Furore di John Steinback

Capolavoro della letteratura americana del novecento

 

Furore di John Steinback uscì nel 1939 negli Stati Uniti con il titolo The Grapes of Wrath e divenne in brevissimo tempo un best seller da oltre 4milioni di copie.

Insieme al successo, però, nacque una grande discussione tra chi affermava che Steinbeck avesse messo in luce un versione sbagliata delle grandi industrie proprietarie terriere e conserviere e delle manovre della banche e chi, al contrario, appoggiava in toto la versione del grande scrittore americano.

In Italia il libro approdò nel 1940 grazie a Elio Vittorini che lo segnalò a Bompiani e subì la rigida censura fascista ma venne comunque pubblicato perché, secondo il pensiero del regime, il romanzo smontava il sogno americano come terra promessa.

Furore di John Steinbeck – Bompiani

 

Trama

Furore narra la storia della famiglia Joad costretta ad abbandonare la terra che coltivano nell’Oklahoma a causa delle dust bowls, tempeste di sabbia e dagli esiti della crisi del ’29, i quali, per raggiungere il miraggio di una terra ricca e fertile come veniva raccontata la California, caricano su un vecchio autocarro tutti i loro averi e si incamminano lungo la Route 66, la famosa strada che congiunge i due oceani degli States.

La famiglia Joad non è sola in questa impresa. Migliaia di altre famiglie hanno fatto la stessa scelta e sono in viaggio verso la terra promessa, peccato che sia tutto un miraggio per attrarre in California manodopera in abbondanza e sfruttare i lavoratori i quali, invece di potersi rifare una vita, saranno costretti a subire angherie e soprusi di ogni genere. La loro dignità sarà azzerata e le loro speranze spazzate via in quel terribile dispregiativo con il quale verranno bollati come gli Okies.

Riflessioni

Furore sviscera una delle pagine più drammatiche dei primi anni del novecento americano e la grandezza di Steinbeck è proprio nell’aver reso universale il dolore e la ferita di un popolo.

Leggendo Furore nella nuova edizione integrale di Sergio Claudio Perroni per Bompiani, è facile paragonare la spinta verso l’Ovest negli anni ‘30 del Novecento con il flusso migratorio che sta affrontando l’Europa e l’Italia in particolare.

Leggendo lo stile magistrale e minuziosi con cui Steinbeck descrive la fame, la miseria, la speranza e la determinazione di andare avanti, si può immaginare lo stato d’animo che alberga nel cuore di chi è costretto a lasciare tutto, anche quando quel tutto è quasi niente, pur di sperare un futuro migliore per sé stessi e per i propri figli.

 

La vita randagia li cambiò; le grandi arterie, i bivacchi lungo la strada, la paura della fame e la fame stessa li cambiarono. I figli affamati li cambiarono, l’interminabile vagare li cambiò. Erano emigranti. E l’ostilità li cambiò li saldò, li unì; l’ostilità che induceva i centri abitati a raggrupparsi e a equipaggiarsi come per respingere un invasore, manipoli armati di manici di piccone, garzoni e bottegai armati di fucili, per difendere il mondo contro gente del loro stesso sangue.

Nell’Ovest si diffuse il panico […] e si convinsero a vicenda che loro erano buoni e che gli invasori cattivi, come fa ogni uomo prima di andare a combattere un altro.

A oltre settant’anni dalla sua stesura, Furore, riesce ancora a parlare ai lettori che non possono fare a meno di riconoscersi nei temi centrali di cui le pagine sono intrise: il dolore, la morte, la giustizia, la colpa, il riscatto e la ricerca del paradiso.

Furore non è un romanzo ma un capolavoro della letteratura del novecento che merita una lettura pacata e parsimoniosa per dare modo alle pagine, così intrise di verità, umanità e di storia che, purtroppo, si ripete immutata nel tempo, di sedimentarsi per bene nel profondo dell’animo di ciascuno di noi.

Tutti hanno diritto a sperare e lottare per un futuro migliore.

 

Non ci sarebbe mai stato nessun crollo finché la paura fosse riuscita a trasformarsi in furore.




UOMINI E TOPI

UOMINI E TOPI

di John Steinback

Ed. Bompiani

 

“I topi come noi non hanno una famiglia, mettono insieme un gruzzoletto e poi lo sperperano. Non hanno nessuno al mondo a cui importa un fico secco di loro…ma noi no, perché io ho te e tu hai me.”

 

John Steinback è uno dei massimi esponenti della letteratura americana e mondiale, vincitore del Premio Pulitzer con Furore nel 1940 e del Premio Nobel per la letteratura nel 1962.

Dopo poche righe tratte da Uomini e topi, e quelle dedicate alla sua biografia, potrei anche terminare qui la mia recensione. Questo dovrebbe essere più che sufficiente per prendere in mano subito questo romanzo breve ed immergersi dentro.

Desidero comunque dedicare ancora spazio ad una storia narrata quasi esclusivamente con dialoghi, a due protagonisti che creano una coppia improbabile e originale che ci parla di amicizia e speranza.

Basandosi su un fatto realmente accaduto, Steinback con uno stile colloquiale e diretto, scrive la difficile vita di George, Lennie e pochi altri disperati, per denunciare e mettere in mostra un lato dell’America che il pubblico non conosceva, o che forse faceva finta di non conoscere.

Pochi gli attori: un gruppo di migranti, il padrone della fattoria e la sua bella moglie. Poche le descrizioni e la narrazione ridotta al minimo indispensabile, in questo romanzo “si parla”.

George e Lennie vanno sempre in giro in coppia, sono diversi dagli altri migranti che per lo più vagano solitari e abbrutiti.  George è il trait d’union di tutto il romanzo e il protettore di Lennie, un omone grande e grosso con la mente di un bambino, vittima della propria possenza. Un sogno li accomuna e li sprona ad andare avanti, a non arrendersi, a lottare per riscattarsi da una vita di fatica, e Candy , il vecchio storpio addetto alle pulizie, renderà questo sogno quasi realizzabile, quasi…

 

Tornò a sedersi. Stavano tutti zitti, incantati dalla bellezza della cosa, ogni mente lanciata nel futuro, quando quella cosa stupenda si sarebbe avverata.

 

Si può dire di un romanzo, bevuto? Non so, ma per me è stato così.

 

 

SINOSSI

 

La storia, basata su un fatto realmente accaduto nel 1920,  di un’amicizia profonda tra due uomini, due braccianti stagionali in California che condividono un sogno.

George Milton si occupa da sempre con ferma dolcezza di Lennie Small, un gigante con il cuore e la mente di un bambino rimasto solo al mondo dopo la morte della zia Clara.

Il loro progetto è di mettere da parte un bel gruzzolo lavorando nei ranch per trovare e acquistare un piccolo posto tutto per loro, un po’ di terra da coltivare, conigli da allevare, frutta da raccogliere.

Ma le loro speranze sono destinate a sbriciolarsi in un’America gretta e gelosa, soffocata dalla crisi.