L’Era Glaciale 5

eraglaciale2La “rotta di collisione” con la banalità decreta la fine della saga

Sono lontani nel tempo, anzi nelle ere, i fasti dei tre eroi principali, incamminati alla ricerca di quiete sulla terra agli albori della vita. In principio infatti furono Diego, Manny e Sid che cercarono pace dagli elementi della natura scatenati dall’immortale ed insopportabilmente divertente Scrat con la sua ghianda. E i tre amici li ritroviamo dopo quattro episodi ancora in questo quinto “L’Era Glaciale – In rotta di collisione” che la Blue Sky lancia in pieno ferragosto in Italia, con un anticipo sospetto, probabilmente temendo il successo delle altre produzioni che lanceranno i loro dardi animati da settembre.

La storia stavolta però non ha purtroppo più niente della geniale intuizione datata ormai 2002 e sembra anzi palesare fin dall’inizio il vuoto d’idee cosmico degli autori. Che infatti partono proprio dal cosmo, dove Scrat per raccogliere il suo “oggetto del desiderio” sale su un disco volante, sposta pianeti come fossero palline del flipper e scatena con una esagerazione che non fa neanche sorridere una pioggia di meteoriti contro la terra, cosa che potrebbe distruggere la vita sul nostro pianeta.

Ed allora i nostri tre eroi si adopereranno con l’aiuto di altri animalacci ed animaletti incontrati per la strada per tentare addirittura una deviazione cosmica e magnetica del meteorite per salvarsi e salvare la loro era, che ormai di glaciale non ha più nulla.

Girato con un 3D scialbo, senza entusiasmo e appena appena valido, come un compitino che prende la sufficienza, la vicenda sembra trascinarsi con una serie di colpi di scena che in realtà non spiegano ma confondono anche i più grandi, che pure i concetti di magnetismo e forza di gravità dovrebbero conoscerli molto meglio dei bambini a cui il film sarebbe rivolto. Si contano due, tre scatti da sit-com che strappano il sorriso in una noiosa rappresentazione di modernismo e modernità tra gli animali, che vediamo telefonare, ballare al ritmo delle Hit e giocare ad hockey in una scimmiottesca e sciocca rappresentazione del “passato al presente” che francamente annienta l’idea ecologista e poetica dei primi episodi. Episodi che non sembrano più neanche lontani parenti di questo cartoon che non lascerà nei vostri figli il benché minimo ricordo appena finiti i titoli di coda.

Ultima nota, anch’essa dolorosamente negativa la si assegna al doppiaggio italiano, dove soltanto il solito Pino Insegno è pronto a salvare il suo Diego e la sua reputazione, mentre è trascinata e stanca la voce di Filippo Timi, grande attore ma che al cospetto di un personaggio così noioso come il Manny scritto per questo episodio si perde inesorabilmente alla prima scena.

Mauro Valentini