Donne,emozioni e film(2)

Si terrà sabato 20 febbraio il secondo incontro gratuito dell’evento ‘Ciak! Tu chiamale se vuoi…emozioni’ che Sportello Donne Pomezia promuove per festeggiare il suo anniversario e vedere con occhi diversi il film ‘La finestra di fronte’, presso la libreria Odradek .

La proposta è la stessa che ha riguardato lo scorso incontro. “Bisogna lasciarsi andare e far riemergere le emozioni che la pellicola ci fa riaffiorare insieme a esperienze passate, vissuti e ricordi”, sottolinea Marina Landolfi, che conduce il post film insieme a Serena Rossi, anche lei operatrice-volontaria di Sportello Donne Pomezia.
I partecipanti avranno l’occasione di ‘tirare fuori’ in gruppo le loro emozioni insieme agli altri, scambiarsi idee e commenti, cercando di aumentare la consapevolezza delle proprie dinamiche interne.
“Nello scorso incontro le donne hanno partecipato con attenzione e un po’ di curiosità, in quanto la metodologia è quanto meno inusuale. Ma devo dire che hanno dimostrato interesse e disponibilità a mettersi in gioco creando un clima di fiducia e apertura” conclude Landolfi.
‘La finestra di fronte’ di Özpetek racconta al storia di Giovanna, una giovane madre con due bambini, che nella routine di tutti i giorni trova ‘nella finestra di fronte’ qualcosa su cui sognare. Ma per trovare il vero progetto della sua vita non ha bisogna di stare ‘in finestra’,ma deve prendere in mano la propria vita anche sbagliando, dando spazio anche alle emozioni… Siete tutti invitati ad un pomeriggio insieme, pieno di emozioni!




50 sfumature di noia

Ok lo so, sono in ritardo, ma con due bambine al cinema si vedono solo cartoni animati, e in TV il film è andato in prima serata (scelta ampiamente discutibile per una pellicola VM14 ma non è questo il tema di oggi). Non potendo vederlo con le bimbe in giro per casal’ho visto successivamente… in tre parti… eh si, perchè sono riuscita ad addormentarmi per ben 2 volte.
La prima quando lei annuncia di essere Vergine… ebbene si, la protagonista del film più trasgressivo degli ultimi anni è vergine…
La seconda quando lei si ritaglia un momento per se andando a trovare la madre a km di ditanza e lui si presenta a controllare cosa fa…
Ma veniamo ai dettagli, lei è una timida studentessa che si mantiene con un umile lavoretto, lui un mega imprenditore (ma non è dato sapere nel dettaglio di cosa realmente si occupi) con un mega ufficio, un mega attico, e un mega garage pieno di auto costose.
e’ colpo di fulmine, ma da subito Mr Grey mette in chiaro i suoi gusti presentando un contratto con regole ferree da rispettare per poter intraprendere una relazione sessuale con lui.
“IO NON FACCIO L’AMORE, IO SCOPO… FORTE!”
Ecco, dopo questa frase ho dovuto mettere in pausa, perchè le risate coprivano lo svolgimento del film, credo di aver riso per buoni 10 minuti.
Ma andiamo avanti, Mr Grey deve avere sempre tutto sotto controllo, quindi per parlare con lei le regala un pc nuovo, (il suo poverina era da riparare), una nuova auto, (la sua poverina era un pò datata) e la manda da una ginecologa di sua fiducia per tenere sotto controllo il suo stato di salute e il suo protocollo di contaccezione.
Lei è tentata ma se la tira un pò, o forse fa solo finta, comunque alla fine cede ed entra nella “stanza dei giochi” pur non avendo ancora firmato il contratto. Come funziona la stanza dei giochi? ci sono diversi attrezzi sadomaso, tra cui un letto con i ganci per appendersi e legarsi ma a decidere è solo lui, lei deve sedersi in ginocchio, nuda e con lo sguardo rivolto alla porta e le mani sulle gambe ed aspettare finchè lui non decide che è ora di potersi muovere, ah, e ovvimante non può parlare se non per dibre stop se si supera il limite.
Non entro in ulteriori dettagli ma in questa stanza non è che succeda nulla di così eclatante anche perchè Anastasia ha un orgasmo praticamente ogni 30 secondi, basta anche il solo respiro di Mr Grey.
Il film è un continuo tira e molla, lei ogni tanto se la tira, lui ritorna alla carica con la firma del contratto, poi si “gioca” un pò, poi lei cerca di instaurare un rapporto normale e lui si ritarae però non resiste e si gioca di nuovo… insomma la trama è quel che è!
Fino al punto di rottura… lei vuole la normalità lui ha bisogno di essere dominatore, e lei insiste:
“Perchè? perchè vuoi punirmi?
PERCHE’ DENTRO HO 50 SFUMATURE DI PERVERSIONE!”
altra pausa… altre risate…
Ma qui viene il bello, lui la porta nella stanza dei giochi e le mostra la punizione
la fa sdraiare su un tavolo (ovviamente nuda)
e la colpisce sul sedere con una cinghia per 6 volte.
A questo punto lei finalmente reagisce, solo dopo la sesta cinghiata però… esce dalla stanza dei giochi ma non se ne va, rimane nella sua stanza da letto a piangere tutta la notte
La mattina la svolta, breve inutile diaologo e lei se ne va, nonostante lui provi timidamente a trattenerla… e … TITOLI DI CODA!!!
ecco, a questo punto non sapevo veramente se ridere o piangere… ma che finale è?
Insomma dopo essere stata sottomessa in ogni modo, aver gettato al vento ogni barlume di dignità, aver distrutto l’immagine femminile lasciandosi andare a gridolini improbabili solo all’essere sfiorata ritrova un briciolo di orgoglio e se ne va, ma solo dopo aver preso 6 cinghiate!!! e … niente… finisce tutto così…
Insomma, non so, io non ho letto il libro e quindi forse non riesco ad apprezzare a pieno la storia, la situazione, la passione… altrimenti non spiego tutto questo successo, forse chi ha letto il libro ha potuto immaginare sfumature nascoste tra le righe che in pellicola magari non sono passate ma io non ho visto assolutamente nulla… niente… il vuoto cosmico, attori mediocri, trama da romanzo harmony, scene HOT con inquadrature al imite del porno ma di qualità decisamente inferiore, direi a tratti forse gorttesco.
Continuo a riflettere su come mai abbia avuto tanto successo tra le donne e non ci sia invece stata un insurrezione delle femministe, e come mai nessuno si sia lamentato della messa in onda in prima serata.




Donne, film e tante emozioni

Al via l’evento gratuito ‘Ciak! Tu chiamale se vuoi…emozioni’ promosso da Sportello Donne Pomezia. Sabato 6 febbraio, presso la libreria Odradek, sarà proposto il primo film

Si svolgerà il 6 e il 20 febbraio 2016, presso la libreria Odradek di Pomezia, l’evento gratuito ‘Ciak! Tu chiamale se vuoi…emozioni’ organizzato da Sportello Donne Pomezia che propone la visione di due film da vedere con occhi diversi, per abbandonarsi alle emozioni e attivare o ri-attivare vissuti, ricordi e ansie legati a qualche esperienza passata (vedi locandina per dettagli).
Si avrà l’opportunità di esplicitare davanti agli altri le emozioni che il film ci suscita, aumentando la consapevolezza di noi stessi e delle nostre dinamiche interne.
“Si tratta di una nuova modalità d’approccio alla visione di una pellicola cinematografica: con un utile orientamento pratico-esperienziale per vedere e discutere in gruppo la storia di un film e dei suoi protagonisti, ma anche per cercare di sciogliere dei piccoli ‘nodi’ di vita quotidiana, cercando di individuare nuove strade di risoluzione” sostengono la dott.ssa Teresa Di Martino e la dott.ssa Marina Landolfi di Sportello Donne Pomezia che condurranno il primo incontro.
‘Agata e la tempesta’ di S. Soldini è il film che sarà proiettato sabato 6 febbraio. “Questa pellicola ci vuole raccontare, attraverso le storie un po’ strane dei suoi personaggi, che la vita ci riserva sempre delle sorprese e delle novità e che vale la pena attraversarla in compagnia di persone care, che rispettano noi e la nostra progettualità. Vi aspettiamo da Odradek per passare un piacevole pomeriggio ‘di emozioni’ insieme” conclude Landolfi.




Quel fantastico peggior anno della mia vita

Capita che alcuni film vengano giudicati ancora prima di esser visti, e non stiamo certo parlando dei cinepanettoni (con quelli sarebbe lecito farlo). C’è un altro genere che ultimamente ha preso sempre più piede, i cosiddetti young adult. Tralasciando quelli delle saghe, come Hunger Games o Maze Runner, siamo di fronte a numerosi film talvolta sottovalutati o che non hanno ricevuto la giusta importanza. Per fortuna non è il caso di Quel fantastico peggior anno della mia vita. Tralasciando la traduzione italiana (il titolo originale è Me & Earl & the Dying Girl), il film, già vincitore al Sundance Film Festival 2015, è uno dei migliori film dell’anno.

Greg (Thomas Mann) è all’ultimo anno di liceo, ma decide di trascorrerlo cercando di evitare il più possibile i rapporti sociali, in modo da passare inosservato. L’unica persona che accetta è Earl (RY Cyler), un suo amico con il quale realizza bizzarri film amatoriali; almeno fino al giorno in cui sua madre non lo costringe a stringere amicizia con Rachel (Olivia Cooke), sua compagna di classe affetta da leucemia. Quello che all’apparenza potrebbe sembrare il tipico teen movie con propensione per il drammatico, viene prontamente smentito da un film maturo e pieno di citazioni colte che si rivolge sì ai più giovani, ma che riesce a coinvolgere allo stesso modo anche il pubblico adulto. Paragonarlo a Colpa delle Stelle, ultimo grande successo di questo genere, è più che lecito, sia per la difficile tematica della malattia, sia per quel modo quasi spensierato di elaborare il lutto.

Eppure, anche l’inedito Now is Good di Ol Parker o Restless di Gus Van Sant, sono dei chiari ma preziosi esempi di come questi cancer movie parlino con un linguaggio universale, nonostante i protagonisti siano degli adolescenti. Quel fantastico peggior anno della sua vita, però, aggiunge un qualcosa in più. Siamo, infatti, introdotti nel mondo di Greg grazie alla sua voce narrante che ci accompagna nella sua vita, nella sua difficoltà a relazionarsi con i compagni e nella sua paura di crescere.

Quel disadattamento tipico nell’età adolescenziale, quel sentirsi diversi che emoziona e coinvolge ancora di più, come già successo con il cult Noi siamo infinito di Stephen Chbosky o con L’arte di cavarsela di Gavin Wiesen. Tutti film intensi che lasciano il segno, ricordandoci che la vita a quell’età non è solo la scelta del college o il ballo di fine anno, ma che è tanto difficile e ingiusta anche per loro. Solo che la vivono fino in fondo, sempre con il sorriso e con quella voglia pazza e spensierata di non arrendersi mai. Messaggio che vale per chiunque, non solo, quindi, per gli “young adult”. E ce lo ricorda anche Greg in Quel fantastico peggior anno della vita, dove l’ironia e il cinismo si mescolano perfettamente alla drammaticità della storia. Però vi avverto, i pacchetti di fazzoletti servono comunque.

Martina Farci




Il Piccolo Principe – il film

Il 1 Gennaio 2016 uscirà al cinema in tutte la sale italiane il “Piccolo principe”, cartone d’animazione diretto da Mark Osborne e tratto dall’omonimo e famosissimo libro. Tutto ebbe inizio otto anni fa, quando i produttori francesi hanno avuto il via libera dalla Fondazione del patrimonio Saint-Exupéry per poter procedere alla realizzazione di questo ambizioso progetto. Il libro è riuscito a conquistare il cuore di tutti proiettandoci in un universo del tutto nuovo e abitato da strani personaggi, ognuno con un significato ben preciso. Ciascuno di noi, a modo suo, ha instaurato un legame forte e personale con il protagonista, un bambino dai capelli color dell’oro che vive su un piccolo asteroide insieme alla sua rosa.

Il film d’animazione non racconta, però, semplicemente la storia che noi tutti conosciamo, ma mostra il racconto dal punto di vista di una bambina che vive la propria vita in modo rigido, programmato e freddo… Proprio come un’adulta. Una bambina troppo matura per la sua età, abituata dalla madre a vivere programmando il proprio futuro, senza pensare mai al presente o avere tempo per giocare con gli amici. L’incontro con il nuovo vicino di casa, un “bizzarro” (per citare qualche parola del film) aviatore, le farà scoprire l’importanza di essere piccoli. Attraverso la storia del Piccolo Principe la protagonista riscoprirà il proprio “bambino interiore”, quello che la maggior parte degli adulti dimenticano crescendo.

Le scene tratte dal libro vengono realizzate in stop motion, un bellissimo omaggio che tanto ricorda i disegni originali di Exupéry. Insieme alla bambina riviviamo i momenti più belli della storia: dalla rosa sotto una campana di vetro, all’incontro con l’uomo d’affari, al segreto della volpe. E’ difficile essere all’altezza di un capolavoro del genere, così ricco di sensibilità. Nonostante l’estensione della trama, il film riesce bene nel suo intento e evidenzia i due grandi insegnamenti che la storia vuole trasmettere: il primo è che l’essenziale è invisibile agli occhi e il secondo è che non bisogna mai dimenticare il bambino che c’è in noi (che attenzione, non significa non diventare adulti!). Grazie alla creazione di una società indipendente è stato possibile sviluppare un progetto senza vincoli. In questo modo riscopriamo di stupirci di nuovo per un aquilone che vola nel cielo o nel guardare le stelle la notte , immaginando che in una di esse ci sia un piccolo bambino che si prende cura della propria rosa vanitosa.

tutti i grandi sono stati bambini una volta, ma pochi di essi se ne ricordano




Io e lei

Il nuovo film di Maria Sole Tognazzi “Io e lei” è una commedia sentimentale che racconta di una normale coppia, quella di Marina e Federica, due donne adulte dal carattere molto contrastante. Marina è solare, libera e fresca, da sempre consapevole della propria omosessualità. Federica è fredda e seriosa, ma ricca di fascino. Marina è stata la prima donna di cui Federica si è innamorata. I tempi cambiano, così come accade alla protagonista di questa storia. Il suo rapporto, stabile ormai da cinque anni, sta subendo una svolta: la storia d’amore entra in crisi, come capita spesso a molte coppie. Federica è insicura e la sua vita si riempie di domande. Non sa più chi ama, non capisce più chi è. Ha paura, ma paura di cosa? Non si tratta del timore del giudizio altrui, ma della paura di lasciarsi andare completamente e di amare, una paura comune e che in molti capita di avere.

La quotidianità delle scene, i problemi che affliggono prima o poi qualsiasi rapporto, le battute, la libertà di amarsi: tutto parla chiaro. Una coppia come quella di Marina e Federica non è altro che come una qualsiasi altra coppia. Non esistono differenze.

Come dichiara la regista, il film si concentra più sull’ordinarietà della storia d’amore che sulla straordinarietà delle due fidanzate. Infatti, la normalità è la vera essenza di questa commedia che ha come protagoniste donne forti e autonome, capaci e consapevoli di compiere scelte importanti. Si tratta di donne libere e indipendenti.

L’omosessuale -o come meglio preferisce dire la Ferilli “omosentimentale”- non è più solo un personaggio comico o una novità, ma una semplice persona che vive la propria vita quotidiana come qualsiasi altra, tra gioie e difficoltà.

Il film si pone in un periodo in cui il tema dell’omosessualità viene spesso affrontato, cercando di dare non solo il proprio contributo in questa battaglia per il riconoscimento di uguali diritti ma di rappresentare anche un valore aggiunto. Quest’ultimo viene racchiuso nella credibilità di tale divertente commedia, la quale ci spinge a non accorgersi più che la coppia in questione è composta da due donne.

“Io e lei” è uno tra i primi film italiani a parlare dell’omosessualità femminile e di per sé rappresenta una grande novità. Il ruolo delle due protagoniste calza a pennello alle attrici Sabrina Ferilli e Margherita Buy, tra le quali non solo vi è molta complicità ma anche la capacità di compensarsi l’una con l’altra.

Il film, che uscirà il 1 ottobre nelle sale italiane, mette in risalto non tanto il valore politico a cui si ispira quanto l’amore vero e proprio di una semplice coppia che cerca di rincorrere la felicità.




L’addio di Claudio Caligari, la bellezza di Danish Girl

Come promesso, eccomi a parlarvi dei film visti finora alla 72.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Quando ormai ci stiamo avvicinando alla conclusione del festival, è possibile trarre i primi bilanci, tra delusioni, conferme e sorprese. Solo una premessa: giusti o sbagliati che siano, i miei giudizi sono dettati dal cuore e da quello che i film mi hanno trasmesso nel corso della proiezione o che mi hanno lasciato dentro una volta terminato.

Perché dovute sapere che, ad un festival, durante le preziose pause caffè, i pareri discordanti su un film sono all’ordine del giorno. Quindi ormai ci rinuncio: vado avanti per la mia strada e basta. Chi è d’accordo bene, altrimenti va benissimo lo stesso. Detto questo, sono pochi i film che mi hanno particolarmente colpita in tutto e per tutto. Uno di questi è sicuramente The Danish Girl di Tom Hooper con Eddie Redmayne e Alicia Vikander, tanto emozionante quanto delicato, sia nella regia che nelle interpretazioni.

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Convincente, poi, El Clan di Pablo Trapero, che racconta la vera storia della famiglia Pucci, la quale, nell’Argentina degli anni ottanta, rapiva delle persone a scopo economico. A strappare applausi a scena aperta, però, ci hanno pensato Anomalisa di Charlie Kaufman e Duke Johnson e 11 Minutes di Jerzy Skolimowski. Il primo è l’unico film d’animazione presente in concorso, ed è una favola agrodolce per soli adulti, il secondo racconta 11 minuti di dieci personaggi diversi, legate da una concatenazione di eventi, in un finale inaspettato e punto forza del film, grazie ad un effetto domino straordinario. Sperimentale, poi, il nuovo lavoro di Aleksander Sokurov, Francofonia, che ci porta all’interno del Louvre, tra passato e presente, arte e storia.

Gli italiani, invece, finora sono stati rappresentati da A Bigger Splash di Luca Guadagnino, Sangue del mio Sangue di Marco Bellocchio e L’Attesa di Piero Messina.  I primi due si sono rivelati al di sotto delle aspettative, nonostante il cast del primo (Ralph Fiennes, Tilda Swinton, Dakota Johnson e Matthias Schoenaerts) e la trama intrigante del secondo, mentre il debutto cinematografico di Piero Messina ha sorpreso proprio per la maturazione mostrata, supportato anche da una bravissima Juliette Binoche.

Questi, finora, i film in concorso particolarmente degni di nota, a cui vanno aggiunti i già citati Beats of No Nation di Cary Joji Fukunava, Marguerite di Xavier Giannoli e Equals di Drake Doremus. Una menzione speciale, però, va fatta anche a Non essere cattivo, il film postumo di Claudio Caligari, presentato fuori concorso e vera rivelazione del festival, a Tanna, presentato alla Settimana Internazionale della Critica, e al documentario di Jake Paltrow e Noah Baumbach su Brian De Palma, presente al Lido anche per ritirare il premio Jaeger-LeCoultre. Ora ci aspettano le ultime proiezioni e i primi responsi, scommesse già iniziate.




L’autografo di Johnny Depp e di Eddie Redmayne…

per Martina ( e per Pomezianews!)

Dovete sapere che i giorni ad un festival cinematografico sono uno diverso dall’altro. Sembra strano, ma è così. E per me lo sono stati, in maniera diversa, questi ultimi tre alla 72.a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.

Il perché è semplice: mi sono ritrovata più fan che critica. Ogni tanto succede, ed è meraviglioso. Difficile rimanere indifferenti se il Lido si trasforma in una bolgia per l’arrivo di Johnny Depp o se uno dei tuoi attori preferiti, Eddie Redmayne, presenta il film da te – stranamente – più atteso. Perché, quindi, privarsi dell’entusiasmo e della gioia nel volere un autografo o nel provare a scambiarci due parole? In fondo, siamo qui per questo, per vivere il nostro sogno. Così, quando venerdì mattina ti accingi a seguire la prima proiezione mattutina (alle 8.30, per l’esattezza), ti accorgi che nell’aria c’è qualcosa di diverso, c’è più movimento… e molta più gente!

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Perché sì, per l’arrivo di Johnny Depp, c’è perfino chi ha passato la notte sul red carpet per riuscire ad assicurarsi la prima fila. Ma il delirio generale – in senso positivo –  è aumentato di ora in ora, quando ormai anche la conferenza stampa era gremita di giornalisti. E allora anch’io, trascinata dall’entusiasmo generale, non ho resistito e ho sfidato la sorte nel tentativo di riuscire a strappargli un autografo, che dopo quasi un’ora di attesa è prontamente arrivato.

Ma chi non lo farebbe per Johnny Depp? E se ve lo state chiedendo, sì, non era al suo massimo della forma, ma chi se ne importa! Niente a che vedere, però, con l’emozione provata per l’arrivo in conferenza stampa di Eddie Redmayne, quasi commosso dall’accoglienza trionfale ricevuta.

Il nostro privilegio, infatti, è proprio quello di vederli – per quel poco che ci è concesso – nella loro vita reale, senza interpretazioni che tengano, a confermare o smentire l’idea che ci eravamo fatti di loro. E Eddie si è prontamente rivelato per la bella persona che immaginavo fosse, timido e dolce allo stesso tempo, quasi imbarazzato da tanta attenzione. Quindi riuscire a farsi fare l’autografo, o a dirgli “your performance is incredibile!”, è solo il coronamento di una giornata già perfetta, dove i tuoi sogni per una volta sono diventati realtà. Se a questo, poi, si aggiunge l’emozione per la toccante visione di The Danish Girl – ad ora il miglior film visto – in cui regala un’altra interpretazione da Oscar, è facile comprendere con quanta felicità e gioia abbia vissuto il tutto. E sono giorni come questo che ci ricordano perché siamo qui e perché amiamo il cinema. Dei film vi parlerò la prossima volta, questo era il mio momento fan girl, scusate!




Un’escursione sull’Everest in 3 D

Pomezianews a Venezia 72 – Un’escursione sull’Everest in 3 D

 

spotlightveneziaEverest ha ufficialmente inaugurato la 72° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e dato il via così a proiezioni, red carpet e conferenze stampa. Questi primi due giorni, però, sono serviti principalmente a riassaporare il clima festivaliero, dove i ritmi quotidiani sono scanditi da un programma pieno di impegni, nell’ardua impresa di riuscire ad incastrare perfettamente quello che si dovrebbe e si vorrebbe fare.

Perché l’imprevedibilità è sempre dietro l’angolo, sia in senso negativo che positivo, ma fa parte del gioco. Così in fila per le proiezioni si spera di entrare senza rimanere fuori, come riuscire a prendere un autografo senza venire sommersi. Il bello, però, è proprio questo, quello di condividere con persone il tuo stesso sogno e ritrovare in loro la tua stessa passione. Perché tutti siamo stati  fan una volta, e allora quando alle 8.30 del mattino trovi già ragazzine appostate davanti al red carpet per Jake Gyllenhaal non puoi che sorridere, e ritenerti fortunata a vedere il film in anteprima stampa, seguito anche dalla conferenza in cui è presente il cast.

Ti rendi conto, così, di essere una privilegiata e di sognare ad occhi aperti, almeno per qualche giorno all’anno. Quello che alla fine rimane, però, oltre al ricordo e all’esperienza personale, è la visione di tanti, troppi film, che magari lasceranno il segno nella storia del cinema, o almeno nella corsa ai premi importanti. Di quelli visti finora si può già fare un primo bilancio, ovvero che la gran parte è tratta da fatti realmente accaduti. Questo, però, non significa una mancanza di idee, ma piuttosto un bisogno di attenersi ad una realtà che ci sta sfuggendo di mano.

Parliamo di Everest di Baltasar Kormàkur, interpretato da Jason Clarke, Josh Brolin e Jake Gyllenhaal, e della conquista della montagna più alta del mondo, che grazie ad un 3D spettacolare, fa provare la sensazione dell’altezza, e di Beats of No Nations, film in concorso del regista della prima stagione di True Detective, Cary Fukunaga, che racconta la tragica storia di un bambino africano educato per diventare soldato.

everestscenaA strappare applausi convinti, però, ci ha pensato Spotlight (fuori concorso), film di Thomas McCarthy che racconta lo scandalo dei preti pedofili a Boston. Una storia forte ma necessaria, interpretata da un grandissimo cast, nel quale spiaccano Michael Keatoon, Rachel McAdams, Stanley Tucci e Mark Ruffalo, questi ultimi due presenti al Lido e disponibilissimi con stampa e fan – oltre che molto eleganti. La 72.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, quindi, si appresta ad entrare nel vivo con quello si preannuncia un weekend di fuoco, dove sono attesi Johnny Depp, Kristen Stewart e Eddie Redmayne, oltre al primo film italiano in concorso, L’attesa, di Piero Messina, con Juliette Binoche. Ah, dimenticavo, Robert Pattinson ha dovuto dare forfait all’ultimo minuto. Peccato, perché un Festival vive anche di questo.




In un posto bellissimo

Gli ostacoli del cuore di una vita (apparentemente) serena

Il successo de “Il primo incarico” cinque anni fa aveva sorpreso forse anche lei; Giorgia Cecere (da anni dietro le quinte del cinema italiano a scrivere dialoghi finissimi per un certo Gianni Amelio) si era goduta tutti i complimenti e le nomination italiane per quel piccolo film. E dopo un lustro di silenzi ci riprova, sempre insieme alla brava Isabella Ragonese, spostandosi al nord, in un paesaggio bellissimo e appannato di nebbia per tornare a raccontare gli ostacoli del cuore e le complicazioni di una vita solo apparentemente serena e realizzata.

La vita sull’orlo del precipizio è quella di Lucia, sposata con Andrea, e con un figlio, Tommaso. Sono quella sorta di trittico classico “Papà Mamma e Figlio-centro del mondo” di cui sono pieni i centri commerciali e le scuole calcio di tutto il paese, sono una famiglia realizzata, benestante e felice, almeno così sembra.

Eh si perché Lucia, che di mestiere vende fiori con una socia in affari divertentissima e giunonica, nasconde un dolore, cupo e disturbante, che emerge piano piano nel racconto e che le mina l’equilibrio. Equilibrio preso anche a spallate dal marito, che qualcuno sussurra abbia un’amante in ufficio e da un giovane immigrato, che vende cianfrusaglie sotto i portici storici della città piemontese. Questa scossa data dagli eventi che la porterà fuori di colpo dal suo tran tran quotidiano sarà, seppur  non senza sorprese ed eventi dolorosi la svolta della sua vita e del ritrovarsi per quello che è realmente.

In un posto bellissimo sassanelli In un posto bellissimo ragonesi IN UN POSTO BELLISSIMO locandina

Un film che vuole essere un ritratto di donna del nostro tempo, che però inciampa qua e là in una sceneggiatura non all’altezza del precedente film e ricca di situazioni spesso poco credibili.

Un percorso narrativo fitto di dialoghi e di silenzi a tratti troppo teatrali, misurato e solenne anche nelle frasi intimistiche, troppo “scritto” si potrebbe quasi obiettare, senza però riuscire a disegnare completamente una donna, Lucia, che invece avrebbe potuto raccontare a tutti molto di più.

Un film ricco e composito dunque, ma forse troppo composto, senza acuti, che si accende non tanto per la protagonista, una Isabella Ragonese insolitamente immobile per tre quarti di film, quanto per Paolo Sassanelli (troppo sottovalutato questo grande attore italiano) che, seppur da sparring partner, accende immediatamente la scena, portando empatia immediata in chi guarda.

In ombra Alessio Boni, anche per colpa di un personaggio scritto con  poca verve, come non convince assolutamente il maghrebino Faeysal Abbaoui, non all’altezza di un film così importante e dotto come questo. Oltre al già citato Sassanelli, bravissima è come sempre Piera Degli Esposti in un ruolo lucente che solo attrici come lei possono sostenere.




EX MACHINA – La seduzione del Robot

La seduzione del Robot

Un concorso, una gara tra dipendenti della grande azienda informatica per cui lavora;  Caleb lo vince, è lui il migliore tra i colleghi.  Dunque può ritirare il premio: una “vacanza” di lavoro presso il cottage del suo grande capo Nathan.

Il premio sarà un’occasione per il giovane programmatore per mettersi in mostra e fare carriera, solo che dopo aver raggiunto quella casa misteriosa tra i fiordi norvegesi, comprende che in realtà lui, più che un premiato, sarà  la cavia per un esperimento: la gestione delle relazioni e delle emozioni di un uomo quando si ha difronte un robot perfetto, speciale, e con le gambe, le forme e il sorriso seducente della splendida Ava.

Inizia così “Ex Machina”, produzione anglo-statunitense di prestigio e di alto budget, nuova frontiera del cinema futurista e futuribile, anche se dal tema già affrontato per la verità.

Ex-Machinawallpaper Ex-Machinascena1 exmachinafotoscena ex+machinaisaacSi perché la lotta emozionale con la “tecnologia intelligente” è un gioco delle parti che abbiamo già filosoficamente affrontato, sia con l’antesignano Hal di “2001 odissea nello spazio”, passando per la Rachael di “Blade Runner” fino al meraviglioso “Her” vincitore al Roma Film Festival.

Qui però, il regista, l’esordiente  Alex Garland, ci mette la componente erotica a complicare la trama, si perché Ava ha le fattezze stupefacenti di Alicia Vikander, ed il triangolo emotivo e psicologico che si creerà tra chi sembra gestire il gioco e chi sembra soltanto subirlo sarà abbagliante per la suspance del film, in un susseguirsi di sorprese e di kilobyte.

Ottimo il cast, oltre la già citata Vikander, premiata anche dal pubblico a Bari Fest dove il film è stato presentato in anteprima, molto bene anche il duo Caleb-Nathan formato da Oscar Isaac e Donhall Gleeson, il primo che ripete la grande prova di “A proposito di Davis” anche se non ha dietro la macchina da presa il duo Fratelli-Coen, mentre Gleeson ha lo sguardo della simpatica canaglia vista in quella maratona di “Harry Potter e i doni della morte” e che, tanto per rimanere nel tema fantascientifico, ritornerà nel nuovo (vecchio) Star Wars di prossima uscita.

Uscito in sedici sale a Roma, “Ex Machina” si può prevedere sarà il film dell’agosto romano, un bel film che lascia spazio anche per una sana riflessione sui limiti dell’uomo nei confronti delle sue creature tecnologiche, o del suo contrario.




The Reach

Caccia all’uomo

Un milionario senza scrupoli, terrificante e ammaliatore cerca una giovane guida per una battuta di caccia nel meraviglioso deserto del New Mexico.

Ben, il giovanotto è un idealista appassionato e appassionante, il migliore per orientarsi in quel deserto dagli scenari mozzafiato. Poi, un incidente, almeno così appare e tutto cambia, precipita, cade il velo falso della gita turistica e tutto si rivela per quello che è, o almeno per quello che sembra.

Tratto dal bestseller “Deathwatch” di Robb White, “The Reach – Caccia all’uomo” è un film che affonda quasi subito nella sabbia rossa del deserto per portare in un insolito percorso “on the road” lo spettatore al sempre eterno tema della caccia all’uomo, che rimanda ai grandi western americani del primo dopoguerra.

Il buono ed il cattivo dunque, con un cattivo che ha l’aspetto, la grinta e lo sguardo spietato di un redivivo Michael Douglas, che torna al suo ruolo perfetto, sempre in bilico tra ironia e follia.

Molti sono i richiami, non solo al western ma anche a certi thriller psicologici d’oltreoceano, come non pensare per esempio a “U-Turn” di Oliver Stone di qualche anno fa, o al meraviglioso “Duel” di Steven Spielberg, ma qui il regista francese Jean Baptiste Leonetti separa con dovizia i ruoli di vittima e carnefice, non confonde in questi 91 minuti lo spettatore, concentrandosi più sull’azione e sulla suspance, dove la lotta per la sopravvivenza è l’unico elemento essenziale dei protagonisti.

Una corsa a perdifiato dove la vittima ha lo sguardo dolce e delicato di Jeremy Irvine, attore britannico al primo film importante da protagonista, che dovrà sporcare con la sabbia rossastra dei Grand Canyon il suo faccino un po’ troppo da rivista patinata, risultando però credibile e godibile.

Un film a tratti ironico, ma sempre con una missione: quella di far trepidare lo spettatore per la sorte del giovane Ben, minacciato e sotto il tiro di un formidabile tiratore di fucile quale è quel folle di John Madec.

La fotografia, il colore e la dinamica regia confezionano un film godibile e intenso, spietato come solo gli eroi del grande western sanno essere.

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