dettagli anatomici, alle pieghe dei vestiti e all’espressione dei volti è straordinaria.
Questa combinazione di maestria tecnica e intensità emotiva rende “Il ratto di Proserpina” un’opera che continua a toccare il cuore degli spettatori.

Il David: Forza, Bellezza e Tensione

Il “David” di Gianlorenzo Bernini è una reinterpretazione unica del celebre soggetto biblico. Questa scultura in marmo bianco rappresenta Davide nel momento precedente il combattimento con Golia.

Bernini cattura il momento di tensione e concentrazione, in cui Davide stringe la fionda, pronto a sfidare il gigante.

La forza e la bellezza fisica di Davide sono esaltate attraverso la maestria nel modellare la pietra.
Le venature e i muscoli del marmo sembrano vibrare di energia. Il volto concentrato di Davide e la sua postura determinata evocano il senso di coraggio e determinazione.
L’opera incarna la lotta tra il bene e il male, la forza e la debolezza, catturando un momento cruciale e iconico nella storia biblica.

In conclusione, le opere scultoree di Gianlorenzo Bernini, quali “Apollo e Dafne”, “Il ratto di Proserpina” e “Il David”, rappresentano la maestria e la genialità di un artista il cui lavoro ha sfidato il tempo.

Attraverso il marmo, Bernini è riuscito a catturare l’essenza del movimento, dell’emozione e della bellezza umana, lasciando un’impronta indelebile nella storia dell’arte. Le sue opere continuano a ispirare e ad affascinare il pubblico anche oggi, dimostrando la potenza senza tempo dell’espressione artistica.




L’arte senza tempo di Antonio Canova: l’eternità scolpita nel marmo

Antonio Canova, nato nel 1757 a Possagno nel Veneto, è stato uno dei più celebri scultori neoclassici del XVIII e XIX secolo.

Le sue opere, intrise di grazia e perfezione, incarnano l’ideale estetico dell’epoca e continuano a esercitare un profondo impatto sull’arte scultorea moderna.
Il genio di Canova si esprime attraverso il marmo, trasformando la pietra in opere d’arte cariche di emozione e bellezza.

Il Capolavoro: “Amore e Psiche”

Tra le opere più celebri di Antonio Canova spicca “Amore e Psiche”, un capolavoro senza tempo che incarna l’elevata maestria e la sensibilità artistica dello scultore.
Quest’opera stupenda rappresenta il mito d’amore tra il dio Amore (Eros) e la bellissima principessa Psiche.

La scultura cattura l’essenza dell’amore in un abbraccio appassionato tra i due amanti, con Psiche che è dolcemente sostenuta dalle ali di Amore.

Canova ha reso ogni dettaglio in modo impeccabile, dalle ali eteree all’espressione tenera dei volti, creando un’opera in cui il marmo sembra prendere vita, trasmettendo sentimenti e emozioni.

“Venere e Marte”: L’equilibrio della Passione

Un’altra opera emblematica di Canova è “Venere e Marte”, che cattura l’equilibrio tra passione e grazia.

La scultura rappresenta il dio della guerra, Marte, addormentato e disarmato, mentre Venere, dea dell’amore, lo osserva con tenerezza.
Quest’opera manifesta la capacità di Canova di creare sculture che narrano storie complesse e suscitano emozioni profonde.

“Le Tre Grazie”: L’Armonia del Corpo Femminile

Le Tre Grazie, conosciute come Aglaia, Eufrosine e Talia, erano considerate nella mitologia greca come le dee dell’incanto, della grazia e della bellezza.

Canova ha immortalato queste figure mitologiche in una scultura che incarna l’armonia e la bellezza del corpo femminile.
Le tre figure si abbracciano dolcemente, rappresentando l’unità e la grazia che solo l’amore e l’amicizia possono portare.

L’Eredità di Canova

Antonio Canova non ha solo lasciato un’impronta indelebile nel mondo dell’arte, ma ha anche influenzato generazioni successive di scultori.
Il suo stile neoclassico, caratterizzato da una ricerca della perfezione e una predilezione per soggetti mitologici e storici, ha ispirato numerosi artisti.

Canova ha dimostrato che la pietra può essere modellata per esprimere la bellezza e la grazia, consentendo all’arte di trascendere il tempo e toccare l’eternità.

In conclusione, Antonio Canova è stato un maestro nella scultura neoclassica, le cui opere continuano a incantare e a ispirare il mondo dell’arte.

Attraverso la sua abilità straordinaria e la sua sensibilità artistica, Canova ha creato opere senza tempo che parlano all’anima e ci invitano a riflettere sulla bellezza e sull’eternità.