Il problema dei 3 corpi, la nuova serie di fantascienza che ha sconvolto il mondo

“Il problema dei 3 corpi”, serie tratta dal romanzo di fantascienza di Liu Cixin, è uscita lo scorso 21 marzo su Netflix e si trova ancora tra i contenuti più visti. Gli otto episodi infatti, carichi di mistero, coinvolgono il pubblico più che mai, oltre ad insinuare in esso paure e domande sul mondo che conosciamo.

Quando alcuni eventi inquietanti sconvolgono la vita di giovani fisici, si fa strada l’idea di una minaccia per l’umanità, da sconfiggere il prima possibile.

Nonostante il cast sia formato da attori giovani e poco conosciuti, tra cui Jess Hong e Elza Gonzáles, questi entrano perfettamente nei personaggi a loro assegnati, fisici professionisti tra i più qualificati della nazione. Rappresentano al meglio le ansie, i dolori e i successi che essi sperimentano ogni giorno, facendoci immedesimare in delle menti geniali capaci di generare idee altrettanto geniali.

I tre creatori dell’adattemento, D.B. Weiss, David Benioff e Alexander Woo, con il permesso di Cixin, hanno reso il romanzo conosciuto a livello globale, apportando tuttavia alcune modifiche nei personaggi quanto nei luoghi. Il problema dei 3 corpi, infatti, è solo il primo romanzo della trilogia “Memoria del passato della terra”, interamente ambientata in Cina ai tempi della Rivoluzione Culturale cinese, ragion per cui nella versione originale molte pagine furono addirittura censurate e in seguito reintrodotte nell’edizione internazionale. La serie, al contrario, ha luogo principalmente nel Regno Unito, ma anche in Cina e a New York.

In quanto invece a un rinnovo di stagione, questo non è stato ancora confermato. Tuttavia, gli stessi autori della serie hanno anticipato che quasi sicuramente avremo un seguito e che i nuovi episodi saranno ancora più folli e selvaggi.

L’obiettivo durante la realizzazione della serie era quello di far rimanere un senso di meraviglia negli spettatori, proprio ciò che ognuno di noi ha provato scena dopo scena grazie ad effetti speciali sbalorditivi. Inoltre, pur essendo determinati elementi complicati da comprendere, il pubblico viene coinvolto interamente nella storia, trasportato in una dimensione fantastica e surreale che dà spazio all’immaginazione e lasciato sulle spine fino all’ultimo momento. È per questo che tutti noi speriamo nell’arrivo di una seconda stagione il più presto possibile, per avere una risposta alle domande che ci siamo posti e farne sorgere delle nuove.

Virginia Porcelli




In mostra a Roma l’arte e la scienza

Fino al 27 febbraio 2022 il Palazzo delle Esposizioni di Roma ospita il progetto “Tre stazioni per Arte-Scienza”, articolato in tre diverse dimensioni: quello storico “La scienza di Roma. Passato, presente e futuro di una città”, quello artistico “Ti con zero” e quello della ricerca scientifica contemporanea con “Incertezza. Interpretare il presente, prevedere il futuro”, promosso da ROMA Culture e organizzato dall’Azienda Speciale Palaexpo con la collaborazione tra gli altri dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Accademia Nazionale dei Lincei e dalla Sapienza Università di Roma. L’iniziativa pone l’accento sul dibattito contemporaneo sul rapporto tra scienza e società, a partire dai cambiamenti climatici, la pandemia e il ruolo della possibilità che metodi e nuove istanze hanno determinato nella formazione e nelle nuove riflessioni scientifiche.Previste conferenze, lezioni e performance per stabilire un collegamento tra i vari saperi di scienza e arte, a favore della  partecipazione di diversi pubblici, a dimostrazione che la conoscenza non può fondarsi su certezze e separazioni disciplinari, ma deve praticare la dimensione della ricerca, luogo mobile, libero e incerto dove si incontrano scienza e arte.

Il titolo della mostra “Ti con zero”, tratto da un racconto di Italo Calvino, è una notazione matematica con cui si indica il momento iniziale di osservazione di un fenomeno ed è un punto di vista in cui possono incontrarsi conoscenza e immaginazione. I temi e i paradigmi dell’esposizione sono quelli della nostra contemporaneità: automatizzazione, riscaldamento globale, riconversione ecologica, modelli previsionali proposti da scienziati e istituti di ricerca che sfruttano le possibilità offerte dalla tecnologia, superando la contingenza della ricerca applicata con la forza immaginativa delle opere d’arte, per interpretare il futuro. Ed è proprio su scambio, dialogo e interazione tra questi due ambiti che gli artisti coinvolti nella mostra hanno fondato il loro percorso di ricerca: tra questi Tacita Dean, Agnes Denes, Giuseppe Penone, Adelita Husni-Bey, Albrecht Dürer, Nancy Holt.

Il percorso espositivo “La scienza di Roma Passato, presente e futuro di una città” evidenzia come la Capitale abbia dato spazio nel corso dei tempi a molteplici discipline attraverso scienziati del calibro di Galileo Galilei, Niccolò Copernico, Enrico Fermi, Guglielmo Marconi, Vito Volterra, per citarne solo alcuni; tra le discipline, aerospazio, agronomia, antropologia, astronomia, biologia, chimica, fisica, matematica, medicina. Obiettivo dell’esposizione è quello di raccontare la storia delle idee scientifiche e il loro impatto nella società attraverso i grandi scienziati che a Roma hanno lavorato e le grandi scoperte che qui sono state fatte.

Al centro della mostra “Incertezza. Interpretare il presente, prevedere il futuro” c’è il dubbio presentato al pubblico attraverso alcuni strumenti statistici e probabilistici che la scienza applica in vari ambiti: fisica, medicina, previsioni climatiche, ed anche sull’insicurezza sulla nostra vita, soprattutto in questa attualità pandemica. La mostra è suddivisa in sezioni tematiche che, attraverso dispositivi e installazioni multimediali, raccontano come la scienza intende comprendere la realtà e fare previsioni sui fenomeni naturali e sociali. In esposizione anche gli scritti di Galileo sul gioco dei dadi e una installazione immersiva attraverso cui il visitatore può conoscere da vicino il mondo delle particelle, uno dei concetti base della meccanica quantistica.

Per informazioni:https://www.palazzoesposizioni.it/




Ricerca sperimentale sugli embrioni

Le rivendicazioni della scienza

Il 18 febbraio 2016, in concomitanza con il decennale della morte di Luca Coscioni, si è tenuta presso una delle Sale del Senato un convegno riguardante la ricerca sugli embrioni e il relativo rapporto con la legislazione italiana. Grazie a tale iniziativa dell’associazione “Luca Coscioni” si è potuto affrontare questo controverso dibattito al quale hanno potuto intervenire diversi esponenti. La rivendicazione della libertà scientifica è una lotta che viene portata avanti da diverso tempo. Il nucleo centrale della questione ruota intorno alla “legge 40” del 19 febbraio 2004, legge fortemente ambigua che impone notevoli divieti e limitazioni ai ricercatori.

Per fare chiarezza su questo tema partiamo prima di tutto da una importante distinzione. Esistono due tipologie di embrioni: quelli ritenuti “idonei” per sostenere una gravidanza e quelli invece ritenuti “non idonei”. Quest’ultimi vengono destinati alla crioconservazione e non possono essere utilizzati per la sperimentazione. Per questo motivo i ricercatori italiani vengono costretti così a richiedere, invece, embrioni provenienti dall’estero.

Importante è anche definire cos’è un embrione e cosa non lo è. Oggetto della sperimentazione, infatti, è il cosiddetto “blastocisti” e non l’embrione che tutti comunemente conoscono. Esso corrisponde allo stadio pre-embrionale che si ha alle prime settimane di gravidanza. Di per sé non può considerarsi un individuo, ma solo un suo “progetto futuro”. Per merito del progresso e della ricerca scientifica, le blastocisti ora possono essere ricreate anche nei laboratori. Le staminali embrionali hanno la capacità di poter ricreare qualsiasi tessuto, a differenza di quelle adulte che, essendo già cellule specializzate, non hanno tale proprietà. Proprio per questa loro capacità, le staminali embrionali potrebbero essere utili alla ricerca scientifica per cure di malattie al momento inguaribili. Grazie alla ricerca si possono ottenere cellule con proprietà simili a quelle delle staminali embrionali, le cosiddette iPS. Per cui, sia le iPS che le staminali embrionali riescono a produrre più tessuti.

Citando le parole di Michele de Luca (direttore del CMR Università di Modena e co-Presidente dell’associazione “Lucacoscioni”) molte persone considerano che utilizzare le cellule embrionali sia “contro natura”. Agli occhi dei ricercatori questo invece rappresenta una nuova frontiera per la scienza e “contro natura” è invece vietare la ricerca sulle cellule embrionali per migliorare la vita altrui. Emma Bonino incolpa molto anche i mezzi di comunicazione, i quali spesso trasmettono un messaggio negativo sulla ricerca sperimentale. In Italia, inoltre, è molto avvertita l’influenza della Chiesa, che agisce in questo senso negativamente con il suo atteggiamento antiscientifico (sebbene lo Stato italiano si definisce nella costituzione uno “Stato laico”). Infatti, in molti altri Paesi la sperimentazione embrionale è possibile e le relative leggi risalgono anche a diversi anni fa.

E’ una tendenza comune pensare che ciò che sia “naturale” sia di conseguenza “buono” o “sano”. Queste parole non sono in realtà per niente sinonimi e non necessariamente ciò che è naturale è automaticamente una cosa positiva, buona o giusta. Il discorso bioetico è complicato ed è anche necessario che la scienza si ponga dei limiti. Si può condannare l’utilizzo delle staminali per curare gravi malattie? Vi invito a riflettere su tale argomento e, soprattutto, a scavare oltre le superficiali informazioni al riguardo.