GEMELLAE di Silvia De Felice

Racconto tratto dalla raccolta Voci Nuove 7 a cura di Daniele Falcioni

 

Dei raggi polverosi filtravano come lance tra gli spicchi di Sangallo dei lini della nonna, e Margherita osservava, materna, tutte quelle brossure colorate, incastrate a forza nella libreria. Ci si perdeva in quei titoli, alcuni amati alla follia, altri appena tollerati. Ogni tanto li sfiorava e cercava di ricordare le pagine lette da poco o da molto. Poi, c’era la pila sul comodino: Alda Merini e Poesie d’amore di Nazim Hikmet, da leggere e rileggere. Altri libri languivano aspettando le sue attenzioni, e gli ultimi due acquisti: un libro da finire e il nuovo da iniziare, già pronto. Se avesse potuto, avrebbe sparso i suoi libri in tutte le stanze; ma pur di non discutere con chi non capiva, li aveva relegati in camera da letto. Se se ne fosse andata, pensava, avrebbe dovuto lasciarli lì. Un altro dispiacere da sopportare.

 

Qualche giorno prima, Margherita stava leggendo le ultime pagine di Anna Karenina, lo aveva iniziato da mesi e finalmente era sul finale… “Mamma, mamma!” la chiamarono all’improvviso le gemelle.

“Eccomi, arrivo. Lo so, è ora di cena, preparo subito”.

Il richiamo delle figlie riscosse Margherita dalla sua lettura, e lei, un po’ a malincuore, le raggiunse. Ancora si stupiva quando sentiva quelle due voci dallo stesso tono, sincrone al punto da fondersi tra loro. Patty e Ludo vivevano in simbiosi, e spesso tutto ciò che pronunciavano, domande e risposte incluse, sembrava provenire da un’unica persona. Erano speciali, le gemelle, e non solo perché erano figlie sue, lei lo sentiva proprio che erano speciali. Quella notte senza luna di otto anni prima, quando erano venute alla luce una dietro l’altra, il loro primo vagito aveva risuonato in sala parto come se fosse un unico pianto.

Dalla cucina le osservava spesso intente a disegnare, a volte sul tavolo, altre sdraiate sui tappeti, immerse tra fogli e pastelli colorati. Raramente disegnavano in camera loro: preferivano avere la madre molto vicina. Margherita, negli anni, aveva riempito la libreria delle bambine di libri adatti alla loro età e a loro leggeva fiabe la sera, prima che si addormentassero nel letto a una piazza e mezza che aveva dovuto acquistare perché Patty e Ludo non potevano e non volevano dormire in lettini separati. Quei libri però rimanevano al loro posto, le gemelle amavano che la madre leggesse le fiabe e i racconti, ma preferivano disegnare, sempre e in ogni luogo. Per fortuna lei adorava le borse grandi, c’era posto per blocchi di fogli e scatole con matite colorate, oltre a qualche snack per le bambine. Margherita aveva sempre timore che avessero fame: le gemelle mangiavano pochissimo durante i pasti principali, e quando uscivano lei si premurava di avere qualcosa per loro da sgranocchiare.

Quando era rimasta incinta, lui non aveva fatto salti di gioia: aveva accettato la gravidanza come un dato di fatto. Poi, alla notizia che sarebbero state in due, aveva vacillato un po’. Patty e Ludo non avevano neanche compiuto due anni quando se ne era andato di casa, inizialmente con la scusa di un incarico importante al “Polo di matematica e fisica” di Pisa. Ammise che la vita da padre non era per lui, aggiungendo che la sua mente matematica aveva bisogno di spazio, silenzio e tranquillità.

“Mammina, è pronto?”

Patty e Ludo la stavano osservando dalla porta della cucina, chissà se era riuscita a nascondere i suoi pensieri. Margherita amava cucinare, comprava frutta, verdura e uova da una contadina al mercato dietro casa; pochissima carne, il pesce e i formaggi li comprava solo se poteva controllarne effettivamente la provenienza. Per quella sera: minestra di patate e frittata; per dessert, una macedonia tiepida. Le gemelle non toccavano il cibo crudo, pochissime eccezioni per la frutta, ma Margherita doveva insistere parecchio. “Non vogliamo mangiare ciò che ancora è vivo” le dicevano, e questo includeva anche i prodotti della terra. Alle obiezioni materne rispondevano che la frutta e la verdura nascono, crescono e muoiono come gli animali, quindi vivono finché non vengono cotte. Margherita faticava a rispondere alle domande che nascevano dai ragionamenti articolati delle due gemelle. La loro mente era in continuo movimento, più dei loro corpi.

Dopo cena e dopo aver sistemato tutto, Margherita mise le bambine a letto, lesse per loro qualche pagina da La gabbianella e il gatto di Sepulveda, le baciò e finalmente tornò nella sua camera, dove i suoi libri la aspettavano da ore.

La mattina seguente, dopo aver accompagnato le figlie a scuola, decise di fermarsi dall’amica parrucchiera per accorciare un po’ il suo taglio a caschetto. In attesa del proprio turno, mentre  sfogliava distrattamente una rivista, il suo sguardo fu attirato da un articolo a fondo pagina. Il titolo era I gemelli e i numeri, e raccontava di una coppia di gemelli autistici i cui comportamenti erano stati esaminati durante un controllo ospedaliero. I ragazzi, mentre parlavano tra loro, si scambiavano numeri e si sorridevano l’un l’altro. Analizzando poi questi numeri era venuto fuori che si trattava di numeri primi, grandi numeri primi. Margherita non aveva potuto finire di leggere perché chiamata al lavaggio, le era rimasta però una certa curiosità. Finita la piega, pagò e tornò a casa.

Aveva deciso di dedicarsi alla camera delle bambine, rifare il letto e iniziare il cambio del guardaroba: novembre era quasi finito, e le previsioni davano per imminente un brusco calo delle temperature. Era molto meticolosa per ciò che riguardava Patty e Ludo, mentre le altre faccende domestiche venivano rimandate il più possibile. Le finestre aperte, il vento sollevava minuscoli granelli di polvere resi iridescenti dal sole, fogli e foglietti lasciati dappertutto, che Margherita era quasi costretta a rincorrere. Mentre dava loro un’occhiata distratta per capire se fossero da buttare o da conservare, la sua attenzione venne catturata da un paio di fogli senza disegni. C’erano scritti solo dei numeri. Ne fu incuriosita, decise di metterli da parte e di finire di sistemare.

Mentre riordinava le venne in mente il giorno in cui aveva conosciuto Alessandro: era in fila per ritirare il diploma di laurea all’università, un attimo di disattenzione e le erano caduti borsa e occhiali; mentre si inginocchiava per raccoglierli, il suo sguardo aveva incrociato un paio di occhi verdi e curiosi. Il tempo di un ringraziamento e un sorriso e si erano ritrovati a passeggio insieme, poi un aperitivo seguito da tante parole e un bacio sotto casa. Dopo pochissimo andarono a vivere insieme; i suoi genitori avrebbero voluto un matrimonio in grande stile, ma loro si erano accontentati di un doppio sì davanti al messo comunale, e poi via in Messico. I primi tempi avevano vissuto come in una fiaba, poi l’abitudine e infine la gravidanza avevano messo fine a quello che lei aveva creduto essere l’amore della sua vita.

Immersa nei ricordi, Margherita finì di sistemare. Aveva quasi dimenticato quei due fogli messi da parte sulla scrivania, ma un altro soffio di vento li sollevò e finirono a terra, risvegliando così la sua attenzione. Guardò l’orario per vedere quanto tempo le rimaneva prima che Patty e Ludo uscissero da scuola: un’ora abbondante. Si sarebbe concessa una mezz’ora di riposo in poltrona e avrebbe dato un’occhiata a quei numeri. “Strano”, pensava tra sé e sé, “le bambine amano disegnare paesaggi di tutti i generi, prediligendo atmosfere notturne con o senza luna; cosa sono, ora, queste sequenze apparentemente senza senso?”

A scuola avevano ottimi voti in matematica, ma soltanto da poco Patty e Ludo erano in grado di risolvere semplici operazioni a tre cifre, figuriamoci elaborare calcoli molto più complessi. Vero era però che quei numeri, scritti in quel modo così preciso, non potevano solo essere frutto di un gioco. Non riusciva a capire. I minuti passavano e Margherita mise ancora una volta quei fogli da parte, doveva sbrigarsi, non voleva che le sue figlie all’uscita non la trovassero fuori al cancello della scuola.

La campanella suonò e poco dopo un mare di bambini invase il cortile dell’istituto. Le vide subito, in punta di piedi che la cercavano con gli occhi. Arrivarono sorridenti e un po’ scapigliate, le baciò, le prese per mano e si avviarono verso casa. Patty e Ludo andavano volentieri a scuola, ma non avevano molti amici: il legame così stretto tra loro, oltre alla capacità di entrambe di saper risolvere velocemente gli esercizi di matematica, non le rendevano molto simpatiche agli altri. Sembravano diverse agli occhi dei loro compagni, ai compleanni non venivano invitate spesso, eppure Margherita credeva che loro a questo non facessero caso. Erano, o almeno così sembravano alla loro madre, due bambine felici.

“Mamma, la prossima settimana la maestra ci porta al museo” disse Patty mentre entravano in casa.

“Sì” aggiunse subito Ludo, come per non essere da meno rispetto alla sorella, “andiamo a Explora”.

“Che bello, il Museo delle scienze per bambini! Mi piacerebbe venire con voi” rispose Margherita.

“Mamma! Tu non puoi! Non sei una bambina!” dissero all’unisono.

Il pomeriggio trascorse velocemente, Margherita si dedicò un po’ alla lettura e un po’ alla cena, Patty e Ludo rimasero stranamente nella loro cameretta. Lei si affacciò con noncuranza diverse volte: entrambe alla scrivania, sembravano completamente immerse in quello che stavano facendo, sembrava stessero disegnando, ma lei non riusciva a vedere bene cosa. Dopo cena, le bambine dissero che erano stanche, così lei le aiutò a mettersi a letto; non vollero neanche che leggesse loro qualche pagina del racconto. Margherita le baciò, spense la luce e socchiuse la porta.

“Stasera finalmente riuscirò a vedere un film dall’inizio” pensò tra sé e sé. Dopo aver fatto un giro dei canali, scelse un film di fantascienza, Arrival, e ne rimase catturata fin dalle prime scene. Quando il film finì, Margherita si alzò e fece per andare in camera sua. Passando vicino alla porta della stanza delle bambine sentì un mormorio sommesso.

“Possibile che siano ancora sveglie?” si chiese.

Accostò il viso alla porta per cercare di capire cosa si dicessero, ma fu subito silenzio. Attese qualche istante e poi, convinta che si fossero addormentate, si diresse in camera, si infilò a letto e il sonno prese subito il sopravvento.

La mattina seguente le gemelle erano fresche e riposate, durante la colazione parlarono quasi esclusivamente della imminente gita al museo, le sentiva elettrizzate. Mancava ancora qualche giorno, a Margherita venne il dubbio che in casa non si sarebbe parlato d’altro. Le accompagnò a scuola e decise di fare un giro al mercato: aveva bisogno di ispirazione per la cena, e tra tutti quei banchi l’avrebbe trovata di sicuro. Mentre si aggirava tra distese di frutta e verdura, quasi non si accorse di una strana donna che salutava sorridendo i passanti e offriva la sua mercanzia da dietro un piccolo banchetto di candele. Si avvicinò, le piaceva il profumo della cera.

“Ne comprerò una” si disse.

“Hai il nome di un fiore” l’apostrofò la donna, che aveva uno sguardo penetrante.

“Sì” rispose stupita Margherita.

“Di tutti i tuoi petali, due soltanto sono importanti, abbine cura, a tutti i costi” proseguì quella voce gentile.

Margherita rimase senza fiato: a cosa o a chi si riferiva quella donna? Come poteva sapere? Non seppe rispondere, scelse una candela, pagò, ringraziò e proseguì nelle sue spese. Arrivata a casa, presa dai preparativi per il pasto serale non pensò più all’accaduto. La candela profumata rimase nascosta nella sua grande borsa. Quel giorno le bambine avrebbero pranzato a scuola, sarebbe rimasta sola fino alle quattro. Margherita non aveva fame, a pranzo optò per un estratto di frutta e verdura, poi si mise sul divano per guardare le notizie in televisione, ma dopo pochi minuti si appisolò. Quando aprì gli occhi erano appena le due, aveva dormito un’ora scarsa, si ricordò della candela, la cercò nella borsa, la scartò e l’accese. Emanava un profumo particolare, speziato, leggermente acre. La posò sul tavolino del salotto. Mentre preparava il caffè le vennero in mente i fogli che aveva trovato la mattina precedente riordinando la camera delle gemelle. “Dove li avrò messi?” si chiese. Andò diretta alla scrivania della cameretta, aprì il primo cassetto e li vide. Appena li ebbe in mano si rese conto che erano più di due fogli: Patty e Ludo avevano scritto ancora. Li scorse velocemente: erano pieni di numeri…

Mentre scorreva quelle cifre messe una dietro l’altra, Margherita cercava di fare appello alle sue reminiscenze scolastiche per dare un senso a quei numeri. Di sicuro c’era un filo che li collegava; erano messi in fila uno dopo l’altro in senso crescente, e alla fine c’era un simbolo inaspettato: ⍵. Il tempo era passato velocemente, era già ora di andare a prendere Patty e Ludo a scuola. Fuori piovigginava; prese il suo ombrello e quello delle bambine prima di uscire.

Di fronte al cancello dell’istituto c’era una tale ressa di macchine e persone che riuscì a malapena a farsi scorgere dalle sue figlie. Per fortuna, non abitavano lontano: fecero appena in tempo ad infilarsi nel portone di casa che si scatenò un violento acquazzone. Il cielo era carico di nuvole scure e pesanti, Margherita avrebbe voluto portare le bambine al lago nel weekend, ma non sarebbe certo stato possibile. Affannata tra ombrelli e zainetti, non aveva fatto caso al fatto che le sue figlie erano particolarmente silenziose. Provò a far loro qualche domanda sulla giornata scolastica, ma le risposero a mezza bocca. Sembravano tristi.

A cena le polpette che aveva preparato riscossero successo, Patty e Ludo erano rinfrancate dal cibo; per dolce, Margherita aveva preparato una sofficissima torta di mele. Margherita rassettò velocemente la cucina, quella sera in televisione avrebbero trasmesso il film d’animazione La gabbianella e il gatto, tratto proprio dal libro che stava leggendo loro. Si accoccolarono tutte sul divano, con un plaid sulle gambe, per guardare il film insieme. Alle bambine piacque molto il fatto di vedere sullo schermo le immagini dei personaggi letti dalla loro madre; la storia della grande amicizia che può nascere anche tra esseri diversi era allegra e commovente allo stesso tempo.

Finito il film le mise a dormire, non aveva volutamente indagato sul perché della loro tristezza, l’indomani sarebbe stato sabato e avrebbe avuto tutto il fine settimana per cercare di capire.

La mattina seguente, Margherita si alzò di buon’ora, il cielo plumbeo non prometteva nulla di buono, decise di preparare dei pancakes per colazione. Erano quasi le 10 quando Patty e Ludo si affacciarono saltellando in cucina.

“Buongiorno, mamma! Che profumino!” dissero a voce unica.

Margherita aspettò che si gustassero i dolcetti; quando finirono di bere il latte, si arrischiò a chiedere: “Com’è andata ieri a scuola? Mi sembravate un po’ tristi, è successo qualcosa?”

Ludo cincischiava con il tovagliolo, pareva non volesse rispondere.

“Oggi è il compleanno di Claudia” si decise a dire Patty.

“Non ci ha invitate alla sua festa, gli altri ci andranno tutti” proseguì Ludo, con le lacrime agli occhi.

Margherita dentro di sé era furiosa. “Lo hanno fatto un’altra volta, le hanno escluse, perché?” si chiese mentre cercava disperatamente di trovare un’idea per risollevare il morale delle figlie.

“Bambine, non fa nulla. Anzi, meglio così, perché oggi al centro commerciale inaugurano un nuovo negozio di giocattoli, ci sarà il clown e anche il mago! In realtà, volevo proprio farvi una sorpresa e portarvi lì”.

Gli occhi delle gemelle si illuminarono.

“Il mago? Sì, mamma! Dai, andiamoci!”

Era riuscita a distrarle, la magia le aveva distolte dal pensiero della festa alla quale non erano state invitate. La mattinata passò presto e il pomeriggio con il mago entusiasmò le bambine. Durante la sua esibizione erano state attentissime per cercare di scoprire i suoi trucchi, e una volta ci erano anche riuscite sbalordendo tutti, mago compreso.

Rientrando a casa, Margherita comprò delle pizze. Erano tutte e tre stanche. Dopo mangiato, disse loro di andare a lavarsi e prepararsi per la notte. Patty e Ludo, obbedienti, andarono in bagno, insieme naturalmente. Spesso capitava che si osservavano allo specchio. Quella sera lo fecero quasi di proposito, come per trovare nei loro visi il perché dell’esclusione dalla festa. Guardavano i loro occhi, toccavano le sopracciglia e osservavano la forma dei loro piccoli nasi. Si sfioravano poi a vicenda cercando diversità che non riuscivano a trovare.

“Bambine, è tardi” disse Margherita affacciandosi. Vedendo come si specchiavano, proseguì: “Siete bellissime”. Poi le accompagnò in camera e le mise a dormire. “Stanche, ma felici” pensò rasserenata mentre spegneva la luce.

Anche la domenica fu brutto tempo, pioggia e vento tutto il giorno, ma le ore trascorsero velocemente. Le gemelle fecero un po’ di compiti e dopo pranzo si dedicarono ai preparativi per la gita del giorno successivo, scegliendo cosa mettersi e cosa portare nei loro zainetti. Margherita sfaccendò distrattamente e nel pomeriggio si concesse un po’ di tempo per leggere, cullata dal chiacchiericcio delle sue figlie. Decise di non parlar loro dei fogli con i numeri, voleva che si godessero l’attesa dell’avventura al museo dell’indomani. Fece fare loro un bagno caldo, poi cena leggera e a letto.

La mattina seguente finalmente splendeva un bel sole, la temperatura però era scesa di parecchio. “In fin dei conti siamo già al 23 novembre” pensò Margherita, “l’inverno è praticamente arrivato”.

Patty e Ludo non stavano nella pelle, erano già pronte mentre lei ancora doveva vestirsi.

“Mamma, sbrigati, altrimenti faremo tardi!” dissero più volte, insofferenti.

Mentre apriva la porta di casa si accorse che Ludo era rientrata di corsa in camera e, uscendo subito dopo, infilava frettolosamente qualcosa nel suo zaino.

“Cosa avrà dimenticato di così importante?” si chiese Margherita.

Le accompagnò al pullman, le baciò e sorrise mentre la salutavano dal finestrino. Margherita tornò a casa, sistemò la cucina e la stanza delle bambine. Dei fogli con i numeri non c’era più nessuna traccia. Decise di cambiare l’ordine dei libri nella sua libreria, accese la radio e si dedicò alla cura dei suoi amati libri. Trascorse così quasi tre ore. Poi, vista la bella giornata, pensò di fare una passeggiata fino alla sua libreria di fiducia: da troppo tempo non comprava un libro. L’aria era frizzante ma il sole splendeva. Quando entrò nel negozio la sua mente si estraniò da tutto, vagava apparentemente senza meta tra quelle distese di libri aspettando che uno in particolare la chiamasse; Margherita era talmente presa da quello che stava facendo che non si accorse di aver lasciato il cellulare a casa. Scelse Storie della tua vita, di Ted Chang: otto racconti di fantascienza tra i quali quello da cui era stato tratto il film che tanto l’aveva appassionata due sere prima. Quando fece per pagare si accorse che le mancava il telefono. Le prese un po’ d’ansia, voleva essere sempre raggiungibile nel caso in cui le bambine avessero avuto bisogno di lei. Pagò e velocemente si diresse a casa.

Mentre apriva la porta sentì il suo cellulare suonare, qualcuno la stava cercando, ma non fece in tempo a rispondere. Guardò il display: otto chiamate perse della maestra! Andò nel panico, cosa poteva essere successo? Mentre cercava le chiavi della macchina, la maestra richiamò, e per fortuna le rispose subito.

“Margherita, non agitarti, Patty e Ludo stanno bene” le disse immediatamente l’insegnante. “Però devi raggiungerci al museo, c’è una persona che vuole parlarti, sembra urgente” aggiunse.

“Arrivo subito” rispose lei, un po’ rincuorata ma anche meravigliata e incuriosita. Dopo pochi minuti era lì, parcheggiò e si recò all’ingresso, dove scorse la maestra. La classe si stava accingendo a salire sul pullman sotto il controllo dell’assistente, ma Patty e Ludo la videro e le corsero incontro.

“Mamma, sei venuta a prenderci, è stato bellissimo! Abbiamo conosciuto un vero scienziato” le dissero le bambine, emozionate, ad alta voce.

“Sì, sono venuta, ma ora aspettatemi da brave su quei divanetti laggiù, che vado un attimo a salutare la maestra”.

Con una calma che a Margherita parve un po’ forzata, l’insegnante le disse: “Margherita, senti, c’è una persona che vorrebbe parlarti; è uno studioso molto importante che oggi si trovava qui per collaborare ad un progetto. Patty e Ludo si erano attardate davanti al computer che riproduce suoni provenienti dallo spazio. Lui le ha viste che, mentre ascoltavano, scrivevano numeri su dei fogli, ha chiesto loro cosa stessero facendo e poi è venuto a parlarmi. Ti aspetta nell’ufficio del direttore, vai pure, resto io con le bambine, alla classe penseranno l’autista e la mia assistente”.

Si diresse titubante dove le era stato indicato, cercando comunque di mandare un sorriso alle gemelle. Bussò e le aprì un uomo: occhiali rotondi, maglioncino di cachemire, poco più alto di lei.

“Prego, si accomodi, la mamma di Patty e Ludo immagino” disse lui, e aggiunse: “Sono il Professor Nardini, è un piacere conoscerla”. Le strinse la mano, in modo deciso ma gentile.

“Mi chiamo Margherita” rispose lei mentre si accomodava sulla poltroncina di fronte alla scrivania, e aggiunse impaziente: “Cosa hanno combinato le mie monelle?”

Lui la guardò negli occhi, come se cercasse di vedere qualcosa in particolare. Sembrava non aver sentito la domanda; dopo qualche istante le parlò: “Studio la matematica e i numeri da quando sono bambino, ero piccolo e invece di giocare con i soldatini facevo i conti. I miei genitori all’inizio non ci fecero caso, poi iniziarono a preoccuparsi. A scuola, per fortuna, ho sempre incontrato insegnanti che mi hanno capito e spronato. Mi sono laureato pretermine, ma sono rimasto all’università, volevo continuare a studiare i numeri e i loro collegamenti con la realtà. Ho partecipato a molti progetti e studi durante la mia vita, ho conosciuto scienziati di ogni parte del mondo, ma non pensavo che avrei mai incontrato persone come le sue figlie”.

Margherita non riusciva a seguirlo, a capire cosa cercava di dirle; cos’avevano le gemelle di particolare che lei non aveva compreso? Non riusciva a parlare, lui se ne accorse e proseguì.

“Ha mai sentito parlare di sequenze numeriche? Ad esempio, la successione di Fibonacci, il numero aureo, e i relativi casi in natura? Spirali, galassie, costruzioni antiche basate proprio su quelle sequenze? E i numeri primi? I grandi numeri primi intendo”.

Lei lo guardava frastornata, facendo di no con la testa, anche se l’accenno ai grandi numeri primi le ricordava qualcosa. Nardini aprì un cassetto e tirò fuori dei fogli, glieli mise davanti e lei riconobbe immediatamente la grafia delle gemelle. Erano i fogli che lei aveva trovato nelle loro camera.

Gli occhi di Margherita imploravano una spiegazione. Lui capì e le disse di averle viste imbambolate davanti al computer che riproduceva i suoni captati dallo spazio. Ascoltavano immobili quei suoni. A un certo punto, avevano tirato fuori dallo zaino dei fogli e avevano iniziato a scrivere. Le disse di come si era avvicinato loro cercando di non spaventarle, con cautela, e di come gli avevano sorriso, senza tuttavia smettere di annotare numeri. Poi il video si era interrotto e le gemelle si erano come risvegliate, lo avevano guardato e gli avevano chiesto chi fosse. Lui si era presentato. Patty aveva guardato la sorella, e dopo che Ludo aveva fatto sì con la testa, gli aveva passato quei fogli. Le raccontò di come fosse rimasto stupito di vedere che non erano numeri a caso: rappresentavano la successione di Fibonacci e il simbolo del numero aureo; poi, sull’ultimo foglio numeri a più cifre, non c’erano numeri normali, ma grandi numeri primi. Aveva chiesto loro spiegazioni e gli avevano risposto che avevano scritto la successione osservando spirali di vario genere e foto di galassie. Gli ultimi numeri li avevano annotati ascoltando i suoni riprodotti dal computer. Altro non sapevano dire.

“È da moltissimo tempo che studiosi di tutto il mondo cercano di interpretare i suoni captati nello spazio alla ricerca di altre forme di vita; altri cercano formule per riuscire a trovare grandi numeri primi a partire da un numero composto da molte cifre, un po’ come si fa per le chiavi di sicurezza delle transazioni economiche. Patty e Ludo mi hanno detto di aver scritto quei numeri perché li hanno sentiti dal video, inconsciamente devono aver trovato un collegamento. Tutto questo proprio oggi, il 23 novembre: il giorno di Fibonacci”.

Il professore si sporse sulla scrivania, prese le mani tremanti di Margherita tra le sue e disse a bassa voce: “Le gemelle sono speciali, ma non deve temere. Se me lo permetterà, io sarò con voi e le proteggerò. Deve capire che le sue figlie riescono a captare sequenze numeriche da suoni e forse potrebbero anche a trovare la chiave che collega questi numeri; se tutto questo si venisse a sapere, sareste in pericolo. Le conseguenze di questa scoperta sarebbero devastanti per la sicurezza delle transazioni monetarie, e i governi questo non potrebbero permetterlo”.

Le vennero in mente le parole misteriose della donna che vendeva candele. Il suo istinto materno ebbe il sopravvento, prese una penna, scrisse il suo numero di telefono su un vecchio scontrino che aveva in tasca e lo appoggiò sulla scrivania. Poi si alzò con decisione, aprì la porta e andò dalle gemelle, salutò la maestra senza darle spiegazioni e, stringendo forte le piccole mani di Patty e Ludo, uscì dal museo.

In macchina le bambine la tempestarono di domande su cosa le avesse detto lo scienziato, come lo chiamavano loro, tuttavia Margherita cercò di tergiversare: non voleva dar loro la sensazione che fosse preoccupata. Arrivate a casa, per fortuna dovettero mettersi a fare i compiti: la maestra aveva detto alla classe di scrivere una breve relazione sulla giornata al museo. Lei nel frattempo preparò la cena, ma la mente tornava continuamente nell’ufficio di Nardini.

I giorni successivi la quotidianità e gli impegni presero il sopravvento e Margherita quasi si era dimenticata dell’episodio quando, verso la fine della settimana, due avvenimenti le fecero capire che non avrebbe potuto dimenticare, e che la loro vita avrebbe subìto dei cambiamenti importanti. Il primo fatto successe dal dentista: Patty accusava da qualche giorno un dolore ad un molare; Margherita, all’uscita da scuola, la portò a fare una visita. Lo specialista le trovò una piccola carie. Proprio mentre si accingeva ad asportarla con lo strumento apposito, Ludo, che aspettava seduta vicino alla scrivania, lanciò un urlo: “Ahi! Che male, mamma!” disse toccandosi la guancia. La guardarono stupiti: com’era possibile che avesse sentito dolore proprio nel punto dove la sorella aveva la carie e nel preciso istante in cui il medico la stava curando? Il dentista, appena finì, decise di controllarle la bocca, ma non trovò nulla. “Magari è una semplice coincidenza” disse. Il secondo fatto avvenne il sabato mattina: mentre si stava alzando, Margherita aveva sentito le voci animate delle figlie che discutevano. Si era avvicinata alla loro camera e, mentre stava per entrare, aveva sentito Patty che intimava alla sorella di dire tutto alla mamma, ma Ludo si opponeva tenacemente.

“Cosa succede, bambine?” disse aprendo la porta. “Perché litigate di prima mattina?”

“Ieri a scuola è successa una cosa, ma lei non vuole che te la racconti” disse Patty indicando la gemella.

“Quella signora ci aveva chiesto di mantenere il segreto, e i segreti non si devono raccontare” rispose a tono Ludo.

“Quale signora? Cosa vi ha detto? Quando è successo?” chiese, preoccupata, Margherita.

“Non ci devono essere segreti con la mamma, lei ci vuole bene” disse Patty, e proseguì: “Ieri, durante la ricreazione, stavamo in giardino vicino alla recinzione. La maestra si era allontanata e si è avvicinata una signora molto carina e gentile. Ci ha fatto delle domande sulle nostre passioni e sulla gita al museo, e ci ha chiesto se eravamo brave in matematica. Mamma, quella signora conosceva i nostri nomi, ma io proprio non ricordo dove l’abbiamo incontrata”.

Margherita sentì un brivido. Forse la maestra si era lasciata sfuggire commenti su ciò che era accaduto al museo? Il pericolo accennato dal professor Nardini era così reale e vicino?

“Alla vostra mamma dovete sempre dire tutto, nessun segreto tra noi, mai” disse loro abbracciandole forte.

“Mammina, piano che ci fai male!” disse un’unica voce.

Margherita non si era resa conto di quanto forte le avesse strette. L’istinto protettivo l’aveva sopraffatta. Mentre lasciava che Patty e Ludo si rappacificassero, squillò il suo cellulare. Rispose, era il professor Nardini: “Buongiorno, Margherita, sono…”, ma lei non lo fece continuare. Disse: “Buongiorno, Professore, è arrivato il momento di mantenere la sua promessa. Deve proteggere le mie figlie. Mi dica cosa devo fare e io lo farò”.

 

 

 

Silvia De Felice, Gemellae, in Voci Nuove 7, a cura di Daniele Falcioni, Rapsodia, Roma 2020, pp. 225-238.