E adesso: che governi!

Dunque, abbiamo un nuovo Governo! Certamente non è il migliore che si potesse fare, ma non lo era nemmeno il precedente… e non lo erano nemmeno quelli prima.

Non ricordo che vi sia mai stato un Governo “giusto” e apprezzato da tutti. La storia repubblicana più recente ci restituisce squadre di politici o “tecnici” (definizione sbagliata, visto che sono ritenuti funzionali per un incarico “politico”) che sono l’esito di accordi di partiti o gruppi, non sempre per l’interesse del Paese.

Questo Governo, però, come il precedente, ha una caratteristica che può trasformarsi in valore: non è il frutto di una coalizione tra forze politiche che appartengono alla stessa area politica o valoriale. Al contrario (come il precedente) è l’espressione della necessità di trovare un’intesa tra parti che hanno dichiarato, in passato (ma certamente è ancora così) di non stimarsi e non fidarsi reciprocamente.

Ebbene, questa condizione che può apparire scandalosa, invece, può essere ciò che assicura uno stretto presidio sulle decisioni che saranno assunte. Infatti, si è reso necessario un “programma” (nel precedente si chiamava contratto, ma è la stessa cosa), peraltro noto a tutti e sul quale ogni cittadino che lo vorrà potrà vigilare.

Quindi, non è un Governo composto da chi è chiamato a realizzare i disegni oscuri dei partiti, ma di rappresentanti, reciprocamente “guardinghi”, impegnati a realizzare il contenuto di un programma.

Nella società del “no deal”, dove vince chi sa imporsi da solo, dove le tattiche prevalgono sulle strategie e gli accordi appaiono come una sconfitta, un Governo che nasce, non per assonanza politica, ma con lo scopo di conseguire un programma, può apparire, già, come un elemento di “discontinuità”.

A conferma di ciò basti pensare che il precedente, che si fondava sullo stesso principio, non ha retto, proprio perché i programmi non consentono protagonismi e non lasciano spazio alle tattiche personali.

Certamente è presto per esprimersi. Ed è per questa ragione che possiamo lasciare lo spazio che si vuole alla speranza, di cui il nostro Paese ha bisogno.

Però il Governo non basta. Servono anche i cittadini. Serve (come ripete da tempo anche il Papa attuale e quello precedente) gente che sappia interessarsi di ciò che accade, in modo consapevole e sereno. Ma serve gente libera che sappia avere un proprio pensiero senza il bisogno di allinearsi alla posizione di riferimento. Basterebbe, per essere liberi davvero, avere i “valori” come riferimento, non le posizioni personali o di partito.
E serve anche gente meno pettegola, meno disponibile alla critica gratuita, meno interessata al conflitto e più avvezza alle “buone relazioni”, al rispetto dell’opinione altrui, anche se diversa, interessata alle soluzioni, piuttosto che ai problemi e alla mediazione, piuttosto che all’affermazione di sé.
Ma soprattutto serve gente che abbia voglia di scommettere sulla crescita di questo Paese, qualunque sia il Governo che lo guidi, rinunciando a tattiche e calcoli per il successo di una parte sull’altra.
La “politica” può cambiare se noi cittadini lo esigiamo.
Dunque: Auguri al nuovo Governo! Che duri e riesca a restituirci un modo “diverso” di fare politica, senza slogan, senza proclami, senza risse, senza il bisogno di cercare nemici e muri da costruire o individuare estranei e luoghi da chiudere.
Abbiamo tutti bisogno di un periodo di “pace sociale”: è la sola condizione che ci consente di stare bene “tutti”.

Santo Fabiano