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I Derby della vita

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Qualche volta la vita ti mette davanti ad una partita un po’ più difficile delle altre.
Spesso, ma non sempre queste partite non hanno schemi o lanci in profondità, ma sono fatte di analisi cliniche e di termini medici, che prima avevi letto soltanto negli opuscoli dell’AIRC e che ora trovi associate al tuo nome. E sono partite queste che ti possono lasciare sola, in panchina, su una panchina di una sala d’aspetto di un Policlinico senza un pallone con cui giocare.
La protagonista di questa storia gioca a calcio, ed è una donna. Se poi si può definire donna una ragazza di soli 22 anni. Il calcio è il suo sport e la sua passione. Gioca in serie B, allena una squadra di giovani calciatrici e una di bambini, qui a Pomezia. Il suo è uno sport che rimane dilettantistico anche ad alti livelli, in Italia. Non va mai in televisione e sui giornali ci è finito in questi ultimi mesi soltanto per qualche uscita sessista e fuori luogo di chi governava la Lega Nazionale Dilettanti.
Un giorno, la protagonista di questa storia si sveglia con un malessere strano. Il medico di base rimane spiazzato e la manda da uno specialista, che rimane basito e la indirizza in un centro che fa esami strumentali che, mentre stampano il referto Le spiegano con quello sguardo che vorrebbe rassicurare ma che invece inquieta, che sarebbe il caso di andare in un centro specializzato.
Ed inizia allora un’altra partita, una partita che si può giocare e vincere solo se si fa squadra, perché questa malattia, questa partita non si gioca individualmente, ma tutti insieme. In 11, ma anche in 22 a volte.
Ecco appunto…
Penultima domenica di novembre, ore 14:30, il girone D del campionato nazionale di serie B Calcio Femminile mette di fronte la Lazio e la Roma. È Derby. Una di quelle partite che la protagonista di questa storia avrebbe giocato come sempre con il suo numero 8 sulle spalle, preparandosi prima con cura la borsa, dosando quello che mangia, partendo da casa tre ore prima della partita perché non si può rischiare di far tardi.
L’avrebbe giocata… ma stavolta è sugli spalti, non può giocare questa volta questo Derby perché da oggi dovrà giocare la sua partita, quella partita contro quel male stupido, inopportuno, ingiusto e con un nome che fa venire i brividi a pensare di sfidarlo, quasi come farebbe paura sfidare il Barcellona al Camp Nou.
Ma questa partita, dalle 14:30 del 22 novembre, quando le ragazze in giallorosso e biancoazzurro sono entrate in campo, la nostra protagonista ha scoperto che non la giocherà da sola.
Al centro di quel campo erano in 22: Noemi, Valentina, Giulia, Jole, Flaminia, Arianna, Sara e tutte le altre, qualcuna di queste ragazze le ho viste crescere dietro a quel pallone, piccole donne ora diventate grandi, che questa domenica sono là con uno striscione in mano, a ricordare alla loro compagna e amica che Lei non sarà da sola. Che loro ci sono, ci saranno e andranno in campo con Lei cercando di farle l’assist giusto, darle la palla smarcante davanti al portiere per fare quel gol che vuol dire guarigione.
“Ci sono cose che vanno oltre il colore delle maglie. Forza Giorgia! Vinci il tuo Derby! Ti aspettiamo qui!”
Una domenica speciale, non come le altre. Una partita diversa quella che affronterà e vincerà la protagonista di questa storia che vi ho raccontato. Quelle ragazze la aspettano in campo, cercando di renderle lieve l’attesa, la cura, la vita di questa giovane donna che ha troppe cose da fare per poter pensare di perder tempo dietro a questa stupida e malvagia malattia.
Conservate gelosamente quella maglia numero 8, perché il prossimo Derby Giorgia sarà in campo.
Mauro Valentini

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