FAHRENHEIT 451

FAHRENHEIT 451

di Ray Bradbury

Ed. Oscar Mondadori

 

 

Fahrenheit 451 è un romanzo distopico scritto da R. Bradbury nel 1953. L’autore fu un appassionato di lettura fin da giovane, poi in età adulta, il venire a conoscenza di fatti storici effettivamente accaduti, lo portò alla stesura di questo romanzo che, per molti versi, si è rivelato precursore di ciò che stiamo vivendo da anni a questa parte.

I fatti storici che segnarono in modo particolare R. Bradbury e lo portarono alla creazione di questa incredibile storia, furono la distruzione della Biblioteca di Alessandria avvenuta tra il 48 a.C. e il 642 d.C. e il molto più recente rogo dei libri del 10 maggio 1933 a Berlino.

 

Bruciare sempre, bruciare tutto,

il fuoco splende, il fuoco pulisce.

 

Perno centrale del romanzo è Montag, un pompiere che invece di spegnere incendi, li appicca per distruggere case dove sono nascosti libri. Già dalle prime battute, un lettore come me cui la lettura è necessaria come l’aria, precipita in un orrore senza fine. La scrittura attualissima e spietata di Bradbury ci cala in un inferno in cui i libri sono l’oggetto più illegale che possa esistere.

Leggiamo, senza quasi riprendere fiato, di violenza, sopruso, scontro e della nascita di un dubbio che porterà il protagonista ad una svolta.

Se pensiamo agli anni in cui è stato scritto questo romanzo, non possiamo non percepire la lungimiranza dell’autore. Viviamo infatti in una società nella quale chi legge è quasi additato; viviamo in un mondo in cui è tassativo uniformarsi a quello che ci viene propinato perché voluto per un popolo che è preferibile mantenere poco istruito.

 

Un libro è una pistola carica

 

Qualcuno ha detto che Fahrenheit 451 è una dichiarazione d’amore ai libri. Non posso che essere più d’accordo, i libri vanno difesi perché, come traspare dalle righe del romanzo, in essi c’è la nostra storia, quelle di migliaia di altre persone, il nostro passato e il nostro futuro.

Chi legge vive mille e più vite rispetto chi non lo fa, R. Bradbury sottolinea come ci sarà sempre qualche coraggioso che non accetterà di bruciare tutto questo anche mettendo a repentaglio la sua stessa vita, perché i libri sono Vita.

 

Capite ora perché i libri sono odiati e temuti?

Perché rivelano i pori sulla faccia della vita.

La gente comoda vuole soltanto facce di luna piena, di cera, facce senza pori, senza peli, inespressive.

 

 

Quanto può essere attuale una storia in cui le persone vivono tra quattro mura che sono quattro schermi nei quali viene proiettato solo ciò che il regime reputa tale!

Vivamo oggi in simbiosi con la tv e altre tipologie di schermo, succubi di video e frasi fatte. Questo Bradbury nel 1953 non poteva saperlo, lo ha però immaginato.

Nel 1966 il regista Francois Truffaut ne ha realizzato un film, nel 2018 ne abbiamo avuto un remake diretto da Ramin Bahrani.

 

 

 

SINOSSI

 

Il protagonista Guy Montag lavora nei pompieri. Nella sua epoca i pompieri però non spengono gli incendi ma li appiccano nelle case di coloro che nascondono libri, considerati illegali.

All’inizio Montag sembra convinto della sua missione, poi però l’incontro con figure particolari e coraggiose, lo mette nel dubbio, lo porta a cambiare direzione tanto che la sua stessa moglie lo denuncia per aver violato l’obbligo di non conservare libri.

Il suo capitano fa di tutto per cercare di riportare l’uomo alla ragione, ma fallisce e lo stesso Montag diventa un ricercato che fuggirà dalla società e si unirà ad altri ricercati che custodiscono il patrimonio dell’umanità.

 

 




CREME, VELLUTATE & co.

“UN MESE, UN PIATTO UNA STORIA….”

CREME, VELLUTATE & co.

LUGLIO

 

 

Nonostante spesso si pensi diversamente, anche l’estate è la stagione giusta per proporre ricette di creme o vellutate o simili, naturalmente da servire fredde.

Quelle che vi propongo questo mese sanno di sole, spezie e colori; le possiamo utilizzare come un primo piatto o come stuzzicanti aperitivi da servire in ciotoline dalle forme più svariate.

Con la scusa di voler coccolare un po’ un’amica con temporanee difficoltà nella masticazione, un pomeriggio di ispirazione mi ha portato a preparare queste quattro golosità a base di verdure , spezie e erbette profumate.

Non lasciatevi spaventare dal numero, sono semplicissime da fare e non richiedono ore e ore di preparativi.

Questa volta passerò direttamente al procedimento in cui inserirò un accenno di dosi.

 

PAPPA AL POMODORO:

 

Preparate un sugo di pomodoro classico, con olio, aglio, pelati, sale e basilico. Lasciate cuocere per circa 15 minuti in modo piuttosto veloce, aggiungere dei pezzi di pane raffermo, possibilmente sciapo, e dopo 5 minuti spegnere il fuoco. Lasciar raffreddare e ogni tanto girare energicamente con una paletta di legno cercando di sminuzzare il pane il più possibile. Terminare con una passata veloce del frullatore ad immersione lasciando il composto abbastanza grezzo. Ultimare con un giro di olio a crudo e basilico fresco spezzettato con le dita.

Servite a temperatura ambiente o fredda in ciotoline o shots

 

HUMMUS DI CECI:

 

In un robot versate dei ceci lessi o in scatola dopo averne scolato il liquido, condite con sale, pepe, aglio, succo di limone, prezzemolo, tahina e un po’ di curry. Azionate il frullatore aggiungendo olio di semi di sesamo fino a rendere il tutto cremoso.

La tahina è una crema di semi di sesamo che si reperisce facilmente nei grandi supermercati, nel caso non la trovaste sopperite aggiungendo agli ingredienti elencati dei semi di sesamo che avrete leggermente tostato in padella con un filo d’olio.

Servite freddo accompagnando con delle cruditè o dei crostini di pane.

Se gradite il piccante potete spolverare l’hummus con un po’ di paprika.

 

MELANZANE AL FORNO:

 

Usate per questa preparazione delle melanzane scure piuttosto “cicciotte”, lavatele, bucherellatele con la forchetta e appoggiatele sulla placca del forno. Cuocete a 200° per circa 30/40 minuti o fin quando si sono completamente ammosciate. Abbiate cura di girarle ogni tanto. A cottura ultimata sfornatele e lasciatele intiepidire; poi spellatele e riducetele in pezzi stracciandole con le mani. Conditele con aglio tritato, sale, pepe, olio extravergine, un po’ di aceto di vino e dell’origano fresco o meglio della mentuccia.

Servitele fredde di frigorifero da sole o appoggiandole sul pane bruscato.

 

VELLUTATA DI ZUCCHINE:

 

In una pentola dai bordi alti mettete le zucchine a pezzi, una o due patate, della cipolla tagliata, sale, olio e un po’ di acqua fino ad arrivare ad 1/2 . Mettete il coperchio e cuocete finché diventi tutto tenero, le patate ci  metteranno di più quindi tagliatele in pezzi più piccoli rispetto alle zucchine. Alla fine della cottura frullate tutto con il mixer ad immersione fino ad ottenere una vellutata molto liscia, se pensate che l’acqua sia troppa, levatene un po’ prima di frullare, si fa sempre in tempo a riaggiungerla.

Servite fredda in ciotoline bianche con dei piccoli dadini di pane abbrustoliti in forno oppure un po’ di panna vegetale per darle delle venature bianche e soddisfare così anche la vista.




TRE

TRE

Di Valérie Perrin

Ed. E/O

 

 

Tre.

Siamo cresciuti in tre.

L’espressione corrente sarebbe “come le cinque dita di una mano”, ma fino ad oggi la nostra mano ha avuto solamente tre dita.

 

Tre è l’ultima fatica di Valérie Perrin, autrice di Cambiare l’acqua ai fiori, uno dei romanzi più letti in questo nostro lungo inverno di clausura.  Avendo tanto apprezzato quest’ultimo, la mia curiosità non ha retto e il giorno stesso della sua uscita, ho acquistato il libro.

Già dalle prime righe ritroviamo quello stile scorrevole e fotografico che tanto mi aveva colpito in precedenza e seppur il tema non sia molto originale, la trama si snoda subito veloce sotto i miei occhi. La storia narra di un’amicizia, di quelle che nascono quando si è poco più che bambini, e che dipanandosi tra banchi di scuole ed estati roventi, cresce come i suoi protagonisti.

Il libro mi prende tanto, come ho qualche minuto leggo e la sera il sonno non arriva mai, interromperne la lettura mi costa fatica.

La Perrin alterna con destrezza momenti di lirismo intenso e immagini di spensieratezza e leggerezza senza che questi due estremi si contrastino.

Tre sono i protagonisti indiscussi di queste pagine, sono tre insieme e anche quando non lo sono, sono un unico essere composto da Tre entità molto diverse tra loro.

Adrien Étienne e Nina crescono in simbiosi, da bambini non vedono l’ora di diventare adulti per attaccare a morsi la vita e il mondo. Da adulti darebbero chissà cosa per ritornare a quell’infanzia felice ma oramai lontana.

 

 

Scoppiano a ridere tutti insieme, una risata da bambini che non hanno più tanta voglia di essere bambini.

Anche se l’infanzia era bella.

Oscillano tra i lecca-lecca e il futuro, tra le battute cretine e la voce che cambia, tra il cartoncini fissato tra i raggi della bicicletta per far rumore, e i sogni di lunghi viaggi in moto.

 

In tutto questo non manca l’unexpeted, quel po’ di suspence che non guasta, e che non ci molla: un flash dopo l’altro, sapientemente dosato che ci permette di non dare per scontato il finale.

Probabilmente non sarà una lettura di spessore, non ci verranno svelati i segreti dell’esistenza, ma di sicuro Tre è un romanzo da leggere, che sia sotto l’ombrellone, alla luce di un’abatjour, oppure in momenti rubati ai doveri e alla routine quotidiana.

 

 

SINOSSI

 

  1. Adreien, Étienne e Nina si conoscono in quinta elementare. Molto rapidamente diventano inseparabili e uniti da una promessa: lasciare la provincia in cui vivono, trasferirsi a Parigi e non separarsi mai.
  2. un’automobile viene ripescata dal fondo di un lago nel piccolo paese dove sono cresciuti. Il caso viene seguito da Virginie, giornalista dal passato enigmatico. Poco a poco Virginie rivela gli straordinari legami che uniscono quei Tre amici d’infanzia. Che ne è stato di loro? Che rapporto c’è tra la carcassa di macchina e la loro storia di amicizia?

 

 

Ci sono libri, e anche incontri, che sono come occasioni perse.

Passiamo accanto a storie e persone che avrebbero potuto cambiarci la vita senza vederle a causa di un malinteso, di una copertina, di un riassunto sbagliato, di un atteggiamento prevenuto.

Per fortuna certe volte la vita insiste.

 

 

 




ZORRO

ZORRO

di Margaret Mazzantini

Piccola Biblioteca Oscar Mondadori

 

Questa settimana voglio presentarvi un piccolo capolavoro di una scrittrice da me molto amata. Poche pagine intrise da parole scelte sapientemente, per parlarci di un vagabondo, o barbone o clochard; con qualunque nome vogliamo chiamarlo, Zorro è un invisibile.

 

 

Un uomo disteso a terra.

Ha gli occhi chiusi, un guinzaglio intorno al collo

 

Non ci sono stereotipi in queste pagine, è piuttosto un inno alla libertà perché in effetti, quando incontriamo un Zorro, dopo l’iniziale senso di pietà o pietismo, ciò che a tutti viene in mente è quanto possano essere liberi questi esseri che girano a piedi e dormono su un cartone.

E Zorro guarda i normali dall’alto in basso, Cormorani li chiama, li sfotte con la loro ansia di piacere, di uniformarsi all’altrui volere, alla strenua ricerca di un qualcosa che non arriva quasi mai, ma che brucia il loro tempo.

Il tempo è la ricchezza dei barboni: non hanno appuntamenti, scadenze, date fissate per il raggiungimento di obiettivi. L’unica cosa a cui Zorro non rinuncerà mai è la dignità, ed è questo che traspare in ogni frase del libro, lui non si umilia, mai, di fronte a niente, neanche al destino che lo ha portato a questa scelta di vita.

 

 

No, Zorro non pretende.

Zorro non tende la mano, Zorro ha i pugno chiusi.

Zorro ha fatto una scelta.

Certo, il destino gli ha dato una mano, il calcione gli ha dato , il destino.

 

L’autrice usa molte ripetizioni, sottolinea suffissi e abbonda in parole composte. Il risultato non infastidisce perché il finale è un urlo: “Ci sono anche io, mi vedete? L’ho scelto, ho scelto il tempo, la libertà” dice Zorro ai Cormorani ingabbiati nei loro piumini ecologici, nei mocassini firmati, nei pranzi della domenica.

Margaret Mazzantini scolpisce una figura potente, un uomo che non si scansa, che ti guarda dritto negli occhi, che non tiene lo sguardo basso: un uomo fiero.

Ho conosciuto questa scrittrice con il romanzo “Non ti muovere” da cui fu tratto il film interpretato da  suo marito, Sergio Castellitto e da una fantastica Penelope Cruz brutta; un film cantato da Vasco Rossi.  Anche in questa struggente storia viene agli occhi la principale caratteristica del personaggio femminile: anche lei è fiera.

 

 

SINOSSI

Zorro è un barbone, ma non lo è da sempre. Lui aveva una vita normale,  un lavoro, una famiglia normale, e anche un cane che si chiamava Zorro. Poi un fatto tragico ha deciso per lui, e da normale è diventato un vagabondo, un invisibile, un clochard, un barbone, scegliete voi, ma Zorro non è un mendicante, lui non tende la mano e non tiene gli occhi bassi.  Ha un guinzaglio intorno al collo.

 

 

Concludo con una citazione da me dedicata a loro, agli invisibili….

 

 

“Camminano camminano gli esseri invisibili.

Lenta è la notte, come i loro passi,

buia come il loro domani,

nera come le unghie rotte”




LA PASTA ‘NCASCIATA

“UN MESE, UN PIATTO, UNA STORIA…”

GIUGNO

LA PASTA ‘NCASCIATA

 

Chi di noi non ha visto almeno una puntata della serie Montalbano, ispirata ai romanzi del celebre Camilleri? Se per un caso alquanto strano, così fosse, dovete sapere che, a cena, il famoso commissario godeva delle prelibatezze che gli preparava la sua donna delle pulizie Adelina. Un vero tripudio di sapori: dagli arancini, alle sarde, alla rinomata Pasta ‘ncasciata.

La sera, tornato dal lavoro, Montalbano non vedeva l’ora di aprire il forno o il frigorifero per scoprire il tesoro che gli aveva lasciato Adelina; dopodichè si apparecchiava in terrazza, si versava un bicchiere di vino e si accingeva a dar fondo al piatto con la speranza, a volte vana, che non squillasse il maledetto telefono.

Per questo nostro primo mese d’estate, vi propongo la ricetta, da me sperimentata più volte, della Pasta ‘ncasciata, un ricco e gustoso primo piatto che ricorda i sapori della nostra Trinacria. Le varianti del piatto sono molte, questa vi assicuro, è molto buona.

 

INGREDIENTI per 8 persone:

 

per il ragù:

 

500 gr. di carne macinata

700 gr. di salsa di pomodoro

olio evo, sedano, carota cipolla, sale e pepe

vino bianco.

 

 

per la pasta:

 

600 gr. di rigatoni

! melanzana grande nera

200 gr. caciocavallo stagionato

100 gr. di parmigiano grattugiato

olio per friggere

 

 

PROCEDIMENTO:

 

Preparate il ragù nel modo che più vi piace. Io faccio un soffritto con sedano, carota e cipolla; quando gli odori sono stufati, aggiungo il macinato, faccio rosolare, sfumo con vino bianco e, quando quest’ultimo è evaporato, aggiungo la salsa di pomodoro. Poi faccio cuocere lentamente per almeno 40 minuti, condisco con sale e un po’ di pepe, finendo con un giro di olio a crudo. Potete preparare il sugo anche il giorno prima.

Tagliate la melanzana a dadini e friggetela in abbondante olio di arachide, ponetela poi su della carta assorbente. Lessate i rigatoni lasciandoli molto al dente, e scolateli. Condite la pasta con il ragù. Mettete in una pirofila uno strato di pasta, aggiungete qualche fetta di caciocavallo e un po’ di melanzana. Poi fate un altro strato di pasta, con altro caciocavallo e i rimanenti tocchetti di melanzana. Ultimate spolverizzando con il parmigiano grattato. Infornate a 200° finchè si formi una crosticina dorata.

Questo è un piatto tipicamente estivo in quanto le melanzane d’inverno, proprio non si dovrebbero comperare.

Una volta cotta, la Pasta ‘ncasciata può essere conservata in frigorifero per un paio di giorni.

 

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CUCCETTE PER SIGNORA

CUCCETTE PER SIGNORA

Di Anita Nair

Ed. Neri pozza

 

 

In Cuccette per signora abbiamo un treno e sei donne che viaggiano nello scompartimento a loro riservato, perché fino al 1998 in India le donne potevano viaggiare in treno solo così.

Tutto il romanzo si snoda attorno ad Akhila che, all’età di 45 anni, finalmente trova il coraggio di iniziare la sua vita. Salendo sul treno, la protagonista si ritroverà in compagnia di 5 donne, e tutte insieme cercheranno di dare risposta al dubbio che le assilla:

 

 

“Può una donna restare single e felice,

o ha bisogno di un uomo per essere completa?”

 

 

Una scrittura delicata che ci trasporta in un mondo e in una società sconosciuta e lontana; attraverso la lettura si scopre una realtà contemporanea, spesso incomprensibile ai nostri cuori occidentali, e si apprezza la forza d’animo dell’autrice, che irrompe pagina dopo pagina.

Anita Nair scava nella psicologia di cinque donne molto diverse tra loro, senza mai cadere nel banale da stereotipo. Trasmette poi senza fronzoli la profondità della cultura indiana dai più piccoli particolari.

Scopriamo così ricette, antichi rituali, leggende di un popolo a noi molto lontano; nonostante le numerose differenze con la nostra cultura, leggendo, troviamo un pezzetto di noi in ognuna nelle storie di queste sei donne.

Desideri soffocati, umiliazioni subite per l’indifferenza dell’uomo, solitudini e sogni lasciati maturare nel corso di anni e anni di silenzi.

Sembra un romanzo destinato ad un pubblico prevalentemente femminile, e il genere maschile non ne esce molto bene, ma è invece un libro bellissimo, che ci fa venir voglia di viaggiare con la protagonista e raccontarsi, per sentirsi non più sole.

 

“È stato così da sempre;

l’odore di un binario di notte

invade Akhila con un senso di fuga”.

 

 

SINOSSI

Akhila non ha un marito, né figli, né una casa e una famiglia. Ha preso una sari rossa e nera dai colori molto intensi e l’orlo d’oro, ha comprato un biglietto di sola andata per un paese in riva al mare. Alle otto e mezzo di serra è arrivata alla stazione di Bangalore, con il cuore in tumulto è entrata nello scompartimento per signora, ha occupato il posto a lei riservato e, una dopo l’altra, conoscerà le sue compagne di viaggio.

Cuccette per signora è un romanzo intenso che con ironia e tenerezza narra della ricerca femminile della felicità.

Alla fine del libro, una raccolta di ricette di piatti indiani è la degna conclusione di una storia di sentimenti, profumi e colori dell’India.

 

 

 




L’ANOMALIA

L’ANOMALIA

Di Hervé Le Tellier

Ed. La nave di Teseo

 

Chi ci dice che quello che pensiamo di essere, sia veramente la realtà? Siamo certi di ciò che siamo, di come e cosa stiamo vivendo, del dove, del quando e, forse alcuni di noi, anche del perché. Ma chi ci assicura che sia effettivamente così?

Dopo aver letto L’anomalia di H. Le Tellier la mia mente è piena di dubbi.

Un romanzo veramente affascinante e coinvolgente, scritto da una penna che non lascia niente al caso, e che ci fa sentire con l’acqua alla gola fino all’ultima parola.

I primi capitoli hanno il titolo di un personaggio, e ognuno di loro ci racconta la sua storia; poi ad un certo punto un capitolo diverge: è intitolato La lavatrice. La prima riga mi ricorda qualcosa, non mi vanto assolutamente di aver capito, ma con umiltà ho iniziato a cercare, e ho trovato la fonte delle mie reminiscenze:

 

“Tutti i voli tranquilli si somigliano.

Ogni volo turbolento lo è a modo suo”.

“Tutte le famiglie felici si somigliano;

ogni famiglia infelice è invece infelice a modo suo”.

da Anna Karenina, Lev Tolstoj

Questo è solo un assaggio di quanto articolata e particolare possa essere l’architettura di questo romanzo ricco di suspence e sorprese.

Numerosi i riferimenti a scoperte e teorie sull’esistenza e sull’universo, ma anche nelle parti più tecniche e scientifiche non ho mai avuto l’impressione che Le Tellier scrivesse senza cognizione di causa.

L’autore è da anni presidente dell’Oulipo, il laboratorio di lettura potenziale che riunisce scrittore e matematici e di cui fece parte anche Italo Calvino.

La prima parte della storia ci sembra relativamente semplice e anche già sentita, ma il successivo dipanarsi delle vicende al limite del concepibile,  diventa quasi una sfida per chi legge.

Intelligente, ironico, drammatico, non si riesce quasi a dare una definizione precisa a questo romanzo che ci pone una domanda all’apparenza banale: “Quanto può cambiare la vita di 243 persone in soli 106 giorni”?

A questo interrogativo le numerose personalità politiche, religiose e scientifiche chiamate in causa non riusciranno a dare una risposta, nel momento in cui a causa di un’anomalia i passeggeri del volo AF006 Parigi-New York si troveranno faccia a faccia con il proprio duplicato.

 

Non amo particolarmente la parola “destino”.

È soltanto un bersaglio disegnato, un secondo dopo, nel punto in cui si è conficcata la freccia.

Il finale poi ci riserva una sorpresa, non voglio anticipare niente, dirò solo che se leggerete vi troverete davanti una specie di enigma da risolvere, chi riuscirà nell’intento?

 

SINOSSI

 

Nel marzo 2021 un Boeing 747 di Air France in volo da Parigi a New York incappa in una grande turbolenza prima di atterrare. Tre mesi dopo, lo stesso aereo, con gli stessi passeggeri e un identico equipaggio, ricontatta i controllori di volo dell’aereoporto JFK. L’inspiegabile duplicazione preoccupa CIA, FBI e gli alti comandi dell’esercito, che dirottano l’aereo in una base militare. Le indagini degli Stati Uniti e delle altre potenze scatenano una caccia all’uomo planetaria per rintracciare i misteriosi doppi di tutte le persone a bordo.

 

 

Non vado oltre perché L’anomalia è uno di quei romanzi in cui bisognerebbe eliminare la quarta di copertina, ma nonostante ciò non sia stato fatto, quelle poche righe nulla tolgono al lettore che si avventura in questa storia che ci racconta la verità e i suoi inganni, alla ricerca dell’anomalia nascosta che può sfiorare la vita di ognuno di noi.

 

 

 




IL VELO DIPINTO

IL VELO DIPINTO

di W. Somerset Maugham

Ed. Adelphi

 

Kitty diede un grido sgomento.

“Cosa c’è?” chiese lui.

La stanza era al buio ma potè vederle la faccia stravolta dal terrore.

“Qualcuno ha tentato di aprire la porta”.

“Sarà stata la amah, o uno dei boy”.

“Non vengono mai a quest’ora. Sanno che dormo dopo pranzo”.

“Chi altro poteva essere?”.

“Walter” bisbigliò lei con le labbra tremanti.

 

Un incipit questo de Il velo dipinto, che ci fa immergere immediatamente in una di quelle situazione più raccontate nei romanzi: l’adulterio. Sono rimasta colpita dalla scrittura fluida e raffinata di questo autore che non conoscevo; e l’ambientazione esotica della storia, mi ha affascinato molto.

La protagonista, Kitty, apparentemente frivola e sciocca, si rivela pian piano una persona sensibile e capace di un totale riscatto agli occhi del lettore. Facile giudicarla, in prima istanza, priva di morale ed egoista, ma così non è. La situazione delle figlie femmine nell’epoca descritta, era tutt’altro che invidiabile, soprattutto se si proveniva da una famiglia non molto abbiente o blasonata.

La maggior parte di queste ragazze non si sposava per amore, ma per non pesare più sulle finanze paterne.

Kitty ha una notevole crescita interiore causata dal disincanto provato per la vigliaccheria dimostrata dal suo amante; ma lei è una donna sola e da sola troverà il coraggio di rinascere dai propri errori.

Intorni a lei personaggi diversi, uomini e donne da cui prendere e apprendere; verso cui dirigersi e dai quali fuggire.

Lo scopo di tutti noi è di raggiungere la felicità su questa terra, e lo stesso vale per Kitty per cui, leggendo queste pagine, i nostri sentimenti verso di lei cambiano capitolo dopo capitolo; alla fine però, ci ritroviamo soddisfatti e appagati da uno stile unico e da un finale inaspettato.

Il velo dipinto non è solo il classico racconto sull’amore non corrisposto, ma è soprattutto una riflessione profonda sul senso della vita.

 

 

Il Tao.

Alcuni di noi cercano la Via nell’oppio e altri in Dio, alcuni nel whisky e altri nell’amore.

È sempre la stessa Via e non porta da nessuna parte.

 

 

SINOSSI

 

Kitty si trova a dover sposare il gelido dottor Fane per un unico motivo: la paura di rimanere zitella e di deludere la madre. Poco dopo l’arrivo della coppia a Honk Kong, Kitty si ritrova sedotta in modo irreparabile dall’ ammaliatore più popolare della città, che non esita a lasciarla non appena i due vengono scoperti dal marito di lei. Pur di salvare il matrimonio e di non ritrovarsi da sola, la donna accetta di seguire il marito nell’inferno di Mei-tan-fu, cittadina devastata dal colera.




“UN MESE, UN PIATTO, UNA STORIA…”

MAGGIO

CROSTONE CON SALMONE E AVOCADO

 

Siamo a maggio, la primavera è ormai inoltrata e nelle prime giornate di caldo si ha voglia di mangiare fresco, leggero ma sempre gustoso. Questo che vi propongo oggi è una “banalissima” bruschetta, colorata e saporita; può essere un pò più grande e rappresentare un pranzo leggero e veloce, oppure più piccola e far parte di un aperitivo originale.

Se poi la figlia studia scienze dell’alimentazione lo stimolo a mangiar sano aumenta: lei evidenzia  i grassi buoni dell’avocado e le sue fibre e minerali, gli omega3 del salmone, le proteine nonché il fosforo. Per rendere il tutto ancor più salutare abbiniamo del pane integrale, ai cereali e lievitazione naturale leggermente tostato per abbassare un pò l’indice glicemico.

È un piatto veloce, con una cottura light ma che dà veramente molta gratificazione al palato.

 

INGREDIENTI per 2 pers.:

1 avocado maturo ma ancora sodo

200 gr. di salmone fresco

2 fette di pane integrale

sale, pepe, limone, erba cipollina, olio evo

 

PROCEDIMENTO:

Cuocere il salmone, preferibilmente la parte della coda, a vapore oppure lessarlo in acqua bollente per pochi minuti; prolungare troppo la cottura lo renderebbe stoppaccioso. Mentre il pesce cuoce, tostare il pane e tenerlo da parte.

Sbucciare e tagliare velocemente l’avocado a cubetti, condirlo subito con sale, pepe e succo di limone, altrimenti si ossiderà.

Con una forchetta verificate la cottura del salmone, appoggiatelo su un piatto ed eliminate pelle e spine se ce ne dovessero essere. Condite anche il pesce con sale, pepe e poco limone.

Non rimane ora che comporre la bruschetta mettendo il pane su di un piatto, appoggiandovi sopra l’avocado e poi il salmone fatto a pezzi non troppo piccoli.

Ultimare con olio evo e erba cipollina tagliata con le forbici.

 




SHANTARAM di Gregory David Roberts ed. Neri Pozza

SHANTARAM

di Gregory David Roberts

Ed. Neri Pozza

 

 

Per un periodo abbastanza lungo della mia vita da divoratrice di libri, non leggevo nulla che avesse meno di 500 pagine. In pratica non mi dava gusto iniziare una seppur blasonata opera, che sapevo avrei ultimato in troppo poco tempo.

Un giorno, un regalo inaspettato, ecco comparire questo libro, caldamente consigliato da un ottimo libraio.

La copertina già da sola mi ha fatto subito immergere nei colori e negli odori di un paese lontano. Devo ammettere che le prime 150 pagine mi sono risultate un po’ lente, ma ho tenuto duro e sono stata ampiamente ricompensata dalle successive 1000 pagine.

Un romanzo questo, che VA  letto almeno una volta nella vita; una storia che ha dell’incredibile soprattutto se si pensa che è realmente accaduta a chi la scrive.

Sembra impossibile ma lo stile fluido di G.D. Roberts fa sì che queste più di mille pagine scivolino via in fretta, dopo averci preso la mente, e stretto il cuore.

 

 

Esiste una verità più profonda dell’esperienza, che sta al di là di ciò che vediamo, persino di ciò che sentiamo. È una categoria di verità che separa ciò che è profondo da ciò che è soltanto razionale: la realtà della percezione. Di solito questa categoria di verità ci fa sentire inermi, e capita che il prezzo da pagare per conoscerla, come il prezzo da pagare per conoscere l’amore, sia più alto di ciò che i nostri cuori sono in grado di tollerare. Non sempre la verità ci aiuta ad amare il mondo, ma senza dubbio ci impedisce di odiarlo. L’unico modo di conoscerla è di condividerla cuore a cuore…

 

 

Si racconta del peregrinare di un evaso, un fuggiasco che per anni si nasconde in una città indiana con più di 20 milioni di abitanti; è impossibile trovarlo anche perché a Bombay, Greg diventerà uno Shantaram: uomo della pace di Dio.

Leggendo ci ritroviamo ad aver paura con quest’uomo che vive situazioni al limite dell’inverosimile; ci immergiamo con lui nello slum, viviamo e soffriamo con lui. Ci coinvolge emotivamente, ci porta a meditare su cosa siano veramente l’amore, la generosità e il coraggio.

Linbaba, così lo chiamano gli indiani, ci fa venir voglia di partire per l’India, di mangiare il naan, il chapati, o di visitare se non addirittura vivere, una bidonville.

Un romanzo che ci parla del tentativo di riscatto di un uomo al quale le vicende della vita sembravano aver tolto tutto, con un linguaggio meticoloso senza però diventare prolisso.

 

 

L’amore è l’unica cura per la solitudine, la vergogna e la sofferenza. Ma alcuni sentimenti si nascondono così profondamente nel cuore che solo la solitudine può aiutarti a ritrovarli.

 

 

SINOSSI

Greg arriva a Bombay con uno zaino, una chitarra e un passaporto falso. Dopo aver lasciato l’aereoporto ha avuto l’impressione di essere sbarcato in una città colpita da una catastrofe: donne bellissime a piedi nudi in mezzo a quelle rovine, uomini dai denti candidi, bambini dalle membra aggraziate si muovono lenti avvolti da un odore acre e pungente.

Greg è un uomo in fuga ma a Bombay diventerà uno Shantaram, un uomo di pace; allestirà un ospedale per indigenti, reciterà in un film, stringerà relazioni pericolose con la mafia, vivrà un’intensa storia d’amore.

Da Bombay infine ripartirà per due guerre, in Afghanistan e in Pakistan, tra le fila dei combattenti islamici…

 




SOSTIENE PEREIRA Di Antonio Tabucchi Ed. Feltrinelli

SOSTIENE PEREIRA

Di Antonio Tabucchi

Ed. Feltrinelli

 

 

Era il venticinque luglio millenovecentotrentotto, e Lisbona scintillava nell’azzurro di una brezza atlantica, sostiene Pereira

 

“Ma chi è Pereira?” mi chiedo subito, appena lette le prime frasi. Ho un senso di disappunto mentre immagino quest’uomo pingue ed indolente, sudato e affannato, che scrive pagine di cultura in una stanzetta squallida. Non riesco a capacitarmelo nelle vesti del responsabile della pagina culturale di un giornale importante come il Lisboa. Lo vedo lì alla scrivania, con i fogli sparpagliati dall’aria smossa di un ventilatore, che traduce meccanicamente racconti di autori francesi. Un uomo solo che a casa parla con la fotografia della moglie morta di tubercolosi, e che mi risulta quasi antipatico.

Poi quel verbo, sostiene, ripetuto incessantemente; lo ritrovo più volte nella stessa pagina, mi infastidisce all’inizio, le mie reminiscenze scolastiche mi ricordano che le ripetizioni in un testo non vanno bene.

Ma la magia di questo romanzo è proprio in questa parola, perché ad un certo punto ecco che la cerco, la aspetto, sorrido quando compare. Una semplice parola che è testimonianza di aver fatto la scelta giusta.

Perché di scelta si parla quando poi Pereira viene edotto dal proprio dottore sull’esistenza di una confraternita di anime.

 

… quella che viene chiamata la norma, o nostro essere, o la normalità, è solo un risultato, non una premessa, e dipende dal controllo di un io egemone, che si è imposto sulla confederazione delle nostre anime; nel caso che sorga un altro io, più forte e più potente, codesto io spodesta l’io egemone e ne prende il posto, passando a dirigere la corte delle anime…

 

L’io egemone che sembra governare la nostra esistenza viene soppiantato da un nuovo io, che non conoscevamo, che forse  volevamo fuggire.

Con parole semplici Tabucchi ci fa capire come ad un certo punto della nostra esistenza un altro io emerge, grazie ad accadimento o un incontro, un io che distacca Pereira dal suo passato e lo proietta in un futuro di ribellione e libertà.

le parole di questo libro ci spingono a meditare, a riflettere, a capire che ogni stagione è quella giusta per rinascere.

I personaggi che fanno da contorno a Pereira gli creano un’aura particolare: le portiere che scandiscono con la loro presenza le sue giornate, Monteiro Rossi e Marta che mettono in discussione il suo attaccamento al passato e il suo voler essere neutro rispetto tutto ciò che gli sta accadendo intorno.

La trasformazione di un uomo codardo in uomo coraggioso, da una persona inoffensiva ad una che infligge un duro colpo alla censura e all’oppressione di un regime totalitario: Pereira è l’antieroe per eccellenza che stravolge tutte le sue convinzioni per la difesa della libertà e della giustizia.

Il finale è degno di una penna coinvolgente che cattura, trascina e appassiona il lettore in ognuna di queste 196 incredibili pagine.

Per un’altra volta, anche con questo romanzo, faccio fatica a chiuderlo e riporlo in libreria.

 

La filosofia sembra che si occupi solo della verità ma forse dice solo fantasie e la letteratura sembra che si occupi solo di fantasie ma forse dice la verità.

 

 

SINOSSI 

Nella Lisbona del 1938, un vecchio giornalista che ha deciso di non occuparsi più di politica, incontra un giovane sovversivo che gli cambia la vita.

Solo due righe per non togliervi il piacere di leggere questo capolavoro.

 

 




“UN MESE, UN PIATTO, UNA STORIA….” APRILE: RISO VENERE CON FRUTTI DI MARE

RISO VENERE CON FRUTTI DI MARE

 

 

In questa domenica di Pasqua vi propongo un piatto diverso, molto profumato e coloratissimo. Il riso venere è una varietà ultimamente molto in voga; vero è che si presta in modo eccellente a numerose preparazioni: dalla super calorica con fonduta di formaggi a quella più light delle insalate estive. La sua consistenza un po’ duretta forse non è per tutti i palati, ma il suo profumo inebria, soprattutto quando viene abbinato, come in questa ricetta, ai sapori del mare. Oltre agli ingredienti che vi elencherò, due consigli: riso venere di qualità e frutti di mare freschissimi, possibilmente vivi. Dimenticavo: prendetevi del tempo, con i risotti non bisogna avere fretta!

 

 

INGREDIENTI PER 4 persone:

 

500 di riso venere

kg.1 di vongole veraci

kg.1 di cozze

gr. 500 di mazzancolle

prezzemolo

fumetto di pesce

qualche pomodoro pachino

 

 

PROCEDIMENTO:

 

Far aprire le vongole, dopo averle fatte spurgare per almeno un paio d’ore in acqua salata, e le cozze dopo averle pulite esternamente e aver tolto il peduncolo.

Servendovi di un mestolo forato conservarle in una ciotola, dopo aver sgusciato un terzo delle vongole e tutte le cozze.

Con la loro acqua e le teste delle mazzancolle, preparate un fumetto di pesce.

Saltare le mazzancolle velocemente con olio, aglio e pachino a tocchetti, e tenere da parte.

In una pentola capiente far scaldare un po’ d’olio e tostare bene il riso facendone uscire tutti i profumi e sfumando poi con del vino bianco. Quando il vino è evaporato, portare a cottura il riso nel modo classico aggiungendo poco per volta il fumetto; di solito per il riso venere richiede più tempo del riso normale: circa 30-40 minuti. A fine cottura aggiustate di sale, spolverizzate con un po’ di pepe e aggiungete un mestolo di molluschi sgusciati e qualche mazzancolla tagliata a tocchetti. Il resto dei frutti di mare e delle mazzancolle li metterete sopra il riso quando sarà stato sporzionato in piatti piani. Ultimate con prezzemolo tritato sottile e un giro d’olio evo.