Fake news e distorsione cognitiva: l’effetto Dunning-Kruger ai giorni nostri

“Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio”: questa citazione di William Shakespeare è quanto mai attuale al mondo d’oggi, soprattutto a causa dei social media che non fanno altro che amplificare la voglia di visibilità e di essere ritenuti “influencer” insita, in misura diversa, in ciascuno di noi.

Parliamo dell’effetto Dunning-Kruger, dal nome dei due ricercatori della Cornell University che l’hanno descritta nel 1999, una distorsione cognitiva a causa della quale individui poco esperti in un campo tendono a sopravvalutare le proprie abilità autovalutandosi, evidentemente a torto, esperti in quel campo: un pericoloso ma – ahimè – diffuso cortocircuito mentale che condanna chi è incompetente a non accorgersi della propria incompetenza.

In una serie di studi, venne esaminata l’autovalutazione che i soggetti davano sulle proprie capacità di ragionamento logico, grammaticale e umoristico; dopo essere venuti a conoscenza del proprio punteggio nei test, ai soggetti veniva nuovamente chiesto di dare una valutazione del proprio livello: il gruppo dei competenti lo stimava correttamente, mentre quello dei non competenti continuava a sopravvalutare il proprio livello.

In pratica chi è dotato di intelligenza e talento tende a svalutarsi e mira al perfezionismo, vivendo nel costante timore di “non essere abbastanza“: quello che cioè succede nella cosiddetta “sindrome dell’impostore” , la condizione psicologica  di quelle persone che rimangono convinte di non meritare il successo ottenuto.

Ecco la dicotomia: chi soffre della sindrome dell’impostore non riesce a interiorizzare ne’ a gioire dei propri successi, finendo per sentirsi costantemente inadeguato alla continua ricerca della perfezione; chi subisce l’effetto Dunning-Kruger non interiorizza gli insuccessi, mentre si riconosce meriti e talenti che invece non ha.

Ma da quale avvenimento nasce questo appassionante e attuale studio?

Tutto è nato quando Dunning un giorno lesse una notizia in cui si raccontava di un furto praticato da un commesso di 44 anni che aveva eseguito una rapina in due banche a viso scoperto e in pieno giorno, finendo poi per essere immediatamente arrestato: il commesso aveva confessato di non avere usato alcuna maschera per effettuare le rapine, ma di avere semplicemente cosparso il suo viso con del succo di limone, credendo che ciò lo rendesse invisibile alle telecamere di sicurezza.

Il commesso-ladro, inoltre, aveva riferito che alcuni suoi amici gli avevano parlato di questo trucco e per verificarne la veridicità si era cosparso il viso con del succo di limone; per questo si era scattato una foto nella quale non apparse il suo volto, ma il motivo era che, avendo il limone negli occhi, non era riuscito a inquadrare il suo viso, puntando verso l’alto la macchina fotografica.

Fu proprio questo episodio che spronò Dunning e Kruger a spiegare tale effetto misurando empiricamente il livello di competenza che ciascuno crede di avere e a confrontarlo con la reale competenza posseduta.

Tale cortocircuito mentale si genera in quanto non è possibile rendersi conto che si stia facendo male qualcosa, se non si possiede la consapevolezza di quale possa essere il modo corretto per poterla svolgere: quindi, le persone inesperte tenderebbero a sovrastimare il proprio livello di abilità, non si renderebbero conto dell’effettiva capacità degli altri e non sono consci della propria inadeguatezza.

Se a tutto questo aggiungiamo la diffusione abnorme delle fake news, capiamo bene come l’uso distorto di uno strumento – che per natura è neutro – può renderlo davvero pericoloso: l’ignoranza si diffonde sul web, si genera ulteriore ignoranza, il livello culturale della società si abbassa.

E’ proprio quello che è successo nell’ultimo decennio, con i social network che, per loro natura democratici, hanno permesso a tutti – ma proprio a tutti – di dire la propria: in questo modo, per l’effetto Dunning-Kruger chi è più ignorante parla e dice la sua su tutto, proprio perché è così ignorante da non capire di non capire.

Schiere di tuttologi a “postare” notizie e commenti, alla ricerca disperata di “like”, in un nuovo Medioevo dal sapore hi-tech: così, qualsiasi panzana diffusa nel web trova legittimazione e cittadinanza.

Da un lato, quindi, utenti digitali pigri che non riescono nemmeno a verificare la veridicità di un post; dall’altra gruppi organizzati che diffondono false notizie in maniera scientifica a scopo di profitto economico oppure per trarre vantaggi in termini di consenso politico.

Per questi motivi è indispensabile, oltre ad un pesante intervento del legislatore in materia, anche e soprattutto lavorare sulla cultura educando le persone, i nostri giovani in primis, ad un uso consapevole, moderato e responsabile dei social network e della rete in generale.