Friday, March 29, 2024

La pazza gioia

By Redazione on 23 Maggio 2016
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La pazza gioia

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Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi

Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi

Il dramma della follia senza i particolari in cronaca

Una mamma con il suo bambino piccolo affacciata ad un dirupo, che guarda un mare blu cobalto. Un treno che passa proprio lì vicino. Non è un’immagine serena e poetica, ma è l’inizio di un dramma, perché si ha la chiara sensazione che qualcosa stia per accadere. E quello che accadrà percorrerà in lungo e in largo tutta la storia. Inizia così il dodicesimo film di Paolo Virzì, “La pazza gioia” un’opera coraggiosa, che scava dentro un percorso intimo ed umano che è ormai il “capitale” narrativo del regista livornese, che abbandonata da tempo la commedia sociale è ormai un fine narratore di drammi sociali, un poco infarciti di commedia.

Beatrice Morandini è una splendida donna in continua lotta con la sua schizofrenia, millanta ma non troppo conoscenze con “il Presidente” e tratta i pazienti di una casa famiglia per psicolabili dove anch’essa è ricoverata come fosse la sua servitù. In questo bel casale adibito ad ospedale psichiatrico immerso nel Chianti irrompe la disperazione di Donatella, scheletrica, sofferente e vilipesa dalla vita, con cui Beatrice intreccerà un’amicizia complice e solidale. Beatrice è lucida nella sua pazzia, combina guai per il gusto di farlo e trascina in uno sprazzo di vitalità la povera Donatella, che invece i suoi mostri della mente sono tutti giustificati dalla vita e dalle crudeltà che ha subito nei suoi pochi anni.

Un legame spregiudicato e opposto, due poli sono Beatrice e Donatella che si attraggono nella follia, sconsiderate per motivi opposti, malate soprattutto di solitudine.

Un film bello, toccante ed intimo, scritto a quattro mani con Francesca Archibugi e che eredita dalla stessa Archibugi qualche imperfezione narrativa che però non inficia un racconto che cattura e non lascia più, anche dopo i titoli di coda.

Tanti gli omaggi al “grande Cinema” voluti anzi ostentati dal regista toscano e che trasudano amore per il mestiere; richiami a “Qualcuno volò sul nido del cuculo” e all’epica coppia “Thelma e Louise” arrivano evidenti, rilanciati soprattutto dalla classe di Valeria Bruni Tedeschi che si erge ad attrice di livello internazionale, ma molti sono anche i richiami al proprio cinema con cui Virzì gioca di rimando, tanto che alcune scene sembrano estrapolate da “Ovosodo” o da “Bacie abbracci” dando un tocco quasi nostalgico ad un lavoro che rimane però maturo e imparagonabile ai suoi primi film per qualità e quantità.

Due protagoniste incantevoli e diverse, diversissime, un abbraccio continuo tra due anime perdute, insieme a Valeria Bruni Tedeschi la bravissima Micaela Ramazzotti a comporre una coppia d’attrici straordinarie che mai si sovrappongono anche per merito dei dialoghi, perfetti a cui forse manca appena appena in qualche passaggio quella sobrietà che avrebbe evitato qualche forzatura di troppo.

Il dramma della follia senza i particolari in cronaca.  Due donne come tante,  come troppe,  a cui la vita per un momento breve ha dato senza misura ma che poi spietatamente ha tolto, lasciandole sole, nude e in compagnia del loro privato dolore.

Mauro Valentini

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