Tintoretto: Il Genio Ribelle della Rinascita Veneziana

La Vita

Jacopo Robusti, noto come Tintoretto, è una delle figure più affascinanti e ribelli del panorama artistico della Venezia rinascimentale. Nato nel 1518, Tintoretto ha lasciato un’impronta indelebile nell’arte, con la sua straordinaria capacità di catturare l’intensità delle emozioni umane attraverso il colore e il dinamismo delle sue composizioni. In questo articolo, esploreremo la vita e le opere di questo maestro veneziano, analizzando il suo stile distintivo e il suo impatto duraturo sulla storia dell’arte.

Tintoretto visse in un periodo di fervente attività artistica a Venezia, città rinomata per la sua prosperità e la sua apertura alle influenze culturali. La sua formazione iniziò nella bottega del padre tintore, da cui derivò il suo soprannome “Tintoretto”. Tuttavia, la sua vera ispirazione venne dalla scoperta delle opere di Michelangelo e Tiziano, che lo spinsero a sviluppare uno stile unico e audace.

Lo Stile Distintivo di Tintoretto

L’arte di Tintoretto è caratterizzata da un’energia e un dinamismo straordinari. Le sue opere sono pervase da movimenti ardenti e drammatici, spesso con figure in pose contorte e illuminate da giochi di luce intensi. La sua abilità nel dipingere giochi di chiaroscuro, unita a una padronanza sorprendente del colore, conferisce alle sue opere un’atmosfera unica e coinvolgente. Il suo stile è un connubio di realismo e visione espressiva, rivelando una profonda comprensione delle emozioni umane.

Le Opere

 

“L’Ultima Cena”

Una delle opere più celebri di Tintoretto è “L’Ultima Cena”, situata nella Chiesa di San Giorgio Maggiore a Venezia. In questa rappresentazione unica dell’evento biblico, Tintoretto rompe con la tradizione, posizionando le figure in un’atmosfera carica di tensione e drammaticità. I personaggi sembrano in procinto di muoversi, catturando un momento di grande intensità emotiva.

“Il Paradiso”

Un’altra opera iconica è “Il Paradiso” nel Palazzo Ducale di Venezia. Questo affresco monumentale, rappresentante una visione celeste, è un capolavoro di dimensioni epiche. Le figure angeliche, le sfumature di colore e la prospettiva ardita conferiscono a quest’opera una grandiosità senza pari.

Eredità e Influenza

Nonostante le sue innovazioni e il suo spirito ribelle, Tintoretto ottenne grande riconoscimento durante la sua vita, diventando uno degli artisti più richiesti della sua epoca. La sua influenza si estese oltre i confini veneziani, influenzando generazioni successive di pittori. Il Caravaggio, ad esempio, si ispirò al suo uso audace del chiaroscuro.

Tintoretto rimane un gigante nell’ambito dell’arte rinascimentale veneziana, il cui spirito ribelle e innovativo ha lasciato un’impronta indelebile nella storia dell’arte. La sua capacità di catturare l’essenza umana con una tale intensità e la sua abilità tecnica straordinaria ne fanno uno dei maestri indiscussi dell’arte occidentale. Attraverso le sue opere, Tintoretto ci invita a esplorare l’umanità in tutte le sue sfaccettature, dimostrando che la vera grandezza artistica risiede nell’abilità di cogliere l’essenza dell’esperienza umana.




Pietro da Cortona: Maestro del Barocco Italiano

 

Nel cuore del Barocco italiano, un nome risplende tra gli artisti di questo movimento artistico: Pietro da Cortona.
Nato Pietro Berrettini a Cortona, in Toscana, nel 1596, da Cortona ha lasciato un’impronta indelebile nell’arte europea del XVII secolo.

Conosciuto per le sue opere magnifiche e grandiose, Pietro da Cortona è celebrato come uno dei principali maestri del Barocco italiano, e la sua influenza si estende ben oltre i confini del suo tempo.

Pietro da Cortona crebbe in un ambiente artistico e si formò sotto l’ala protettiva di alcuni dei più grandi maestri dell’epoca.

Il suo apprendistato presso il pittore fiorentino Andrea Commodi e lo scultore Baccio Ciarpi lo introdusse alla tradizione artistica rinascimentale, ma fu a Roma, dove si trasferì nel 1612, che la sua carriera prese una svolta significativa.

L’Influenza del Classicismo

In un’epoca in cui l’arte barocca era dominata da opere ad effetto, Cortona integrò il classicismo rinascimentale nella sua produzione, creando opere che combinavano magnificenza scenografica e grazia classica.

Il suo capolavoro, la Galleria degli Uffizi a Firenze, rappresenta una perfetta fusione di questi due stili.

Le pareti dipinte della galleria presentano scene mitologiche e allegoriche incorniciate da elementi architettonici illusionistici. Cortona utilizzò la tecnica del trompe-l’oeil per creare illusioni di profondità e tridimensionalità, trasformando il soffitto in un cielo aperto e dando vita alle storie raffigurate.

L’Eredità Artistica

L’influenza di Pietro da Cortona si diffuse in tutta Europa, influenzando artistisuccessivi come Gian Lorenzo Bernini e i pittori barocchi francesi.

La sua capacità di creare opere grandiose e affascinanti rese la sua arte molto ricercata anche al di fuori dell’Italia. I suoi dipinti e affreschi continuano a essere oggetto di ammirazione e studio per gli amanti dell’arte di tutto il mondo.

Pietro da Cortona è stato uno dei grandi maestri del Barocco italiano, la cui eredità artistica persiste ancora oggi.

La sua abilità nel combinare il classicismo con la grandiosità barocca lo ha reso un pioniere nel campo dell’arte illusionistica e scenografica.

Le sue opere rimangono esempi straordinari di come l’arte possa unire bellezza, teatralità e profondità emotiva.
Pietro da Cortona è senza dubbio una figura di spicco nella storia dell’arte italiana e mondiale, e il suo lascito continuerà a ispirare le generazioni future di artisti e amanti dell’arte.

 




Perugino all’alba del Rinascimento

Piero di Cristoforo Vannucci, meglio conosciuto come Perugino, rappresenta un pilastro fondamentale del Rinascimento italiano.
Nato a Città della Pieve, in Umbria, nel 1446, da umili origini, avrebbe in seguito conquistato le corti di Firenze e del Vaticano, divenendo una delle figure artistiche più influenti del suo tempo.

Il contesto storico

Il XV secolo, l’epoca di Perugino, fu un periodo di grande cambiamento culturale e artistico in Italia.
Era l’alba del Rinascimento, un’era in cui gli artisti si allontanavano dall’arte gotica medievale e si orientavano verso una rappresentazione più realistica e naturalistica del mondo.
Questo era un tempo di scoperta e rinascita dell’interesse per la scienza, la filosofia e le arti dell’antica Grecia e Roma.

Perugino ricevette la sua formazione artistica a Firenze, dove entrò a far parte della bottega di Andrea del Verrocchio. Qui, imparò le tecniche dell’arte rinascimentale, tra cui l’uso della prospettiva lineare e il chiaroscuro. Questi strumenti gli permisero di creare opere che mostravano profondità e realismo sorprendenti.

La carriera di Perugino

Perugino ha avuto un percorso artistico straordinario che l’ha visto operare in varie regioni dell’Italia.
Durante il suo periodo fiorentino, ottenne riconoscimenti per le sue abilità tecniche e per l’innovazione nell’uso della prospettiva.
A Roma, fu uno degli artisti selezionati per dipingere la Cappella Sistina, un riconoscimento che lo poneva tra i migliori artisti del tempo.

Le opere

Una delle opere più emblematiche di Perugino è “Il Battesimo di Cristo”, conservato nella Galleria Nazionale dell’Umbria.
L’opera rappresenta il tipico stile di Perugino, con figure delicate, un paesaggio sereno e l’uso di colori pastello.

Un altro capolavoro di Perugino è “La consegna delle chiavi a San Pietro”, uno degli affreschi nella Cappella Sistina.
Questa scena biblica è raffigurata con dettagli intricati e precisione, dimostrando la maestria di Perugino nel disegno e nella composizione.
L’opera è famosa per la sua prospettiva lineare, con un pavimento a scacchiera che scompare all’orizzonte, dando l’illusione di spazio tridimensionale.

Infine, “L’Adorazione dei Magi”, conservata nella Galleria degli Uffizi a Firenze, è un altro esempio significativo dell’arte di Perugino.
L’opera, ricca di dettagli minuziosi e simbolismi religiosi, esprime la profonda devozione dell’artista e la sua sensibilità per la luce e il colore.

Conclusione

Perugino, con il suo stile distintivo e le sue innovazioni tecniche, ha segnato una tappa importante nella transizione dall’arte medievale all’arte rinascimentale. Le sue opere continuano a ispirare e ad affascinare per la loro bellezza e la loro serenità.
Nonostante i cambiamenti nel mondo dell’arte e nella società, l’eredità di Perugino perdura, testimoniando il suo talento e la sua influenza sulla cultura italiana e sulla storia dell’arte.




La Cappella Sistina

La celebre Cappella Sistina viene costruita molto tempo prima dell’arrivo di Michelangelo a Roma.

Infatti fu Papa Sisto IV a commissionare nel 1477 la commissione della cappella in Vaticano.
La sua idea era quella di chiamare i più grandi artisti umbro toscani per decorare quella che diventerà il luogo dell’elezione dei successivi papi dal quel momento fino ad oggi.


Ma chi chiama?
Alcuni tra i nomi più celebri della storia dell’arte rinascimentale: Botticelli, Ghirlandaio, Pinturicchio e Perugino. La Cappella Sistina, già dalla sua nascita, dunque, è un capolavoro.

Tuttavia, molti anni dopo, Papa Giulio II – il Papa che darà avvio anche al cantiere di San Pietro – chiama Michelangelo per far ridipingere la volta della cappella.

Tutto il soffitto era affrescato da Piermatteo d’Amelio ed era decorato con un cielo stellato.
Giulio II, che già conosceva il Buonarroti avendogli commissionato la sua tomba, decide di richiamarlo per questo grande e prestigioso incarico.

Michelangelo accetta, pur sapendo che non è il suo campo: egli è infatti ormai famoso per le sue doti scultoree. Non che non avesse già dipinto dei capolavori!

Infatti, nel 1504, su commissione di Agnolo Doni aveva dipinto un bellissimo tondo rappresentante una Sacra Famiglia, il cosiddetto “Tondo Doni”.

È il 1508. Michelangelo, con una troupe di artisti fiorentini, inizia a dipingere la prima metà della volta della Cappella Sistina partendo al contrario, ovvero dall’ingresso fino alla metà del soffitto.

Le prime prove di affresco risultano un disastro: la pittura si stacca, fa muffa, non regge. Michelangelo, già sconfortato e stressato per l’incarico, vuole ritirarsi.

Interviene però Antonio da Sangallo a rincuorarlo: è solo un problema tecnico, spiega, dato che la preparazione dell’intonaco per l’affresco è diverso tra Firenze e Roma.

Michelangelo ricomincia perciò da capo, licenziando la sua equipe fiorentina e iniziando a lavorare sempre più in solitudine su quegli altissimi ponteggi.

Lo schema è ben preciso: al centro, le nove scene della Genesi formate da 4 riquadri maggiori e 5 minori; nei pennacchi si trovano i veggenti, sette Profeti e cinque Sibille; nella cornice, figure di ignudi.

La struttura è così ben concepita che tutti i personaggi hanno un loro spazio preciso e una loro pesantezza. È perfetto.

Tuttavia, nel 1510 c’è un rallentamento nei lavori. Michelangelo si ferma per quasi un anno, riprendendo l’opera nel 1511.

Le differenze tra la prima metà e la seconda, ripresa dopo l’interruzione, sono quasi formidabili.
Michelangelo ha preso completamente dimestichezza nel lavoro, non disegna nemmeno più i suoi soggetti su un cartone preparatorio.

 


La mano è più veloce, sicura, il colore si fa più denso, cambia anche il cromatismo.

Le figure diventano più monumentali senza neanche più il bisogno di misurare le proporzioni: semplicemente, Michelangelo traccia sull’intonaco fresco qualche linea guida e poi inizia a dipingere, senza studiare prima il progetto.

Conclude così, nel 1512, la volta della Cappella Sistina, dove probabilmente è racchiusa la scena più famosa al mondo, che lo ha reso celebre nel globo: la Creazione di Adamo.

Michelangelo, in quel momento, è diventato il maestro che tutti noi oggi conosciamo: il Divino.




Leonardo da Vinci

Leonardo da Vinci è stato uno dei più grandi geni della storia, un artista, scienziato e inventore che ha segnato il Rinascimento italiano e la cultura europea del XV e XVI secolo.

Nato a Vinci, vicino a Firenze, nel 1452, ha trascorso gran parte della sua vita tra Firenze, Milano e infine la Francia, dove è morto nel 1519.

Leonardo ha studiato arte, anatomia, matematica, scienza e filosofia, e ha lavorato per alcuni dei più grandi mecenati dell’epoca, tra cui i Medici, i Sforza e Francesco I di Francia.

La sua curiosità e il suo spirito innovativo lo hanno portato a esplorare molti campi diversi, e le sue opere, tra cui dipinti come La Gioconda e L’Ultima Cena, oppure disegni come l’Uomo Vitruviano, e invenzioni come il paracadute e la bicicletta, hanno segnato un punto di svolta nella storia dell’arte e della scienza.

Il suo lavoro ha influenzato la cultura occidentale per secoli e le sue opere continuano a ispirare artisti e scienziati di oggi. In questo articolo, esploreremo alcune delle sue opere più famose e il loro significato.

La Gioconda

 

Forse la più famosa delle opere di Leonardo, La Gioconda (o Monna Lisa) è un ritratto della moglie di un mercante fiorentino, Francesco del Giocondo.
L’opera è un capolavoro di sfumatura graduale del colore e nell’uso della tecnica della “prospettiva aerea”, che Leonardo utilizza per creare i suoi bellissimi panorami.
Questo quadro divenne famosissimo nel 1911: infatti fu il primo quadro ad essere rubato da un museo! Fu ritrovata due anni dopo, quando il ladro andò a Firenze per rivenderla.

 

 

 

La Vergine delle Rocce

La Vergine delle Rocce è un dipinto a olio che raffigura la Vergine Maria con il bambino Gesù e San Giovanni Battista.
Leonardo ha creato due versioni dell’opera, una che si trova nella National Gallery di Londra e l’altra nel Louvre di Parigi.
L’opera è nota per la sua profonda prospettiva, l’uso di sfumatura e la rappresentazione di una natura suggestiva e dettagliata.

 

 

 

L’Uomo Vitruviano

L’Uomo Vitruviano è un disegno che rappresenta l’uomo in due posizioni sovrapposte: una in piedi con le braccia e le gambe distese, e l’altra con le braccia e le gambe piegate. Il disegno è accompagnato da note su proporzioni umane e ideali di Vitruvio, un architetto romano del I secolo a.C. Leonardo ha utilizzato il disegno per esplorare la relazione tra l’uomo e l’universo, e la sua importanza nella comprensione della geometria e della proporzionalità.

 

 

L’Ultima Cena

Dipinto tra il 1495 e il 1498 per il refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie a Milano, l’opera raffigura l’ultima cena di Gesù con i suoi discepoli, poco prima della sua cattura e della sua morte. La scena è con una particolare tecnica che non può essere chiamato “affresco”, bensì una tecnica sperimentale che proprio per questo ha decretato la fragilità dell’opera.
Subito soggetta a numero restauri, l’opera ci si presenta oggi “ripulita” grazie al restauro del 1977 condotto da Pinin Brambilla Barcilon.

 

 

Queste sono solo alcune delle opere più famose di Leonardo da Vinci, ma il suo lavoro si estende su molte altre forme d’arte e scienza, tra cui la scultura, l’architettura, la musica, la botanica e l’anatomia.

Il lavoro di Leonardo da Vinci ha avuto un enorme impatto sulla cultura occidentale e la sua influenza continua a essere sentita oggi.

L’arte di Leonardo è nota per la sua bellezza, la sua precisione scientifica e la sua profondità di pensiero, il che lo rende uno dei grandi tesori dell’umanità.




Giotto, artista medioevale.


Giotto di Bondone è stato un pittore e architetto italiano vissuto tra il 1267 e il 1337.
È considerato uno dei più grandi artisti dell’epoca medievale e uno dei precursori del Rinascimento.

La sua arte ha influenzato molti artisti successivi e ha stabilito nuovi standard per la rappresentazione della figura umana e della natura.

Tra le sue opere più famose ci sono le affreschi nella Basilica di San Francesco ad Assisi e la Cappella degli Scrovegni a Padova.

Inoltre è conosciuto per le decorazioni della Basilica di Santa Croce a Firenze e per le sue opere a Bologna e Napoli.

Giotto è stato uno dei primi artisti a rompere con la tradizione bizantina dominante nell’arte italiana del XIII secolo, creando opere più realistiche e naturalistiche.

Ha introdotto un nuovo modo di rappresentare la figura umana, dando maggiore importanza all’espressione e al movimento, e ha creato scene più plausibili, in cui i personaggi sembravano essere parte di un ambiente reale.

Inoltre, Giotto ha lavorato come architetto e scultore, progettando e costruendo diverse chiese e palazzi, tra cui la Basilica di Santa Croce a Firenze ed il cosiddetto Campanile di Giotto.

La sua influenza sull’arte italiana e sull’arte europea in generale è stata enorme, e molti artisti successivi hanno cercato di imitare o emulare il suo stile.

 

La Cappella degli Scrovegni a Padova

 

Le sue opere più famose sono gli affreschi nella Cappella degli Scrovegni a Padova, in cui ha dipinto una serie di scene della vita di Cristo e della Vergine.

Questi affreschi sono considerati tra i capolavori della pittura medievale e sono stati descritti come “il primo grande passo verso la pittura moderna” per la loro naturalezza e realismo.

La Cappella degli Scrovegni è una cappella privata situata nella città di Padova, in Italia. Fu costruita all’inizio del XIV secolo per Enrico Scrovegni, un ricco banchiere e commerciante, e fu decorata con un ciclo di affreschi realizzati da Giotto tra il 1303 e il 1305.

Il ciclo di affreschi della Cappella degli Scrovegni è considerato uno dei capolavori di Giotto e uno dei massimi esempi di pittura del periodo medievale.

Il ciclo è composto da 38 scene che raccontano la vita di Cristo, la vita della Vergine e la vita dei santi, insieme a una serie di raffigurazioni allegoriche e simboliche.

E’ stato dipinto utilizzando la tecnica ad affresco, in cui i pigmenti sciolti in acqua vengono applicati su una base di intonaco fresco, che permette di utilizzare colori puri e intensi e di creare una sensazione di profondità e tridimensionalità.

Giotto utilizzò una prospettiva nuova, molto più naturale e realistica rispetto a quella tradizionale, e una grande attenzione ai dettagli, alle espressioni e ai movimenti dei personaggi.

La Cappella degli Scrovegni è aperta al pubblico e attualmente è protetta da un sistema di climatizzazione e di illuminazione artificiale per preservare gli affreschi. E’ stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 2002.

San Francesco ad Assisi

Gli affreschi di San Francesco ad Assisi sono una serie di dipinti murali realizzati da Giotto tra il 1297 e il 1300 nella Basilica Superiore di San Francesco d’Assisi.

Questi affreschi rappresentano scene della vita di San Francesco d’Assisi e sono considerati tra le opere più importanti del Medioevo.

 

Le scene dipinte da Giotto nella Basilica Superiore di San Francesco d’Assisi sono divise in quattro serie: la Vita di San Francesco, la Vita di Cristo, la Vita della Vergine e la Vita dei Santi.

La serie della Vita di San Francesco comprende 22 scene che descrivono la vita del santo, dal suo battesimo fino alla sua morte.

Giotto ha rappresentato San Francesco come un uomo, con espressioni emotive e movimenti naturali, creando una forte relazione tra il personaggio e lo spettatore.

Gli affreschi di Giotto ad Assisi sono stati una fonte di ispirazione per molti artisti successivi, tra cui il famoso pittore e scultore italiano Donatello.
Anche questi affreschi sono stati dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 2000.




Il David di Donatello

Prima del celeberrimo David di Michelangelo, esisteva un David altrettanto importante ma passato alla storia come un’ombra del primo.

Il David di Donatello è una scultura bronzea del 1440 ca. (in un arco temporale che va dal 1427 al 1460), simbolo ed emblema del Quattrocento italiano.

Il David è la prima scultura a tutto tondo di un nudo dai tempi delle sculture classiche romane.

 

 

Storia espositiva

Donatello realizza quest’opera per il cortile di Palazzo Medici a Firenze su commissione di Cosimo de’ Medici, ed infatti è testimoniata al centro del cortile già dal 1469, durante le nozze di Lorenzo de’ Medici con Clarice Orsini.

Il David però doveva apparire un po’ differente da come è oggi: infatti le fonti (tra cui Vasari) attestano una base marmorea, perduta, di Desiderio da Settignano.

Durante la cacciata dei Medici, l’opera fu rubata dalla folla e portata a palazzo Vecchio come simbolo della libertà repubblicana, ma con il ritorno di Cosimo I il David fu collocata in una nicchia esterna nella facciata del palazzo.

Successivamente il David viaggia ancora un po’ per Firenze: prima, venne spostato su un camino di una sala di Palazzo Pitti; poi, nel 1777 fu trasportato agli Uffizi, dove fu collocato da Luigi Lanzi nella sala delle sculture moderne.

Infine, il suo viaggio di conclude con l’approdo al Museo nazionale del Bargello, dove si trova tutt’oggi.

 

Descrizione

Ma cosa rappresenta questa famosissima statua?

La storia di Davide e Golia è una delle più famose della Bibbia: il pastorello Davide, armato di una fionda, uccide il gigante Golia, soldato dei Filistei in guerra contro il popolo di Israele.

La statua rappresenta il momento il cui l’eroe, Davide, con tutti gli attributi che lo descrivono (la testa di Golia ai piedi e la spada) trionfa sul nemico sconfitto.

C’è però un elemento anomalo: Davide porta sulla testa un copricapo insolito, un cappello a punta con una ghirlanda di alloro, mentre i piedi sono foderati da lunghi calzari. Questi elementi, ad un primo impatto, lo fanno sembrare un Mercurio alato.

A differenza delle statue classiche romane – pur rispettato la statuaria di Prassitele – il corpo risulta molto più armonioso e naturalistico. In più, non esiste un solo punto di vista adatto all’osservazione: questa è una scultura progettata a tutto tondo, bisogna dunque ruotarci attorno per avere una visione d’insieme e cogliere ogni dettaglio.

 

Il restauro

Un recente restauro del 2007 ha messo in luce delle tracce di doratura superstiti in alcuni punti della statua.
Così, al termine del restauro si è deciso di eseguire una copia che ne mostra il possibile aspetto originario e di esporla temporaneamente accanto all’originale.




I Tarocchi del Mantegna

I Tarocchi

 

I tarocchi apparvero attorno alla metà del XV secolo nel nord Italia come carte da gioco.

Erano 78 carte, chiamate “trionfi”, e pare fossero utilizzate come gioco da tavola anche se purtroppo non se ne conoscono le regole.

Solamente nel XVIII secolo i tarocchi acquisirono l’accezione esoterica che tutti noi conosciamo: attraverso lo studio di due francesi, Antoine Court de Gébelin che li fece risalire all’antico Egitto ed Eliphas Lévi, che invece li ritenne originari della Cabala ebraica, i tarocchi vennero più generalmente associati all’esoterismo e allo pseudomisticismo.

Tuttavia, non si hanno dati certi sulla loro origine.

 

 

 

I tarocchi più antichi: Andrea Mantegna

 Si sa, però, che i mazzi di carte più antichi a noi pervenuteci risalgano al Rinascimento italiano.

La più antica serie di tarocchi è oggi custodita nella Biblioteca Ambrosiana di Milano: sono i Tarocchi del Mantegna.

Esso rappresenta il caso più antico e più misterioso tra le serie di stampe rinascimentali.
Queste carte sono state generalmente attribuite al pittore Andrea Mantegna, ma recenti studi hanno tolto la paternità all’artista attribuendola però al suo stesso ambiente.

In realtà, nonostante la somiglianza ed il nome attribuitogli, non è un mazzo di tarocchi bensì uno strumento educativo.

 

All’interno di questo mazzo è rappresentato un piccolo cosmo in miniatura e contiene in sé tutta la concezione universale del mondo nell’ottica medievale.

Esso comprende cinquanta carte divise in cinque sequenze, da dieci carte ciascuno, e ad ogni gruppo è associato un tema: le condizioni umane, Apollo e le muse, le arti e le scienze liberali, i principi cosmici e le virtù cristiane ed infine i pianeti, le sfere celesti e Dio.

Si tratta, perciò, di un sistema universale da cui il piccolo uomo si trova integrato del più grande e vasto disegno divino del Signore.

A questo modo, l’uomo che si trovava ad osservare queste carte poteva venire a conoscenza delle più alte virtù umane e del funzionamento dell’universo, così come delle arti e delle scienze.

 

 

 

Ma se l’intento per il quale queste carte furono commissionate fosse stato a scopo didattico, perché sono giunte a noi ritagliate singolarmente come carte da gioco?


E’ possibile supporre che questi particolarissimi tarocchi, unici nel loro genere, fossero stati creati per poter essere utilizzati?

E se sì, quale potrebbero essere le regole di un gioco nel quale i protagonisti sono tutti i sentimenti umani e i massimi sistemi solari?

Non ci sono pervenuti documenti relativi ad altri giochi di carte con il medesimo soggetto: è dunque necessario scartare questa ipotesi.

È possibile, invece, che si volesse tradurre in immagine un tema molto caro al Medioevo, presente anche in Dante, ovvero il microcosmo e il macrocosmo messi in relazione all’interno di un unico universo.




L’ultima opera di Raffaello: La Trasfigurazione

L’Ultima opera di Raffaello: La Trasfigurazione

Raffaello fu il più grande pittore della Roma Cinquecentesca, conosciuto da tutti come il “Divino”.
Urbinate di nascita, fu adottato nella Roma papale grazie ai numerosi incarichi che si trovò a coprire nel Palazzo Vaticano, essendo diventato l’artista preferito dal papa, Giulio II, il quale gli affidò la creazione delle cosiddette Stanze di Raffaello.

Storia della Pala

 

Era il 1516 quando il cardinale Giulio de’ Medici commissionò contemporaneamente a Raffaello e a Sebastiano del Piombo due tavole per la cattedrale di Narbona con soggetto la Trasfigurazione di Cristo e la Resurrezione di Lazzaro.
La tavola di Raffaello, però, non raggiunse mai la Francia.

Fu anzi posta sull’altare di San Pietro in Montorio. Nel 1798 ha inizio il suo travaglio: fu confiscata durante le spoliazioni napoleoniche e portata a Parigi, dove restò fino al 1815 quando Antonio Canova, su ordine del Papa, la riportò in Vaticano.

 

 

 

 

La Trasfigurazione

 

Il dipinto di Raffaello si configura come un capolavoro di brillantezza, luminosità e composizione.

Nella pala vengono accostati per la prima volta due episodi trattati nei Vangeli attraverso una struttura iconografica del tutto innovativa.

La pala è divisa in due registri: nella parte superiore, gli apostoli Pietro, Giovanni e Giacomo assistono alla trasfigurazione di Gesù, ovvero il momento in cui egli mostra loro il Suo aspetto divino, con i profeti Mosè ed Elia sul Monte Tabor.

 

 

Nella parte inferiore, più complessa e movimentata, viene trattato invece il momento subito successivo alla Trasfigurazione, quello chiamato nei vangeli “la guarigione dell’ossesso” poiché trattata della miracolosa guarigione di un ragazzo indemoniato da parte di Gesù.

Tuttavia, nel dipinto il ragazzo non è guarito, anzi: si agita e volta gli occhi all’indietro nel pieno di una crisi.

Questo perché non va letta l’opera come una successione di eventi, come spesso è stata fraintesa, ma come una concomitanza di azioni.

Per leggere correttamente l’opera, dunque, vanno messi in collegamento  i due momenti: mentre Cristo è sul Monte Tabor, i restati apostoli sono riuniti attorno ad un giovane indemoniato nel tentativo di liberarlo.

I discepoli, però, peccano di mancanza di fede e falliscono nel soccorrere il ragazzo. Solamente Gesù sarà in grado di guarirlo.

 

La morte di Raffaello

Raffaello tuttavia non riuscì a terminare l’opera, poiché morì a soli 37 anni.

Attorno alla morte del Divin maestro girarono, sin da subito, numerosissime leggende: Marcantonionio Michiel racconta nei suoi diari che al momento della morte di Raffaello il cielo si oscurò e le pareti della casa si creparono. Degli oscuri presagi di sapore molto evangelico.

Infatti, caso vuole che il Raffaello nacque il 6 aprile 1483, un Venerdì Santo, e morì il 6 aprile del 1520 sempre un Venerdì Santo.

Agli occhi dei più, questa coincidenza di date sembrava un segno esplicito della natura divina dell’artista.

Come non poter collegare la scomparsa dell’artista a quella del Cristo?

Difatti, l’immensa pala della Trasfigurazione, rimasta incompiuta, fu posta sul letto di morte di Raffaello.
In molti accorsero a visitare la camera mortuaria e ad ammirare il suo ultimo capolavoro. Tra questi, anche Giorgio Vasari, che disse “la quale opera, nel vedere il corpo morto e quella viva, faceva scoppiare l’anima di dolore a ognuno che quivi guardava.”

 

La morte di Raffaello, ad oggi, resta un mistero.




Antonello da Messina: Il Genio Rinascimentale della Pittura

Antonello da Messina, uno dei più celebri pittori italiani del Rinascimento, ha lasciato
un’impronta indelebile nel panorama artistico con le sue opere iconiche che incarnano
l’essenza stessa dell’epoca.

La sua maestria nel dipingere ritratti e scene sacre ha
catturato l’attenzione di generazioni di ammiratori dell’arte.

Esaminiamo alcune delle sue principali opere, testimonianza di un talento straordinario che ha influenzato l’arte europea per secoli.

Ritratto d’uomo (1475-1476)
Questo ritratto è senza dubbio uno dei capolavori più celebri di Antonello da Messina.
Esprime la profonda conoscenza dell’anatomia umana e la padronanza nel catturare
l’espressione individuale.
Il soggetto, con uno sguardo penetrante e un volto illuminato da una luce soffusa, risplende come un’icona di eleganza e mistero.

Antonello ha sapientemente utilizzato la tecnica ad olio, una delle prime adottate in Italia, per creare una resa realistica e una profondità straordinaria.

Crocifissione(1454-1458)
Quest’opera, simbolo della spiritualità del Rinascimento, esemplifica la maestria di
Antonello nell’esplorare temi sacri.
La Crocifissione rappresenta il sacrificio di Cristo in modo potente ed emotivo.
L’uso abile della prospettiva e della luce conferisce all’opera una profondità tridimensionale, trasportando lo spettatore direttamente nella scena.

Antonello dimostra qui la sua abilità nell’interpretare soggetti religiosi con una raffinatezza e una precisione sorprendenti.

San Girolamo nello studio(1460)
Questo dipinto è un’opera emblematica di Antonello, che dimostra il suo impegno nell’evocare l’intelletto l’umanità attraverso l’arte.
La rappresentazione di San Girolamo, uno dei padri della Chiesa, è dettagliata e
profonda, riflettendo l’isolamento e la meditazione del santo.
Antonello è riuscito a trasmettere l’essenza dell’uomo nel suo ambiente di studio, con la luce che gioca su oggetti e tessuti, creando un’atmosfera vibrante e coinvolgente.

Annunciata(1474-1476)
Quest’opera, conosciuta anche come Annunciazione, è un esempio eloquente della
maestria di Antonello nel ritrarre temi religiosi. La rappresentazione dell’Angelo Gabriele e della Vergine Maria è delicata e raffinata. Antonello utilizza la luce in modo magistrale per delineare i dettagli e creare un’atmosfera di sacralità e misticismo.
I colori tenui e la composizione bilanciata enfatizzano la purezza e la grazia della scena.

Conclusioni
Antonello da Messina è stato un pioniere nel mondo della pittura rinascimentale italiana,
contribuendo in modo significativo all’evoluzione delle tecniche pittoriche e
dell’espressione artistica.
Le sue opere continuano a ispirare e ad affascinare gli
appassionati d’arte di tutto il mondo, attraverso la loro bellezza intrinseca e il loro richiamo emotivo. La profondità e la raffinatezza dei ritratti e delle opere sacre di Antonello da Messina rimangono un tesoro inestimabile nel panorama artistico, un’incantevole finestra sul Rinascimento italiano e sulla sua genialità creativa.