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4 novembre: festeggiamo, ma non fu un vero successo

By Massimiliano Villani on 5 Novembre 2019
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4 novembre: festeggiamo, ma non fu un vero successo

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Non è un giorno di vacanza per chi lavora, non è uno di quei giorni scritti in rosso sul calendario, ma nel nostro Paese il 4 novembre viene festeggiato per celebrare la Giornata dell’unità nazionale e delle forze armate.

Ricorrenza sicuramente molto sentita fino a qualche decina di anni fa, ma che oggi è meno nota: quello che, infatti, la maggior parte di noi percepisce della giornata è sicuramente lo spettacolare passaggio nei cieli delle Frecce Tricolori, la pattuglia acrobatica nazionale (PAN) dell’Aeronautica Militare Italiana, nate nel 1961 in seguito alla decisione dell’Aeronautica stessa di creare un gruppo permanente per l’addestramento all’acrobazia aerea collettiva dei suoi piloti.

II 4 novembre è l’anniversario del cosiddetto armistizio di Villa Giusti del 1918, che in Italia si fa coincidere generalmente con la fine della Prima guerra mondiale: un armistizio firmato a Padova il giorno prima, il 3 novembre 1918, dal nostro Paese e l’Impero austro-ungarico.

L’Italia al tempo era alleata con la Triplice Intesa (Francia, Russia e Regno Unito) e il comandante delle forze armate nostrane, il generale Armando Diaz, comunicò con un bollettino la fine della Guerra e la vittoria: «La guerra contro l’Austria-Ungheria che l’Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta. […] I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo, risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza».

La realtà però era diversa e l’armistizio non fu un successo per l’Italia: gli accordi iniziali prevedevano per l’Italia l’annessione di Trentino, Tirolo meridionale, Venezia Giulia, la penisola istriana (esclusa Fiume), una parte della Dalmazia, alcune isole dell’Adriatico, le città albanesi di Valona e Saseno e il bacino carbonifero di Adalia in Turchia, oltre alla conferma della sovranità su Libia e Dodecaneso.

Tuttavia le nazioni della Triplice Intesa decisero di non concedere all’Italia tutti i territori promessi: addirittura Gabriele D’Annunzio parlò di “vittoria mutilata“ e, infatti, il nostro Paese si vide riconoscere solamente il Trentino, l’Alto Adige, l’Istria e Trieste, ma non la Dalmazia e la Libia.

Il 4 novembre si celebra comunque la giornata dell’unità nazionale per l’annessione di Trento e Trieste al Regno d’Italia, che quindi non va confusa con l’anniversario dell’unità d’Italia, e la giornata delle forze armate, poiché quei giorni del 1918 vennero dedicati alle onoranze funebri per i soldati caduti in guerra.

La celebrazione del 4 novembre è l’unica festa nazionale che abbia attraversato decenni di storia italiana: dall’età liberale, al Fascismo, all’Italia repubblicana.

Nel 1921, in occasione della celebrazione della Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, il Milite Ignoto, un militare italiano la cui identità resta sconosciuta a causa delle gravi ferite che hanno reso irriconoscibile il corpo, venne sepolto solennemente all’Altare della Patria a Roma a simbolo di tutti i caduti e i dispersi in guerra italiani.

Nel 1922, poco dopo la marcia su Roma, la festa cambiò nome in Anniversario della Vittoria, con un forte richiamo quindi alla potenza militare dell’Italia; mentre dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel 1949, il significato della festa tornò quello originale, ridiventando la celebrazione delle forze armate italiane e del completamento dell’Unità d’Italia.

Fino al 1976, il 4 novembre è stato un giorno festivo: dal 1977, in pieno clima di austerity, a causa della riforma del calendario delle festività nazionali introdotta con la legge 54 dello stesso anno, la ricorrenza è stata resa “festa mobile”, con le celebrazioni che hanno luogo, ancora oggi, alla prima domenica di novembre.

Nel corso degli anni ottanta e, ancor più, novanta la sua importanza nel novero delle festività nazionali è andata scemando, riacquistando poi negli anni duemila, grazie all’impulso dato dall’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, un valore simbolico crescente con celebrazioni più ampie e diffuse.

Nei festeggiamenti di quest’anno, è stata la città di Napoli con il suo stupendo lungomare Caracciolo ad ospitare le celebrazioni conclusive dedicate al Giorno dell’Unità Nazionale e alle Forze Armate.

Altre trentacinque città italiane sono state inoltre coinvolte nelle manifestazioni dedicate alla ricorrenza, con moltissime iniziative organizzate, come ad esempio: “Caserme Aperte” e “Caserme in Piazza”, esibizioni di Bande e Fanfare di Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di Finanza.

Sono state infine organizzate conferenze nelle scuole, tenute da personale militare, durante le quali sono state trattate le circostanze storiche e le fasi salienti della Grande Guerra, le attuali missioni svolte dalle Forze Armate in Italia e all’estero.

Un’attività disciplinata – non dimentichiamolo – dall’articolo 11 della nostra Costituzione che dichiara: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.

Tutto questo a ricordare che, oltre ai compiti di difesa del territorio nazionale, le forze armate del nostro Paese possono essere utilizzate solo in missioni per imporre la pace (peace enforcement), o per il mantenimento della pace (peace keeping) nel quadro delle collaborazioni internazionali di cui fa parte (Nato e Unione europea), nelle quali comunque l’uso della forza deve essere limitato all’autodifesa e alla difesa del mandato.

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