Elezioni a Pomezia: intervista ad Angelo D’Avino

Pomezianews incontra un altro candidato alla poltrona da Sindaco nella nostra Città, per le prossime elezioni amministrative: Angelo D’Avino.

Sig. D’Avino, si presenti ai nostri lettori per farsi conoscere

“Sono nativo della Campania, nello specifico di Avellino, ho 59 anni e risiedo a Pomezia da molto tempo, sposato e con due figli”

Lei è già stato impegnato politicamente: ci racconta le sue esperienze passate?

“Dopo una lunga esperienza nei Comitati di Quartiere e Consigli di Istituto come presidente ho fatto parte per molti anni del Comitato Comunale dell’allora Democrazia Cristiana; nel 2002 per la prima volta sono stato eletto Consigliere Comunale di Pomezia nella lista UDC con il Sindaco Zappalà e dopo varie esperienze nelle commissioni Consiliari permanenti ho assunto la carica di Presidente del Consiglio Comunale nel 2004. Rieletto in Consiglio nel 2006 sempre nelle lista UDC fino al 2011 nel ruolo di opposizione con il Sindaco De Fusco. Nel 2012 sono stato nominato Assessore ad Ardea nella giunta Eufemi con le deleghe ai Trasporti,Personale e Polizia Locale. Nel 2013 ho abbandonato la casacca di partito e mi sono Candidato Sindaco al comune di Pomezia sempre con la mia lista civica Pomezia In Testa

Come mai ha deciso di presentarsi alle prossime elezioni pometine? Qual è la sua proposta politica per lo sviluppo della nostra Città nei prossimi 5 anni?

“La decisione di ricandidarmi è dovuta al fatto che si è iniziato un percorso di cambiamento, anche dovuto alla nostra presenza 5 anni fa; ora questo processo rischia di arrestarsi: ecco perché riteniamo sia giusto partecipare per completare e dove possibile migliorare il lavoro svolto. La nostra proposta politica è semplice: ricreare le condizioni per attrarre investimenti a Pomezia, anche usando la detassazione per le imprese che decideranno di investire nella nostra Città, per creare di conseguenza sviluppo economico e nuova occupazione”

Ci dice tre cose a cui darebbe priorità se fosse eletto Sindaco?

“Prima cosa: riorganizzare la macchina Amministrativa, ponendo le persone giuste al posto giusto, al fine di snellire quanto più possibile le pratiche burocratiche.
Seconda cosa: riqualificare con la collaborazione delle associazioni del territorio e la Regione Lazio i nostri 9 chilometri di costa, rendendola fruibile a tutti, al passo con i tempi e facendola diventare vera e propria risorsa turistica.
Terza cosa: come detto, applicare alle nuove imprese la detassazione consentita dalle norme vigenti per favorire lo sviluppo economico ed aumentare la popolazione occupata”

 




Fabio Fucci saluta il M5S e presenta una lista civica

Devono essere brave persone, avere a cuore Pomezia e condividere un progetto che tenga conto delle competenze acquisite negli ultimi cinque anni di governance della città.
Queste sono le qualità che il Sindaco uscente di Pomezia Fabio Fucci richiede a chi si candida al suo fianco nel nuovo progetto politico ‘Essere Pomezia’, con il quale si presenta alle prossime elezioni comunali, lasciando ‘ufficialmente’ il Movimento 5 Stelle.
‘Ho scelto di presentare una lista civica perché i partiti di destra e di sinistra non sono stati in grado di risolvere le criticità della città e sviluppare le potenzialità che la città ha’ sostiene Fabio Fucci. ‘Sono convinto che sono le persone che fanno i progetti e che ne fanno scaturire meriti e risultati. La lista civica è l’essenza della condivisione di un progetto che si costruisce intorno alle persone’.

Ancora non sono pronti i nomi dei candidati che lo sosterranno nella nuova avventura: verranno resi pubblici sabato 17 marzo all’incontro organizzato a Pomezia, Hotel Selene ore 18,00. Non esclude, però, che ci possano essere più liste, in quanto l’iniziativa ‘Essere Pomezia’ ha riscontrato molto successo sul territorio.
Cosa dire a quel cittadino che ha votato il Sindaco come esponente del Movimento 5 Stelle e ora dovrebbe di dargli il voto come leader di una lista civica?
‘Direi: caro elettore, nel 2013 hai fatto una scommessa, hai voluto scegliere una novità. C’erano personaggi impresentabili e la desolazione. Ora il contesto è cambiato totalmente. Oggi hai un Sindaco che ha lavorato per 5 anni molto bene, anche a detta degli avversari. Perché devi ricominciare daccapo con altre persone, quando hai la garanzia di un Sindaco incorruttibile, che ha lavorato duramente ed è pronto a lavorare da subito?’ conclude Fucci. ‘Nel 2013 hai scommesso, oggi hai la certezza della mia trasparenza, onesta, incorruttibilità e dei risultati ottenuti. È una certezza, non più una scommessa’.




Stop al televoto

Da qualche parte, in un posto misterioso di questo pianeta, qualcuno ha deciso che i cittadini delle nazioni non dovranno occuparsi delle questioni politiche. Ogni cittadino al massimo potrà esprimere la preferenza fra due o tre opzioni, anche se ciascuna di esse non l’avrebbe mai scelta nemmeno sotto tortura. E persino la globalizzazione mediatica, che poteva essere l’occasione per ampliare i confini della consapevolezza politica, ha trasformato invece ogni società in una enorme competizione sulle posizioni, mai sui contenuti. E così può accadere che in un bar di periferia, tra una porchetta e un bicchiere di vino qualcuno si accalori per difendere Marine Le Pen senza essere mai stato in Francia e magari pensando che la Corsica sia territorio italiano, e può accadere pure che un sedicente progressista, che conserva i valori democratici nel portafogli, si accalori per sostenere Macron, che ha il merito politico di avere ridotto in polvere il tabù dei limiti di età tra i partner. La politica, in fondo, è soltanto una questione di posizioni. In questo kamasutra collettivo, ciascuno si sente chiamato a collocarsi da una parte o dall’altra. Giusto da poco ci siamo liberati del dilemma sulla preferenza a Hilary Clinton o a Donald Trump vissuta con la stessa profondità intellettuale della scelta tra quelli che sono per la doccia o per il bagno. Insomma, l’impegno politico ormai si consuma tutto in una scelta tra un personaggio e l’altro. Poco importa se entrambi i personaggi sono impresentabili e senza proposte. Anche il concetto di partecipazione, che esprime la maturità di un popolo, risulta fortemente incrinato. Una cosa è partecipare al processo che concorre alla definizione delle politiche, che assicura la presenza sui temi del territorio, che individua, dal basso, le persone a cui affidare il mandato; altra cosa è subire passivamente e con distacco ogni decisione politica, appassionarsi al dilemma delle sottigliezze che distinguono Nino D’Angelo e  Gigi D’Alessio (che qualcuno afferma siano la stessa persona)o persino prendere posizione sulle scie chimiche senza mai avere avuto il tempo di alzare gli occhi al cielo… per poi sentire il dovere politico di partecipare alla scelta obbligata tra due candidati, che sono entrambe espressione degli stessi poteri. La partecipazione politica non può ridursi alla narcolessia assoluta sulle questioni quotidiane per poi accendersi solo su temi lontani, proprio perché non richiedono alcun coinvolgimento diretto.

E così ogni giorno si consuma il rito della quotidiana contrapposizione. In questo momento si porta il conflitto tra quelli che sono per le ONG e quelli che sono contro le ONG. E confesso di avere incontrato qualcuno che, sottovoce mi confidava di non essere contrario alle OGM, pensando di parlare della stessa cosa. Insomma, la politica, come allo stadio, è tutta una questione di tifoserie che competono. Allo stadio interessa vincere a tutti i costi, senza alcun riguardo per i valori dello sport; in politica interessa vincere a tutti i costi senza alcun riguardo ai valori della democrazia. Provate a porre una questione che conoscete soltanto voi o che sia persino frutto della vostra fantasia e troverete certamente una schiera di buontemponi che difenderanno una posizione e altri che si batteranno per la posizione opposta.

Serviranno argomentazioni profonde, faranno riferimenti a personaggi della storia, si batteranno evocando vecchie questioni interpersonali, si dichiareranno pronti a sostenere fino alla morte la posizione assunta. Se voi gli chiedete di cosa stanno parlando è probabile che non lo ricordino nemmeno. È tutto un gioco: le elezioni sono un gioco, bisogna soltanto votare; le primarie sono un gioco, bisogna scegliere un candidato; anche Sanremo è un gioco, si tratta di votare. E la tecnologia ci aiuta perché ci permette di sentirci attivi e partecipanti anche se stiamo seduti nella poltrona di casa, con le pantofole, con i calzoncini macchiati di caffè, e i popcorn dispersi sulle gambe mentre al massimo dell’impegno politico con atteggiamento giudicante ordiniamo al nostro pollice di premere sul pulsante del telecomando per comunicare la nostra “scelta definitiva”. In fondo, dobbiamo alla tecnologia la fortuna di sentirci attivi e protagonisti senza nemmeno spostarci dal salotto di casa pronti ad esprimere il nostro giudizio su ogni scelta, di qualunque natura, dalle ricette di Cracco agli armamenti in Iraq. Quello che conta è che la nostra scelta consapevole arrivi al destinatario prima della frase fatidica: Stop al televoto.




Posso offrirti…?

Storie di notizie e non-notizie, di piccoli e grandi cambiamenti,

di eccessi di caffeina e bisogni estremi di camomilla.

Che mi tocca vedere… Ma dico io…

Il comune di Pomezia pubblica foto e post di un gruppo di cittadini che non ha niente altro da fare che dedicarsi agli spogli vasi che rendono tristi i davanzali delle finestre del palazzo comunale?

Ma come si fa, dico io, a paragonare il prima e il dopo di una piantumazione fatta per abbellire un edificio che deve rimanere triste?

Bei tempi quelli di una volta, in cui i cittadini non dovevano far nulla per la propria Città…tanto c’erano gli Amministratori che pensavano a tutto!

Che storia è questa dei cittadini attivi, dove tutti dobbiamo contribuire alla rinascita di Pomezia??!

Meglio stare fermi a  guardare e  criticare!

Saranno tutti grillini questi volenterosi!

Ah…ci sono tanti progetti già conclusi e altrettanti pronti a partire…però, quasi quasi, ci penso…

Perché il Sindaco Fucci non va ad interessarsi di sociale, di sicurezza, di decoro urbano e di tutti gli altri servizi?!
Ah…lo sta già facendo? Bene…

Allora perché non si occupa dei conti disastrati della sua Amministrazione?!

Ah…mi state dicendo che il bilancio si è chiuso dopo tanti anni in positivo?

Certo però che il debito è ancora alto!!

Cosa? Il debito è il risultato dell’eredità delle passate Amministrazioni??

Ho capito…ma questi del Movimento 5 Stelle stanno in carica da almeno….da quanto tempo?

Nemmeno tre anni??

Vabbe’ dai…ti offro un caffè,  anzi una camomilla.




Fucci fa tappa a Torvajanica Alta

Continua il tour dell’amministrazione pentastellata nei quartieri di Pomezia. Dopo l’incontro avuto con i cittadini di Campo Iemini è arrivato il turno degli abitanti di Torvajanica Alta. Si è svolto il 25 Gennaio alle 12 presso una sala messa gentilmente a disposizione dal bar “Clan Caffè” il confronto sulle tematiche del quartiere con le istituzioni locali ben rappresentate dal Sindaco Fucci, dalla Vice Sindaco Serra, dall’Assessore Sbizzera e da una nutrita schiera di presidenti di commissioni consiliari.

L’assemblea si è svolta, in perfetto orario, la puntualità e l’ordine mentale sono sicuramente caratteristiche che contraddistinguono gli attuali amministratori, seguendo un canovaccio ben definito: introduzione del sindaco, spazio alle proposte dei richiedenti l’incontro, risposta delle istituzioni locali e infine momento dedicato alle domande dei presenti in sala.

Vista l’assenza di un comitato di quartiere che potesse prendere l’iniziativa, le richieste all’amministrazione sono state formulate da un gruppo informale di residenti, che prestando spontaneamente alla comunità il loro tempo libero, hanno nei giorni precedenti l’incontro aperto una fase di confronto sulle gravi e annose problematiche che affliggono il territorio. Il frutto di questo intenso lavoro di coordinamento è stato presentato a Fucci dal Signor Antonio Cirillo che ha schematizzato le richieste accorpandole in tre categorie: urbanistica, sicurezza stradale e aree verdi. Se c’è un quartiere che mostra chiaramente i segni di una progettazione urbanistica squilibrata, dove all’aumento della popolazione residente non è seguito un aumento dei servizi pubblici e degli spazi di socializzazione, questo è proprio Torvajanica Alta.

Tante sono le mancanze che i cittadini vorrebbero che le istituzioni locali correggessero, ad esempio la presenza di una farmacia comunale o la realizzazione di un centro sociale dove poter aggregare cittadini giovani e anziani, comunque sono state determinate delle questioni improrogabili pensando soprattutto alle esigenze dei più deboli ovvero i bambini del quartiere. Tra le proposte che sono state fatte all’amministrazione spiccano per importanza e quindi per urgenza: il miglioramento della viabilità, la realizzazione di marciapiedi soprattutto in Via Mar Tirreno e nei pressi della scuola elementare. Sempre nei pressi del plesso scolastico è stata chiesta la realizzazione di parcheggi e un area adibita a verde pubblico attrezzato.

Il sindaco e l’Assessore Sbizzera , rispettando il proposito di non fare promesse che non sono in grado di mantenere, dopo aver ricordato gli errori di progettazione urbanistica fatti nel passato hanno manifestato l’intenzione di prendersi carico delle legittime aspettative dei presenti all’incontro, nei limiti della gestione delle scarse risorse economiche a disposizione del comune. I due amministratori hanno ricordato quanto siano importanti  una buona programmazione degli interventi ma soprattutto la capacità di reperimento dei finanziamenti regionali.

Le reazioni dei partecipanti come è normale che sia, sono state le più variegate. C’è chi ha manifestato fiducia nei confronti di questa amministrazione e chi a monte delle imposte pagate si è trovato insoddisfatto delle risposte date, oppure c’è chi è per forma mentale è sempre diffidente e chi invece si mostra  sempre fiducioso davanti alle parole di un sindaco.

Personalmente credo che a prescindere dalla soddisfazione o insoddisfazione dei cittadini, sia stato utile al quartiere aver organizzato l’incontro soprattutto credo sia stato positivo il fatto che alcuni abitanti del quartiere si siano spontaneamente coordinati per esercitare un ruolo attivo e non passivo nei confronti delle istituzioni locali. Credo inoltre che per il futuro l’importante sia  perseverare nell’impegno, facendo sempre il punto sulle problematiche del territorio ma soprattutto controllando che alle parole corrispondano atti concreti di chi ci governa.




Trasparenza a Pomezia: sorteggio pubblico e telematico degli scrutatori per le europee del 25 maggio

imageIl giorno 30 aprile si è svolto a Pomezia il sorteggio telematico per la nomina degli scrutatori che saranno impegnati domenica 25 maggio nei 49 seggi cittadini; presenti durante tutta la fase di elaborazione dati nell’ufficio elettorale in piazza San Benedetto da Norcia, il Sindaco Fabio Fucci, i consiglieri comunali Claudia Picca, Stefano Alunno Mancini, Massimo Abbondanza e diversi cittadini interessati all’estrazione.

Il sorteggio è cominciato alle ore 11.00 ed il computer ha estratto tramite un algoritmo di randomizzazione 198 scrutatori sui 266 partecipanti totali, assegnando a ciascuno il numero del seggio del quale farà parte; gli esclusi verranno inseriti nelle riserve e subentreranno in caso di rinuncia dei selezionati. Le operazioni si sono concluse poco prima delle 13.00 e nell’arco di pochi giorni saranno pubblicate le liste.

Tutto ciò è stato possibile grazie al nuovo regolamento redatto nei mesi scorsi dall’amministrazione comunale (che tra i criteri di preferenza include l’occupazione ed il reddito) nel quale l’articolo 6 cita testualmente: “Il sorteggio deve svolgersi in seduta pubblica e avverrà mediante l’utilizzo di apposito strumento informatico”. In questo modo è stata garantita ai cittadini la massima trasparenza ed imparzialità nell’assegnazione dei seggi, evitando che singoli consiglieri decidessero, a propria discrezione come d’abitudine, il piazzamento di propri conoscenti nei vari plessi scolastici.; senza dubbio un inequivocabile passo in avanti in favore dell’intera cittadinanza.

Elenco degli scrutatori nominati.




Resilienza

Come affrontare il cambiamento.

Potrà sembrare un’affermazione cinica ma non c’è dubbio che i momenti di crisi con conseguenti difficoltà economiche e sociali, sono i periodi più fecondi per la riflessione e il ripensamento delle scelte passate. La forza della necessità apre le menti all’analisi e predispone al cambiamento dello status quo. Guardando all’economia e alla politica, le turbolenze derivate dallo scoppio della bolla speculativa sui mercati finanziari, hanno stimolato copiosi dibattiti a tutti i livelli, dal mondo accademico alle grandi conferenze internazionali. Tra gli argomenti più discussi per la vastità del fenomeno e per la varietà dei punti di vista vorrei brevemente sottolienare il discorso intorno al concetto di resilienza.

Che cosa è la resilienza?

E’ un concetto che si trova in molti contesti dall’agricoltura alla meccanica dalla psicologia all’ecologia per questo è difficile darne una definizione generica. Diciamo che la resilienza è la risposta che un’entità dà al cambiamento del proprio stato di equilibrio, una reazione che, prendendo atto che non si può ripristinare totalmente la condizione di partenza, tende a limitare i danni del cambiamento cercando un nuovo adattamento all’ambiente. Quindi adattamento e riduzione dei danni sono gli elementi fondamentali di un’azione resiliente.

Le implicazioni nel campo economico e politico sono molto importanti. Tra i primi governanti a menzionare la necessità di un cambiamento di mentalità in ottica resiliente è stato Barack Obama nei suoi discorsi di insediamento alla Casa Bianca. Il Presidente ha sottolineato la necessità di un’inversione di rotta della politica nazionale e internazionale perchè le sfide della modernità non sono più affrontabili con gli strumenti del passato. Il Word Economic Forum nell’ultimo incontro a Davos ha sottolineato che le crisi, le disuguaglianze sociali, il rapporto tra attività economica e preservazione dell’ambiente sono questioni dove l’approccio resiliente potrebbe dare il suo meglio. Anche in Italia l’argomento sembra aver fatto breccia nelle discussioni pubbliche, ne è una testimonanza la recente visita di Rob Hopkins uno dei fondatori del movimento «Transition Town Transition Network» che tra i suoi obiettivi si pone la trasformazione delle comunità locali in comunità resilienti. Cercando in rete il blog di Beppe Grillo ne ha parlato in questo post.

Per passare dalla teoria astratta alla pratica come dovrebbero cambiare i comportamenti dei cittadini, delle aggregazioni sociali e delle istituzioni per essere in linea con la nuova filosofia?

Il primo mutamento di mentalità ce lo suggerisce il professor Alberto Sangiovanni Vincentelli che sprona la nostra società a non aver paura di assumere i rischi derivanti dalle innovazioni. Il fattore psicologico è fondamentale. L’apertura mentale, la tolleranza, la cultura dell’inclusione delle minoranze sono tutti fattori essenziali per affrontare i cambiamenti e le incertezze del futuro. Società più solidali sono società che possono addattarsi nel miglior modo possibile all’ambiente caotico, immerso nell’instabilità perpetua. Per quanto riguarda il ruolo delle istituzioni, le politiche dovrebbero incentivare e favorire l’accumulazione di capitale umano e la flessibilità dei sistemi produttivi. I  governi non dovrebbero mai sottovalutare l’importanza degli investimenti nella ricerca scientifica, nella tutela del territorio, nell’arte e nella cultura in generale. Infine gli enti locali dovrebbero favorire il più possibile la cultura della condivisione e della cooperazione. Esempi di cooperazione sono i gruppi di acquisto solidale (vedi il mio post precendente), programmi di risparmio energetico e di riciclo dei materiali di scarto.

Per concludere, vivremo in un mondo sempre di più instabile, più interdipendente e iperconnesso, se vogliamo sopravvivere degnamente dovremo imparare ad adattarci e cambiare velocemente, prima ne prendiamo atto e meglio è.




Indovina chi… è corrotto?

 corruzioneE’ sorprendente come la gente, molta, ma non tutta per fortuna, si sia assuefatta alla corruzione che dilaga e che arriva fino al quotidiano di ognuno. Un tempo ci scandalizzavamo di fronte a notizie riportate della stampa, in cui si raccontava di personaggi politici, o imprenditori colti nell’atto di scambiarsi favori e assicurarsi vantaggi ingiustificati a spese della collettività. Erano storie lontane da noi, dalla vita di ogni giorno. E più si apprendevano i dettagli, gli intrighi e complotti, più si misurava l’infinita distanza tra fatti così gravi, commessi da uomini senza morale e la realtà quotidiana, che invece si alimenta, necessariamente, di relazioni fondate sulla fiducia reciproca.

Non so che cosa sia successo. Forse abbiamo peccato di distrazione, o forse abbiamo sottovalutato l’importanza di difendere il nostro quotidiano più immediato dagli attacchi che compromettono il legame fiduciario che lega ogni uomo all’altro.

In ogni caso, ci siamo distratti o addormentati e adesso ci svegliamo in un sistema che risulta estraneo a ciascuno, pur essendone la somma matematica e lontano da tutti, pur essendo composto di ciascuno.

Si avverte una strana sensazione: come se qualcuno ci avesse derubato durante il sonno. E quello che ha portato via non é soltanto il denaro e ogni cosa di valore. Ci sentiamo privati anche dell’intelligenza sociale, cioè di quella capacità di fare sistema per difendere ciò che ci appartiene.

Siamo corretti, risentiti, intenzionati a cambiare, ma non riusciamo a fare sistema e se sommiamo le nostre forze, ” la somma non fa il totale”. Tutti vogliamo un società più giusta, ma non riusciamo a ritrovarci nella stessa direzione politica e sociale, al di fuori di quella della rassegnazione.

É come se la società fosse posseduta da un sistema di furbi che, oltre a riservarsi i posti migliori del potere, giocano a condizionare le coscienze di ciascuno fino a farci credere che tutto non sia come lo vediamo. Il solo compito che ci viene assegnato è solo quello di scegliere e sostenere una parte o l’altra. Niente di più.

Ma come si fa a riconoscere un corrotto? Non è più come una volta, in cui i delinquenti avevano facce cupe e vivevano ai margini della società. Una volta la società sentiva come un proprio compito ineludibile quello di presidiare i valori della convivenza civile e i suoi rappresentanti si sentivano di dover competere sul terreno dei valori e della capacità di promuovere una migliore qualità della vita per tutti, con particolare riguardo a chi versava in condizione di bisogno o di debolezza.

La tendenza si è invertita. Chi ha raggiunto i vertici dei palazzi del potere, di norma, è sceso a patti e compromessi e ha dimostrato capacità di abdicazione della coscienza, quella che genera dilemmi morali e mette in crisi di fronte a scelte che generano ingiustizia. Chi ha scelto la correttezza, invece, si trova ai margini, in compagnia dei propri valori e poco di più, quando non è persino ritenuto un fastidio o una minaccia per la tenuta istituzionale.

Viviamo in un nuovo bipolarismo: da una parte chi è corretto e spera ancora nel vivere civile e nel rispetto della legalità; dall’altra chi si sente furbo e vive di espedienti, scorciatoie e incarichi istituzionali, conseguiti con il raggiro o con l’inganno dell’appartenenza elettorale, che tutto assolve.

La società assiste al proprio declino, espresso da una frattura sociale tra chi decide per sé e chi viene privato di risorse e opportunità e spogliato di ogni dimensione sociale. Ma tutto ciò non è opera di ladri mascherati o di bande con la lupara, ma di signori eleganti che nascondono abilmente i loro propositi di corruzione. Che magari sono professionisti o alti funzionari. Che si presentano bene e utilizzano un linguaggio pacato. E che fanno della retorica e del perbenismo le migliori armi per difendere le loro posizioni.

Non serve il richiamo all’etica o alla lealtà. Sono termini abusati che proliferano nei discorsi dei corrotti che si prodigano nel richiamarli con sempre maggiore enfasi, come se ci credessero davvero.

Il corrotto non frequenta necessariamente le bische o il malaffare. Si serve di questi, ma ne esprime il lato presentabile. Lui fa il gioco pulito e quello “sporco” lo fa fare agli altri. Si veste bene, partecipa ai salotti, si presenta alle elezioni, si allea, amministra e ha bisogno del potere come se fosse una droga. Non c’è nulla che possa tenerlo lontano dal palazzo comunale o dai luoghi in cui si amministra. E si sente furbo perché si allea con tutti, senza alcuna distinzione, sentendosi così un abile politico. Perché è la buona coscienza che insinua il tarlo della distinzione di valore tra gli alleati. E lui non ce l’ha. Sembra interessato ai problemi di tutti. Sembra volere risolvere ogni cosa. Ma in verità lo interessa solo ciò che può assicurargli potere e profitto. C’è chi, per darsi un tono ostenta auto di lusso, per dimostrare quale destino fortunato compete a chi corrompe. Ma c’è anche chi, invece, per rafforzare l’inganno gira da sempre con la stessa vecchia auto, confermandosi come esperto del raggiro e della manipolazione, magari vivendo altre vite e accumulando tesori in luoghi lontani, pensando di essere eterno.

La migliore descrizione del “corrotto” ci viene fornita proprio da Papa Francesco “Quanto è difficile che il vigore profetico sciolga un cuore corrotto!” È talmente arroccato nella soddisfazione della sua autosufficienza da non lasciarsi mettere in discussione. «Accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio» (Lc 12,21). Si sente a suo agio e felice come quell’uomo che pianificava la costruzione di nuovi granai (Lc 12,16-21), e se le cose si mettono male conosce tutte le scuse per cavarsela, come ha fatto l’amministratore corrotto (Lc 16,1-8) che ha anticipato la filosofia degli abitanti di Buenos Aires del «fesso chi non ruba». Il corrotto ha costruito un’autostima che si fonda esattamente su questo tipo di atteggiamenti fraudolenti: passa la vita in mezzo alle scorciatoie dell’opportunismo, a prezzo della sua stessa dignità e di quella degli altri. Il corrotto ha la faccia da non sono stato io, «faccia da santarellino» come diceva mia nonna. Si meriterebbe un dottorato honoris causa in cosmetica sociale. E il peggio è che finisce per crederci. E quanto è difficile che lì dentro possa entrare la profezia! Per questo, anche se diciamo «peccatore, sì», gridiamo con forza «ma corrotto, no!».

É ancora il Papa ad affermare lucidamente che “Una delle caratteristiche del corrotto di fronte alla profezia è un certo tipo di complesso di «inquestionabilità». Si offende dinanzi a qualunque critica, discredita la persona o l’istituzione che la emette, fa in modo che qualsiasi autorità morale in grado di criticarlo sia eliminata, ricorre a sofismi ed equilibrismi nominalistico-ideologici per giustificarsi, sminuisce gli altri e attacca con l’insulto quelli che la pensano diversamente (cfr. Gv 9,34). Il corrotto è solito perseguitarsi inconsciamente, ed è tale l’irritazione che gli genera questa autopersecuzione che la proietta sul prossimo e, da autoperseguitato, si trasforma in persecutore.”




Sulle Primarie e sulla Partecipazione

Corre l’obbligo, per amore della trasparenza e per rispetto di chi legge, premettere che chi scrive è un iscritto al Partito Democratico di Torvajanica e che al congresso locale ha sostenuto in prima persona la mozione rinnovatrice della lista In Campo per Cambiare.

La fine della fase congressuale, che ha raggiunto il suo apice con la celebrazione delle elezioni primarie per la scelta del segretario nazionale, ci permette di fare delle brevi e modeste considerazioni politiche. La prima cosa che possiamo affermare con una certa sicurezza è che bene o male tutta la fase congressuale del Partito Democratico è stato un fenomeno mediatico non indifferente. Per almeno due mesi, telegiornali, trasmissioni televisive di approfondimento e testate giornalistiche cartacee ed online ci hanno inondato di informazioni ed analisi sui concorrenti e sui loro programmi, senza  risparmiarci  il  minimo particolare.

Questo è sicuramente un fatto positivo, sia per chi ha fatto parte della macchina organizzativa, sia per chi semplicemente ha espresso una preferenza, ma non deve essere né un fatto consolatorio, né un punto di arrivo.

E’ vero la politica è in crisi. E’ in crisi in ogni parte del mondo perché le persone hanno sempre più la sensazione che le decisioni fondamentali di una comunità, non vengano prese dai legittimi rappresentanti della sovranità popolare, ma fuori dalle istituzioni, lì dove si annidano forti interessi economici, o dove freddi burocrati applicano la tecnica, privi di una coscienza sociale o semplicemente privi di moderazione. Se la politica vuole tornare a scaldare i cuori dei cittadini deve aprirsi alla partecipazione dal basso .

Il concetto della partecipazione è diventato così ovvio che rischia di rimanere solo uno slogan se non lo mettiamo in pratica. Nessuno oggi si sognerebbe di contestarlo, perfino le grandi organizzazioni si sono rese conto che data la situazione attuale, è essenziale dare potere decisionale a chi realmente interagisce nella società. E’ dal basso quindi che devono essere prese le decisioni secondo una logica “Bottom Up” da contrapporre alla vecchia visione organizzativa “Top Down”, dove tutte le informazioni e le scelte venivano prese dai vertici dell’organizzazione.

Ma tornando a concentrarsi sul campo della politica e dell’amministrazione della cosa pubblica, è fondamentale, dicevamo, che si passi dalla partecipazione democratica come slogan, alla sua applicazione pratica.

Le elezioni primarie sono un’applicazione pratica di quanto abbiamo detto?

La mia risposta è che lo sono solo in parte. Esistono vari gradi di coinvolgimento dei cittadini alla politica. Scegliere il segretario di un partito, o il candidato premier alla carica di presidente del consiglio dei ministri è un primo passo, ma è un passo leggero, che rimane un po’ in superficie nel terreno, un passo che non penetra a fondo l’essenza del concetto di partecipazione. I cittadini devono, non solo scegliere tra la soluzione A o la soluzione B, tra Renzi, Cuperlo e Civati, tra il consigliere x e quello y, devono poter determinare radicalmente i programmi, le candidature, addirittura i provvedimenti di un sindaco, o di un gruppo consiliare. Questa è partecipazione allo stato puro. Limitarsi a permettere all’elettore di mettere una crocetta una volta ogni tanto, sottoponendo agli interessati scatole preconfezionate non basta. Semplificando brutalmente, il Partito Democratico deve essere partecipativo 365 giorni all’anno. Deve aprirsi alla discussione ed alla determinazione dei cittadini su qualsiasi aspetto della vita politica.

Esiste un modello partecipativo che secondo me funziona, è il meetup, implementato dal Movimento Cinque Stelle. Ecco, non dobbiamo snobbare uno strumento solo perché lo usa un avversario politico. Si deve avere l’intelligenza di utilizzare qualcosa che funziona, magari adattandolo al proprio contesto.

(Questa idea di coinvolgimento tra l’altro è alla base della mozione presentata all’ultimo congresso locale dalla mia lista, mozione che vuole mettere al centro della vita politica del Partito Democratico del comune pometino, l’Assemblea degli Iscritti come massimo organo deliberativo nei fatti e non a parole).

Riassumendo quindi, la partecipazione non è solo una possibilità di scelta una tantum, ma è  la possibilità concreta di determinare realmente le decisioni da prendere, aggiungendo però un altro aspetto, che secondo me, è l’ essenza  del concetto partecipativo, ovvero aggiungendo il fatto che la partecipazione è legata, fortemente, alla possibilità di veder realizzato quello che si è determinato. Ecco il principio attivo che debella qualsiasi malattia della politica: la realizzazione concreta di quello che si è scelto attivamente. Un cittadino che decide e vede realizzato ciò che ha scelto, non solo ritrova fiducia nella politica, non solo aumenta il proprio interesse per l’amministrazione della cosa pubblica, ma acquisisce responsabilità sociale, combatte le tentazioni egoistiche di pensare solo al proprio benessere personale senza curarsi delle sorti degli altri.

Le primarie per concludere, sono un punto di partenza, sono una forma blanda di partecipazione, se non accompagnate da una rivoluzione strutturale dei partiti, un cambiamento radicale che trasformi le vecchie organizzazioni gerarchiche come le conosciamo noi, in cellule fondamentali  del tessuto sociale, nonché in luoghi decisori dove chiunque associandosi possa rappresentare veramente le proprie istanze, sentendosi parte attiva della comunità. Ora spetta al gruppo dirigente che si è recentemente affermato nel PD, accontentarsi di un’illusoria vittoria elettorale, o decidersi finalmente ad accendere la miccia del cambiamento radicale. Ai posteri l’ardua sentenza.




Rimborsi elettorali ai partiti politici – Come funzionano ?

Rimborsi Elettorali, ma sapevate che…

Si fa un gran parlare della battaglia sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti politici, portata avanti in particolare dal Movimento 5 stelle, e ci si indigna quando escono alla ribalta della cronaca gli scandali legati all’utilizzo che i partiti, tramite i loro tesorieri, hanno fatto di questi soldi pubblici . Sull’argomento e’ intervenuta recentemente la Corte dei Conti.

Ho pensato di scrivere due righe per cercare di capire meglio in cosa consiste questo enorme flusso di denaro che dalle casse dello Stato finisce nelle tasche dei partiti.

Probabilmente molti gia’ conoscono il meccanismo, ma nel dubbio preferisco schematizzare perche’ le parole utilizzate dal legislatore “rimborso” e non “finanziamento” fanno la differenza (ma solo a parole).

Premetto che nel 1993 il 90,3% degli italiani che hanno votato al referendum, si sono espressi per l’abolizione del “Contributo dello Stato al finanziamento dei partiti politici”.

Quindi possiamo dire che lo Stato non puo’  e non deve finanziare i partiti politici.

Nello stesso anno viene pero’ introdotta la norma che consente il rimborso delle spese elettorali.

Come molti, finche’ non ho approfondito ho interpretato cosi’:

1)  Il partito o movimento politico partecipa alle consultazioni elettorali;
2)  Il partito o movimento politico sostiene delle spese per partecipare alle consultazioni elettorali;
3)  Le spese elettorali sostenute dal partito o dal movimento poi vengono rimborsate dallo Stato al termine delle consultazioni elettorali;

Le cose nella realta’ sono differenti e spiego perche’:

1)  Non c’e’ alcuna relazione tra le “spese sostenute” ed il “rimborso “ ricevuto. Ed infatti per le spese la norma prevede esclusivamente un tetto da non sforare (abbastanza alto) e l’obbligo di pubblicare il bilancio. Il rimborso e’  erogato sulla base dei voti presi con alcune condizioni (1% dei voti presi e poi un rappresentante eletto). In pratica si potrebbe anche ipotizzare che un partito o movimento che nulla spende ottiene lo stesso il “rimborso” delle spese non sostenute;

2) Non c’e’ alcuna relazione con la consultazione elettorale , infatti le somme vengono erogate per tutti gli anni di durata della legislatura, anche in caso di scioglimento anticipato delle Camere;

3) Sui bilanci e rendiconti dei partiti e movimenti politici e’ prevista solo una verifica dell’eventuale sforamento del tetto massimo delle spese elettorali sostenute, non e’ richiesto esibire fatture o documentare i costi.  I soldi che arrivano ai partiti sono di importo anche 10 volte piu’ elevato delle spese elettorali sostenute;

nel 2012 complice la crisi e la protesta civile si e’ iniziata a ridurre la “torta” a disposizione dei partiti, ora la Corte dei Conti si accorge che per 20 anni giocando con le parole sono stati trasferiti ai partiti politici milioni e milioni di euro di soldi pubblici.

Per non parlare poi di quello che parlamentari, senatori e consiglieri regionali hanno a disposizione per le spese legate al loro mandato, ma quello’ e’ argomento di un altra pillola, anzi supposta dorata basata sui giochi di parole.