Zuppa di plastica

L’acqua è una fonte preziosa per lo sviluppo e il sostentamento di tutte le forme di vita e per questo va tutelata da ogni minaccia. Tra queste ci sono i materiali plastici che finiscono in mare, danneggiano gli ecosistemi marini e rappresentano un rischio sempre maggiore per ambiente, biodiversità, salute ed economia. Anche se si parla di rifiuti marini, in gran parte arrivano da discariche abusive e da smaltimenti scorretti che si trovano sulla terra. Si parla di ‘microplastiche’ dal 1990 quando l’ornitologo Peter Ryan coniò il termine per indicare quei frammenti inferiori ai 5 millimetri visibili solo al microscopio; mentre si fa riferimento alla ‘zuppa di plastica’ dal 1997, quando il termine plastic soup venne utilizzato dal comandante Cherles J. Moore per indicare l’enorme concentrazione di plastica casualmente scoperta durante la navigazione nel Pacifico. Più del 70% dei rifiuti in mare è formato dalle micro e nanoplastiche che possono raggiungere chilometri quadrati di estensione. Questo tipo di inquinamento, oltre a quello legato a sigarette, vetri, sacchetti, metalli, ami, lenze e molti oggetti insoliti o ‘antichi’ come telefoni, cartelli stradali e tessere telefoniche è pericoloso per tutta la vita marina, compresi uccelli e tartarughe ai quali causa lesioni, morte per annegamento e danni legati all’ingestione.

ll Mediterraneo, con il 7% di
concentrazione di microplastiche, è uno dei mari più inquinati del Pianeta.Recenti studi dell’Istituto di
scienze marine (Ismar) del Cnr hanno dimostrato come nelle acque mediterranee sono
stati stimati in media circa 1,25 milioni di frammenti di plastica per km2,
cifre enormi rispetto ad esempio al vortice subtropicale del Pacifico
settentrionale dove ne sono stati contati circa 335.000. Dati che sottolineano
la pericolosità delle microplastiche, facilmente scambiate dai pesci per
plancton o cibo, con inevitabili ripercussioni sulla catena alimentare di tutto
l’ecosistema marino. Dalle alici alle balene, dalle tartarughe agli uccelli
marini sono almeno 135 le specie marine del nostro mare che ingeriscono oggetti
di plastica o vi finiscono intrappolati, con risultati spesso fatali. Ma i rifiuti costituiscono anche un problema economico:
si calcola che ogni anno in Europa si spendano 630 milioni di euro per la
pulizia delle coste.

Di recente anche le grandi
compagni energetiche, per fronteggiare incuria, inquinamento e dispendio
inutile di energie derivanti da combustibile fossile, hanno portato avanti studi
sulle energie alternative, a basso impatto ambientale, mentre attraverso l’intervento
legislativo si è cominciato a vietare in spiaggia materiali e imballaggi in
plastica per cibo, con multe salate per chi non rispetta le ordinanze,
sospendere la vendita dei ‘cotton fioc’ non biodegradabili. Dal 2020 saranno
vietati in commercio i cosmetici contenenti microplastiche, come scrub ed esfolianti
che sfruttano la polvere di plastica, in particolare il polietilene. Importante
è coinvolgere i cittadini, a
partire soprattutto da una maggiore conoscenza dell’ambiente marino da parte
delle giovani generazioni, attraverso percorsi scolastici mirati e mediante una
più stretta e continua collaborazione fra mondo della ricerca, amministrazioni
locali, parchi marini e associazioni di volontariato.

Ognuno di noi può però dare
un piccolo, ma costante contributo per tenere il mare pulito, anche attraverso
piccoli gesti, a partire dalle 4 R: rifiutare, riutilizzare, ridurre e riciclare
come per esempio:

  • acquistare
    borse riutilizzabile (meglio se di stoffa), anziché di plastica;
  • rifiutare
    chewing gum e cannucce di plastica;
  • mettere
    il cibo nei contenitori riutilizzabili;
  • evitare
    i surgelati, che sono sempre avvolti nella plastica;
  • sostituire
    i pannolini di plastica con quelli di stoffa: in quelli di plastica c’ è una
    gran quantità di plastica (solo negli Usa vengono smaltite circa 3,5 milioni di
    tonnellate di pannolini ogni anno);
  • usare
    saponi rispettosi della natura e sostenibili;
  • sostituire
    il rasoio usa e getta con uno dalle lamette riciclabili e sostituibili;
  • acquistare
    vestiti realizzati con fibre naturali come cotone e lino ed evitare quelli in
    materiali sintetici;
  • usare
    contenitori e borse riutilizzabili.