Thursday, April 25, 2024

Un mondo di fantasia (e follia): Bosch

By Claudia Donnini on 23 Agosto 2022
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Un mondo di fantasia (e follia): Bosch

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La vita di Hieronymus Bosch, pittore fiammingo che visse a cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento, è incerta e misteriosa.

Di lui si hanno poche notizie e molte leggende.

Per inquadrare bene lo stile di Bosch basta dire una cosa: le sue opere furono fonte di ispirazione per il Simbolismo, l’Espressionismo e il Surrealismo.
Dunque, uno stile fantastico, ricco di simboli e allegorie, che attinge alla tradizione medievale e alle miniature.

 

L’opera più celebre e decantata di Bosch è sicuramente il Trittico de Il Giardino delle Delizie.

Quest’opera è datata tra il 1480 e il 1490, nell’apice della maturità artistica dell’artista.

È composta da tre tavole richiudibili che rappresentano, in ordine: il giardino dell’Eden, il giardino delle delizie e l’inferno.

Il trittico chiuso, invece, svela un’immagine diversa: la nascita del pianeta Terra.

 

Nella prima tavola, quella rappresentante il Paradiso, troviamo Dio tra Adamo ed Eva.
Lo spazio che li circonda è un rigoglioso giardino popolato da strani e numerosi animali, con al centro una particolare struttura rosea, in asse con la figura – anch’essa rosata – di Dio.
E’ la Fontana della Vita.

Tutti gli animali, in un modo o nell’altro, rappresentano una virtù o un vizio. Sono presenti animali comuni, esotici e di fantasia, la cui interpretazione però è alquanto difficile.

Il pannello centrale è il più grande.
L’ambiente ricorda quello della tavola precedente, un giardino con delle fonti d’acqua, ma è fittamente popolato da nude figure di uomini e animali.

Si passa da un’ambientazione spirituale e di quiete, ad una carica di erotismo e sensualità.

 

 

E’, ad un primo impatto, sconvolgente.
Le figure sono ammassate e sovrapposte nello spazio ristretto della tela quadrata, ma possiamo dividerle in fasce orizzontali a partire dal livello inferiore:
nella prima fascia sono presenti gli uomini; in quella mediana invece vi è un anello di animali attorno ad un laghetto tondo; mentre il livello superiore è composto dal panorama all’orizzonte, con questi strani edifici rosa e azzurri.

Dal basso verso l’alto, le figure diminuiscono e finalmente si respira un po’ di quiete nella sezione superiore.

L’ultimo pannello è completamente diverso dai precedenti.
Una fortissima contrapposizione è data dall’utilizzo dei colori: dal verde del prato si passa al nero tetro della notte.

 

Anche questo pannello si può leggere dal basso verso l’alto, con lo stesso effetto di diradamento delle figure. Ma qui non so

no i piaceri carnali ad essere rappresentati, bensì la loro punizione infernale.
Quest’ultimo mondo è costituito da figure macabre e tormentate, sofferenti, antropomorfe e mostruose.

 

Possiamo notare, però, in mezzo a tutte queste figure, un’alta concentrazione di strumenti musicali: per questo motivo la tavola è nota con il nome di “Inferno musicale”.

 

Riguardando adesso l’opera, per un ultima volta, ci rendiamo conto di come sia estremamente attuale e vicina alle correnti artistiche di inizio Novecento, e di quanto artisti come Salvator Dalì siano stati influenzati da questo mondo fantastico e mostruoso di Hieronymus Bosch.

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