Zinnia, la più amata dalle farfalle

 

La Zinnia, pianta erbacea della famiglia delle Asteracee/Composite, contiene una ventina di specie divers, che in Italia si possono trovare sotto i 200 m. di altitudine, tra cui la Zinnia elegans che è quella che spicca di più, . Originaria del Messico e dell’America centrale, anche se il suo habitat naturale è il sottobosco, si coltiva in vaso, balcone o nelle aiuole. I primi esemplari furono importati in Europa nella seconda metà del Settecento e vennero classificati verso la fine del Novecento. La sua fioritura avviene da maggio ad ottobre, con i fiori dai tanti colori, dal giallo al rosso, dall’arancione al rosa. Ha poche esigenze di coltivazione, preferisce le posizioni assolate,  può raggiungere 1,20 cm. di altezza e non ama i cambiamenti climatici improvvisi e le correnti d’aria. Ideale per le bordure, la Zinnia non tollera umidità o posizioni chiuse, non necessita potature, e la temperatura deve essere tra i 23 e i 29 C. I fiori sono singoli all’estremità, a margherita o doppi a pon-pon.

La pianta può essere a stelo lungo o a cespuglio compatto, ideale per siepi e bordure fiorite, con fiori e foglie inodori. Facile  da coltivare, va seminata da febbraio ad aprile in piena terra, oppure in semenzaio a marzo. Il concime deve contenere le giuste quantità di sali minerali, soprattutto azoto, fosforo, potassio e zinco, indispensabili per la fioritura. La cocciniglia farinosa, insetto che succhia la linfa delle piante indebolendole progressivamente, è il parassita che può attaccare la pianta, e che va trattato con uno specifico insetticida. Il nome Zinnia è dedicato all’anatomista e botanico tedesco Johann Gottfried Zinn, allievo del grande naturalista Linneo.  Nel linguaggio dei fiori simboleggia la semplicità, forse perché ha veramente poche esigenze.(fonte foto: Pixebay)




Dalia, la Giorgina che ama tanto il sole

La Dalia, pianta della famiglia delle Asteraceae, include molte varietà, tutte tuberose che si differenziano tra loro per altezza, disposizioni dei petali e colori. I fiori possono essere piccoli e grandi, i petali aperti, singoli o a gruppetti, le foglie ovali e carnose e i colori vanno dal bianco al violaceo, con alcuni esemplari multicolore. Chiamata anche Giorgina, la pianta è perenne ed ha bisogno di una buona esposizione al sole per fiorire abbondantemente. Fiorisce all’incirca da metà primavera fino all’autunno  e tra le varie specie la più famosa è quella a ‘fiore singolo’ di circa 50 cm. di altezza, con i fiori che presentano un disco centrale.

Ama molto il sole, sopporta bene l’ombra, ma in inverno teme il gelo, e allora quelle in vaso andranno sistemate in  serra e per quelle che sono a dimora si dovrà procedere estraendo i grappoli di tuberi dal terreno ad inizio inverno, mantenendoli in un luogo asciutto fino alla fine della stagione fredda. I tuberi vanno puliti e spolverati con un fungicida e messi in un sacchetto di carta con poca sabbia. Il terreno per la dalia, che ben si adatta al clima mediterraneo e temperato, deve essere ben drenato e concimato, mentre le irrigazioni devono essere abbondanti durante la fioritura. Il vento è un suo ‘nemico’, soprattutto per le varietà alte, quindi vanno tenute riparate o sostenute da tutori.  Durante la fioritura la dalia va pulita di tutti i fiori appassiti e le parti secche, mentre la semina si deve effettuare in primavera. Per ciò che concerne i parassiti e le avversità, la pianta può essere attaccata dagli afidi, soprattutto sul fusto e sulle foglie e dai ragnetti rossi.

Le origini della dalia vanno ricercate nel centro America e soprattutto nel Messico, di cui è il fiore nazionale; già gli Atzechi la conoscevano e la usavano nella medicina tradizionale e come cibo. Il suo nome ricorda il botanico svedese Anders Dahl che riuscì a riprodurla mediante il seme. Nel linguaggio dei fiori significa gratitudine, eleganza e dignità.(Foto di Klaus Dieter vom Wangenheim da Pixabay)




Ginestra, la pianta dall’antica tradizione popolare

Pianta tipica della macchia mediterranea, soprattutto delle zone temperate-calde, fin dall’antichità la ginestra veniva usata da fenici, cartaginesi, greci e romani come pianta da fibra, per la produzione di stuoie, corde e più in generale per prodotti artigianali; infatti il suo nome deriva dal greco e significa corda. Sono oltre venti i tipi di ginestra che crescono spontaneamente nel nostro Paese. In questo periodo di fioritura ci invadono con i loro fiori profumati, di un bel giallo, che crescono per lo più nelle radure e nei luoghi aridi, adattandosi a ogni tipo di terreno. Diffusa soprattutto in Calabria, Basilicata e nelle Isole, la pianta sopporta anche i venti salmastri del mare, con il suo fusto legnoso che può raggiungere i due metri. Le radici sono piuttosto delicate, infatti la buca da scavare o il vaso dovranno essere larghi e profondi. Il suo clima ideale è di tipo mediterraneo, con sole e caldo, ma si adatta bene ai nostri inverni. L’impollinazione è affidata alle api e agli altri insetti impollinatori. La concimazione va effettuata due volte l’anno, e rinforzata durante la fioritura. Appartenente alle leguminose (Papilionaceae, dal latino papilionis farfalla), la stessa famiglia di fagiolini, piselli e ceci, a differenza di quest’ultimi i suoi frutti non si mangiano, anzi tutte le parti della pianta sono tossiche per l’uomo, se ingerite.

L’uso della ginestra ha tradizioni artigianali in molti paesi del Mediterraneo, come Grecia, Spagna, Albania e Italia, anche se attualmente il suo uso tessile è limitato in alcune realtà rurali, tra cui località della Basilicata, come San Paolo Albanese e Ginestra e la calabrese Falconara Albanese, tutte località, come è facile dedurre, di origine albanese. Storicamente la lavorazione della pianta iniziava a marzo, con la potatura e veniva affidata agli uomini, poi si passava alla raccolta, bollitura e sfilacciamento della pianta. Ad agosto i fasci di ginestra venivano raccolti in mazzetti, poi bolliti, fatti raffreddare, fatti sfilacciare e ‘rilavorati’ di nuovo in mazzetti che, infilati in rametti della stessa pianta, venivano portati presso i corsi d’acqua, rimanendoci per una decina di giorni, e poi esposti al sole pe far imbiancare le fibre. Da ciò si ricavava una ‘filaccia’ che veniva battuta fino a divenire fili, poi matasse che venivano anche colorate, destinate alla tessitura di lenzuola, asciugamani, ma anche vestiti e coperte. Per tingere di giallo si usavano gli stessi fiori della pianta, il marrone si otteneva con il mallo di noce. Nel linguaggio dei fiori è simbolo di umiltà e modestia.

 (Foto di Wolfgang Brauner da Pixabay)

 

 

 




Il glicine, una dolce invadenza colorata

In realtà il nome botanico è Wisteria, è originaria dell’America e dell’Asia, anche se in Italia è una pianta che troviamo da nord a sud. Stiamo parlando del glicine, parola che deriva dal greco ‘glikis’ che significa dolce e prende il suo nome scientifico dallo studioso statunitense Kaspar Wistar, pianta rampicante ornamentale dai bei grappoli bianchi, rosa, viola che in questo periodo apprezziamo per il suo profumo e i suoi fiori nei pergolati, terrazzi e giardini.

La pianta può raggiungere fino ai 15 metri,  e fiorisce in modo più vigoroso se posta al sole, meglio se per almeno sei ore al giorno. Si adatta a tutte le temperature, le foglie sono di colore verde bronzato e di forma lanceolata, i frutti sono simili a dei fagioli, lunghi circa 20 centimetri con semi velenosi al suo interno. La pianta contiene una sostanza tossica chiamata wisterina che, se ingerita, può causare confusione, problemi di linguaggio, nausea, vomito, dolori di stomaco e collasso. Ma sono soprattutto i semi i più velenosi, che causano  avvelenamento per bambini e animali domestici, con gastroenterite più o meno gravi. I fiori sbocciano in modo più generoso se i rami principali sono posizionati in linea orizzontale. La fioritura dura per tutta la primavera a seconda della specie e della temperatura. Avviene circa dopo 8-10 anni se la pianta parte dal seme, mentre gli anni sono tre se proveniente da innesto.

Le radici sono vigorose e per la loro forza possono rompere pavimentazioni e muri, mentre i rami si avvolgono attorno a qualsiasi superficie, quindi è bene scegliere un supporto adatto per farlo arrampicare.
Sono da preferire i terreni sabbiosi e leggermente acidi, così come un tutore per il sostegno della pianta. Nei primi anni la fioritura non è molta, in quanto si deve impiantare in profondità e le irrigazioni devono essere frequenti; in inverno possono essere sufficienti le piogge. La potatura va eseguita in estate e in inverno, i rami secchi vanno eliminati e bisogna lasciare poche gemme per ramo. Il terreno ideale per il glicine è morbido, ricco di materiale organico e non calcareo. Diverse sono le varietà, dal glicine rosso a quello giapponese,  al cinese, quest’ultimo il più diffuso.  La pianta può essere colpita da afidi, acari, dal ragno rosso che compare al momento della fioritura, ma soprattutto dalla clorosi,  una condizione che provoca l’ingiallimento delle foglie dovuta all’assenza di clorofilla che ne rallenta crescita e fioritura, e che si combatte con concime e prodotti appropriati.

In Oriente il glicine rappresenta la coscienza dell’uomo, con la sua crescita in continua torsione e movimento. Vari i racconti e le leggende della tradizione giapponese che vi sono legate: si narra di imperatori che portavano con sé, durante i viaggi fuori dal Giappone, vasi di glicine da offrire in segno di amicizia e benevolenza. Tuttora nel linguaggio dei fiori è  simbolo di amicizia, riconoscenza e disponibilità. (Foto di Marta Fortunati)




Roma torna ad avere il planetario

Dopo 8 anni di chiusura riapre il Planetario a Roma, ospitato nel Museo della Civiltà romana, che offre agli spettatori un percorso immersivo alla scoperta del cielo.  Con una tecnologia innovativa e spettacoli astronomici all’avanguardia, il planetario è un enorme simulatore di volo cosmico per visitare stelle, pianeti e altre galassie che dallo scorso 22 aprile, data della riapertura, registra il tutto esaurito.

La cupola, di 14 metri, è una buona riproduzione del cielo stellato:  i moti del Sole, della Luna e dei pianeti sullo sfondo dello Zodiaco, della Via Lattea e di 4500 stelle. Tre sono i proiettori digitali per compiere in tempo reale delle navigazioni tridimensionali nello spazio; inoltre, la programmazione della struttura offre spettacoli astronomici dal vivo e conferenze che conducono il pubblico di tutte le età ad avvicinarsi alla conoscenza del cielo,  anche attraverso grandi modelli di pianeti e postazioni con videogiochi astronomici. Il planetario digitale, con il suo software avanzato Sky Explorer, permette  di simulare l’entrata nel cielo in qualunque direzione dello spazio e del tempo. Il sistema digitale è dotato di schermo emisferico di 300 metri quadrati. Due  videoproiettori laser in 4 K permettono una perfetta oscurità del cielo notturno, mettendo in risalto gli astri e i pianeti. Fino al 18 settembre rimane aperta la grande cupola digitale che ospita ricerche scientifiche e scoperte che ridisegnano il nostro posto nel cosmo, assieme ai racconti degli astronomi che conducono i visitatori in un viaggio ‘celestiale’.

Il Planetario, aperto per la prima volta nel 1928, è uno dei più grandi d’Italia e uno dei più antichi del mondo.

Per informazioni, prenotazioni e biglietti: https://www.planetarioroma.it/

(Foto di Clker-Free-Vector-Images da Pixabay)




E Prix, torna la gara delle elettriche all’Eur

Il 9 e 10 aprile torna a Roma il Campionato mondiale di Formula E sul circuito cittadino dell’Eur, la gara automobilistica per motori elettrici ideata nel 2012 dalla Federazione internazionale dell’automobile (Fia). Torna anche il pubblico sugli spalti (con Green Pass base). 11 le squadre e 22 i piloti per le silenziose auto che si sfidano dopo la gara ‘a porte chiuse’ dello scorso anno, causa pandemia. In gara anche l’italiano Antonio Giovinazzi della Dragon/Penske Autosport. Il circuito, che tocca alcuni degli edifici più caratteristici dell’Eur, come il palazzo dei Congressi, Piazza G. Marconi e il palazzo della Civiltà italiana è molto veloce ed uno dei più lunghi del campionato con le sue ondulazioni, dislivelli e un fondo irregolare. La pista misura 3.385 metri, le curve sono 19 e il traguardo finale rimane davanti al Palazzo dei Congressi.

Le gare iniziano alle 15, con accesso a partire dalle 7 alle prove libere e alle qualifiche. Le prove libere sono visibili sul sito ufficiale e sull’app della Formula E, e sui profili Facebook e Youtube. Le qualifiche saranno trasmesse in esclusiva su Italia Uno, sul sito Sportmediaset e su Sky Sport Action, mentre la gara sarà visibile su Sky Sport Action e su Sky Sport Uno, in chiaro su Italia Uno e online su sportmediaset.it. L’evento è all’insegna della sostenibilità e dell’innovazione tecnologica, in quanto promuove la mobilità elettrica e le soluzioni di energia rinnovabile per la riduzione dell’inquinamento atmosferico e la lotta ai cambiamenti climatici. I biglietti sono acquistabili online sul sito TicketOne: vanno dai 29 ai 72 euro, con riduzioni per gli under 16 e speciali pacchetti per l’intero week end. Con i biglietti si può accedere all’Allianz E-Village, l’area dedicata alla gastronomia e al gaming dove gli spettatori potranno anche provare i simulatori, e incontrare i piloti.

Per quanto riguarda la mobilità cittadina, sono previsti cambiamenti nella viabilità privata e nei percorsi dei mezzi pubblici prima e dopo le gare;  l’area taxi sarà spostata da piazzale Marconi a viale Asia. (Foto di Presse_Online da Pixabay)

Informazioni: biglietti: www.ticketone.it/artist/abb-fia-formula-e-world-championship-2022-e-prix

Facebook: www.facebook.com/romeeprix

Sito web: www.fiaformulae.com/it/championship/race-calendar/2021-2022/rome

 




Narciso, il fiore dal colore luminoso

La sua ricca fioritura, dai fiori a trombetta e dai colori luminosi, annuncia la primavera. Il narciso è una pianta perenne, una ‘bulbosa’ della famiglia delle Amaryllidaceae, conosciuta anche con il nome di giunchiglia, originaria dei prati e dei boschi dell’Europa meridionale e del nord Africa, introdotta anche in Oriente prima del X secolo. Soli o no, i fiori di narciso sono spesso odorosi, con fioriture che iniziano a fine febbraio, per le varietà più precoci, e arrivano fino a maggio, con fiori vistosi con sei tepali simili ai petali, sormontati da una corolla a forma di tromba. I fiori sono bianchi, gialli o arancioni con dimensioni che vanno dai 5 agli 80 cm. di altezza.

L’origine del suo nome è sconosciuta, ma spesso è associato ad una parola greca che sta per intossicato, narcotico, e al mito del giovane con quel nome che si innamorò del proprio riflesso. Ben noti nell’ antichità per le sue caratteristiche medicinali e botaniche, i narcisi vennero descritti da Linneo nella sua Species Plantarum nel 1753 e coltivati e diffusi in tutta Europa dopo il XVI secolo, soprattutto nei Paesi Bassi. Si piantano da settembre a dicembre, resistono alla siccità estiva e possono essere messi in vasi o in fioriere, avendo accortezza di usare un terreno morbido e profondo; le annaffiature devono essere costanti in primavera ed in estate, mentre non sono necessarie in inverno ed autunno. La cura riguarda: i fiori appassiti che vanno tolti per non affaticare il bulbo, un’aggiunta di concime dopo la fioritura e il controllo su eventuali attacchi di funghi, insetti e virus. Per una fioritura rigogliosa la pianta va curata anche durante il suo stadio di ‘riposo’: gli steli non vanno recisi, ma lasciati seccare normalmente.

Si tratta di un fiore molto apprezzato sia reciso, sia come pianta ornamentale nei giardini: può essere utilizzato per bordure, per esempio insieme ai gigli, piantati vicino alle radici degli alberi nei frutteti per proteggerli dai roditori visto che i bulbi di narciso non li attraggono, e usato in medicina nelle cure tradizionali e per il trattamento dell’Alzheimer. Compaiono anche nella letteratura e nell’arte associati a molti temi: dalla morte alla buona fortuna. (Foto di Marta Fortunati)




Orchidee, tra bellezza e mistero

La coltivazione delle orchidee, piante affascinanti per la loro provenienza e per le bellissime infiorescenze, fino a qualche decennio fa era riservata ad una élite: era infatti quasi sempre necessario possedere delle serre o ambienti dove si potessero mantenere alte temperatura e umidità.

Le foglie dell’orchidea sono intere, quasi sempre ovali o nastriformi, disposte in modo alternato sullo stelo. La loro consistenza, per lo più carnosa, consente di ‘mantenere’ i liquidi e i nutrienti per la pianta stessa. In altri casi questo compito spetta agli pseudobulbi che si trovano alla base, di forma ovoidale o cilindrica. La forma dei fiori è tipica e molto riconoscibile: nella parte superiore sono presenti tre sepali, in quella inferiore tre petali. Quello centrale, detto labello, varia in forma e colore a seconda della specie ed ha la funzione di attirare gli insetti impollinatori. Le radici, aeree e spesso carnose, presentano, sulla loro superficie, uno strato sottile il cui compito è quello di assorbire l’umidità che è presente nell’aria e nelle superfici dove si ‘attaccano’.

Diffuse nelle aree tropicali e subtropicali del continente asiatico ed americano, circa duecento specie di orchidee si trovano, però, allo stato spontaneo anche in Italia, in particolar modo nelle aree collinari e montane. Quelle provenienti da habitat temperati e caldi sono quasi tutte epifite: si aggrappano con le radici ad altre piante, che fungono solamente da sostegno. Alcune varietà, proveniendo da ambienti più freddi, più adattabili alle condizioni di vita europee, si sono diffuse ed abbelliscono spazi interni ed esterni. Le altre, di altitudine, sono invece dette “terricole” perché affondano le radici nel terreno.

Le orchidee, poiché sono una famiglia vastissima, eterogenea e largamente diffusa, sono entrate a vario titolo nella vita dell’essere umano. Ad esempio nelle arti magiche, nei riti religiosi, nella letteratura e nell’arte. Gli aspetti letterari e artistici non sono spesso così riconoscibili. Infatti le orchidee sono conosciute quasi ed esclusivamente come piante ornamentali ed anche i più esperti, gli orchidofili, le trattano esclusivamente per la loro coltivazione.

Il loro ruolo nella vita umana ed i valori che hanno rappresentato, sono importanti e svelano aspetti a tratti sconosciuti. In Oriente le orchidee sono sempre apparse nei testi letterari, mentre un po’ meno in Occidente. Le orchidee le incontriamo nell’Amleto shakespeariano, in particolare nel bouquet di erbe e fiori della folle Ofelia, descritta nei suoi ultimi istanti di vita quando delirante entra nel ruscello che la trascinerà alla morte; nel romanzo ‘’Il Ritratto di Dorian Grey’’ di Oscar Wilde, dove il fascinoso e dannato Dorian Grey trova un’orchidea da mettere nell’occhiello della giacca perché in essa vedeva incarnati i peccati capitali; nelle pagine di “Sodoma e Gomorra” lo scrittore Marcel Proust le cita più volte, alludendo all’orchidea come simbolo di bellezza impura, sensoriale e sensuale.

Uno spazio importante viene dato alle orchidee dalla seconda metà dell’Ottocento quando il naturalismo delle fresche foreste tropicali lasciava il passo alle sensazioni ben più “forti” come la passione sensuale, l’erotismo e la decadenza. Probabilmente l’aspetto appariscente, l’aria effimera e sensuale, ha fatto sì che questo misterioso fiore si insinuasse con facilità fra le pagine culturali e letterarie del tempo, giungendo fino ai giorni nostri.

(Foto:  Mike Darger da Pixabay)




Stella di Natale, la pianta delle feste

 

Tra i classici regali  del periodo natalizio, la Stella di Natale, o Poinsettia (Euphorbia pulcherrima), occupa i primi posti. Originaria del Messico, dove cresce spontaneamente raggiungendo anche i tre metri di altezza, al momento della sua prima catalogazione botanica le venne dato il nome in onore del primo governatore americano del Messico, Robert Poinsett, in quanto non si pensava fosse una euphorbia. Solo dopo ulteriori studi venne inserita nella famiglia delle euphorbiacee dove ci sono piante simili a cactus, arbusti e piante erbacee. A partire da fine Ottocento, per tradizione, veniva donata alle autorità istituzionali e agli ambasciatori come regalo di benvenuto. Anche se da noi la Stella di Natale è una pianta tipicamente invernale, le sue origini sono dunque tropicali. Già era nota agli Atzechi che la consideravano il simbolo della purezza, e ne utilizzavano il lattice come colorante.

I fiori della pianta, in realtà, non sono le foglie, dette brattee, che hanno il tipico colore rosso acceso: i fiori veri sono i boccioli giallastri che si trovano al centro delle brattee. Nel corso degli anni le varie ibridazioni della pianta hanno consentito alle brattee di essere rosa, gialle, fucsia, bianche, doppie e arrotolate. I fusti sono legnosi, ma sottili e il fogliame ricorda un po’ quello dell’agrifoglio. Per capire se la pianta è in buone condizioni  le foglie devono essere di un bel verde intenso, non devono cadere dopo un leggero colpo, e le radici devono essere fitte e bianche. La temperatura  deve essere tra i 15 e i 21 gradi,  deve stare lontano da fonti di calore e da correnti d’aria, in una zona della casa poco luminosa, in quanto ‘sopporta’ al massimo otto ore di luce giornaliere. Finite le feste che fine fa la Poinsettia? Non va di certo dimenticata. La terra va mantenuta moderatamente umida e, a fine inverno, quando inizia a perdere le foglie, vanno tagliati gli steli a circa 15 cm da terra. Quando a primavera la pianta comincerà a gettare le prime foglioline, bisogna rinvasarla in un vaso più grande, mettendo un nuovo composto fatto di terriccio e sabbia e tenerla, fino all’estate, in un luogo luminoso, ma non in pieno sole.

La Stella, che nello stelo ha un lattice urticante, va tenuta lontana dalla portata dei bambini in quanto, se ingerito, causa vomito e diarrea (meglio contattare un medico), e quando va trattata è bene proteggere le mani con i guanti. Se ben curate, le Stelle di Natale possono durare molto tempo. Tra i consigli degli esperti:

  • in inverno vanno tenute in una stanza luminosa, arieggiata e non calda;
  • poca luce durante il giorno;
  • in primavera ed estate vanno in ‘riposo’ vegetativo: tagliare allora le foglie colorate e tenerle per circa un mese in luogo luminoso, a temperatura mite;
  • d’estate vanno rinvasate e concimate, i germogli arriveranno per novembre.

Auguri di buone feste a tutti i nostri lettori!

(Foto di Steve Buissinne da Pixabay)



In mostra a Roma l’arte e la scienza

Fino al 27 febbraio 2022 il Palazzo delle Esposizioni di Roma ospita il progetto “Tre stazioni per Arte-Scienza”, articolato in tre diverse dimensioni: quello storico “La scienza di Roma. Passato, presente e futuro di una città”, quello artistico “Ti con zero” e quello della ricerca scientifica contemporanea con “Incertezza. Interpretare il presente, prevedere il futuro”, promosso da ROMA Culture e organizzato dall’Azienda Speciale Palaexpo con la collaborazione tra gli altri dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Accademia Nazionale dei Lincei e dalla Sapienza Università di Roma. L’iniziativa pone l’accento sul dibattito contemporaneo sul rapporto tra scienza e società, a partire dai cambiamenti climatici, la pandemia e il ruolo della possibilità che metodi e nuove istanze hanno determinato nella formazione e nelle nuove riflessioni scientifiche.Previste conferenze, lezioni e performance per stabilire un collegamento tra i vari saperi di scienza e arte, a favore della  partecipazione di diversi pubblici, a dimostrazione che la conoscenza non può fondarsi su certezze e separazioni disciplinari, ma deve praticare la dimensione della ricerca, luogo mobile, libero e incerto dove si incontrano scienza e arte.

Il titolo della mostra “Ti con zero”, tratto da un racconto di Italo Calvino, è una notazione matematica con cui si indica il momento iniziale di osservazione di un fenomeno ed è un punto di vista in cui possono incontrarsi conoscenza e immaginazione. I temi e i paradigmi dell’esposizione sono quelli della nostra contemporaneità: automatizzazione, riscaldamento globale, riconversione ecologica, modelli previsionali proposti da scienziati e istituti di ricerca che sfruttano le possibilità offerte dalla tecnologia, superando la contingenza della ricerca applicata con la forza immaginativa delle opere d’arte, per interpretare il futuro. Ed è proprio su scambio, dialogo e interazione tra questi due ambiti che gli artisti coinvolti nella mostra hanno fondato il loro percorso di ricerca: tra questi Tacita Dean, Agnes Denes, Giuseppe Penone, Adelita Husni-Bey, Albrecht Dürer, Nancy Holt.

Il percorso espositivo “La scienza di Roma Passato, presente e futuro di una città” evidenzia come la Capitale abbia dato spazio nel corso dei tempi a molteplici discipline attraverso scienziati del calibro di Galileo Galilei, Niccolò Copernico, Enrico Fermi, Guglielmo Marconi, Vito Volterra, per citarne solo alcuni; tra le discipline, aerospazio, agronomia, antropologia, astronomia, biologia, chimica, fisica, matematica, medicina. Obiettivo dell’esposizione è quello di raccontare la storia delle idee scientifiche e il loro impatto nella società attraverso i grandi scienziati che a Roma hanno lavorato e le grandi scoperte che qui sono state fatte.

Al centro della mostra “Incertezza. Interpretare il presente, prevedere il futuro” c’è il dubbio presentato al pubblico attraverso alcuni strumenti statistici e probabilistici che la scienza applica in vari ambiti: fisica, medicina, previsioni climatiche, ed anche sull’insicurezza sulla nostra vita, soprattutto in questa attualità pandemica. La mostra è suddivisa in sezioni tematiche che, attraverso dispositivi e installazioni multimediali, raccontano come la scienza intende comprendere la realtà e fare previsioni sui fenomeni naturali e sociali. In esposizione anche gli scritti di Galileo sul gioco dei dadi e una installazione immersiva attraverso cui il visitatore può conoscere da vicino il mondo delle particelle, uno dei concetti base della meccanica quantistica.

Per informazioni:https://www.palazzoesposizioni.it/




Destination wedding, sposarsi lontano da casa

Il 29 settembre si è svolto a Roma, presso i Musei Capitolini del Campidoglio con il patrocinio di Roma Capitale, la presentazione del libro di Bianca Trusiani “Il Manuale del Destination Wedding”, che analizza le opportunità di business per aziende e territori e le figure professionali del settore: sposarsi all’estero o in località diverse da quelle di provenienza è oggi una vera e propria moda. Il Manuale del Destination Wedding, che fornisce indicazioni sullo stato dell’arte del Destination Wedding Internazionale, è stato depositato presso la Biblioteca nazionale centrale di Roma BNCRM – Beni Culturali come parte del patrimonio nazionale, ed è un punto di riferimento per il presente e per il futuro degli addetti ai lavori.  “Ho deciso di scrivere questo manuale perché dopo quasi trent’anni di professione come agente di viaggi e specialista di destination wedding mi sono resa conto che non esiste una letteratura consolidata sull’argomento” afferma Bianca Trusiani. “Questo è Il primo testo formativo al mondo sul Destination Wedding Internazionale. Una guida allo sviluppo dei territori e delle loro prospettive commerciali”.

Il libro approfondisce lo studio e il lavoro quotidiano del fenomeno del turismo matrimoniale sotto l’aspetto storico, geografico, commerciale e dell’organizzazione turistica tout court. Non solo promozione di bellezze ambientali e culturali, ma proposte di nuove mete e formule all’insegna del rigore professionale, per soddisfare i desideri della coppia, dalla spiaggia esotica alla città d’arte. L’autrice, destination wedding manager con trent’anni di esperienza,  evidenzia l’importanza di mettere a sistema una filiera molto ampia e complessa che coinvolge a pari titolo gli operatori del settore, gli enti di promozione locale, le istituzioni e gli organismi di rappresentanza, per impostare correttamente una collaborazione multidisciplinare che sappia dare il giusto inquadramento ai diversi soggetti coinvolti. Fondamentale è una strategia professionale fatta di competenze e conoscenze dei luoghi e del contesto dell’evento, ma anche di empatia nei confronti dei clienti per realizzare il “matrimonio da favola”, e di formazione che porti operatori e pubblico a riconoscere le funzioni specifiche del destination wedding planner. Da qui la necessità di strutturare percorsi di formazione mirati alla costruzione di profili organizzativi e gestionali che sappiano muoversi con efficacia sia nel Business to Business (B2B), con vendite di prodotti e servizi direttamente ad altre aziende, sia nel Business to Consumer (B2C), che invece rivolgono le vendite ai singoli consumatori, e al cliente che li utilizza per uso personale.

Il volume, testo fondamentale per chi lavora nel settore, propone numerosi riferimenti pratici e approfondimenti tecnici da cui partire per studiare e conoscere il poliedrico mondo del destination wedding in Italia. All’evento sono intervenuti: Paolo Corvo, docente presso l’Università di Pollenzo (Cn), Suita Carrano Bonadies, presidente IWPA, Monica Conti, Convention Bureau Roma e Lazio, Gianluca Tedesco, referente Linea Turismo Roma Capitale e Veronica Tasciotti, assessore allo Sport, turismo, politiche giovanili e grandi eventi cittadini Roma Capitale. Ha moderato la giornalista Lucia Iannucci.

Bianca Trusiani è agente di viaggi tailor-made incoming e outgoing, direttore tecnico di agenzia, progettista europeo e tour operator manager. Presiede il comitato tecnico-scientifico della piattaforma di servizi Buy Wedding in Italy ed è membro dei comitati scientifici dell’Associazione Turismo per l’Italia e dell’Osservatorio sul Destination Wedding. Ẻ l’ideatrice della figura professionale del wedding travel coordinator (WTC ®) e di prestigiosi marchi nel settore, come Wedding and Travel ®, ItalyDestinationWedding ® e Wedding Made in Italy ®.

http://www.manualedestinationwedding.it/

 




Torna a Roma Maker Faire, la mostra su tecnologia e innovazione

Si svolgerà al Gazometro Ostiense (Via del Commercio 9/11) a Roma, dall’8 al 10 ottobre 2021, la IX edizione della mostra di tecnologia e invenzione “Maker Faire”, organizzata da Camera di commercio di Roma e Innova Camera. Per tre giorni, in modalità online e in presenza, centri di ricerca, inventori, musicisti, startup e università proporranno al pubblico conoscenze, progetti innovativi, soluzioni hi-tech, tra macchine intelligenti e robot, per la vita di tutti i giorni. 240 gli spazi espositivi e tanti eventi legati alla Digital Transformation tra cui conferenze, workshop, webinar e incontri con esperti su molti ambiti tecnologici, tra cui food, economia circolare e cybersecurity. Previsti due contest all’interno della manifestazione: “Make to Care”, per lo sviluppo di soluzioni indirizzate alla disabilità, e “MakeITcircular” del Consiglio Nazionale dei Consumatori per progetti legati all’economia circolare.

Tra gli espositori: Ecoboat “Acerbo Viking” (Istituto tecnico ‘Tito Acerbo’ di Pescara) la prima eco-zattera realizzata con materiali riciclati dagli studenti della scuola; Coverride (Searcode srl), prima cover che permette di personalizzare istantaneamente il design dello smartphone con immagini e animazioni; Komposta, la cappa da cucina innovativa (Rithema) in grado di disidratare gli alimenti e trasformare gli scarti alimentari in compost, sfruttando il calore proveniente dal piano cottura; Riscarti (Collettivo di artisti Riscarti) “contenitore” artistico che ricicla materiali per fare opere d’arte e design. All’iniziativa collabora la Regione Lazio con la partnership, tra gli altri, di Inail, Unione Europea e Dintec, il Consorzio per l’innovazione tecnologica. Foto di Monika Grafik da Pixabay)

Per biglietti e informazioni: https://makerfairerome.eu/it